In manette due esponenti | del clan Brunetto - Live Sicilia

In manette due esponenti | del clan Brunetto

Epilogo del blitz "Little Brown". Nuova operazione della Guardia di Finanza.

CATANIA. Ricorso inammissibile per il 53enne di Mascali Attilio Amante e per il 54enne di Fiumefreddo di Sicilia Rosario Argiri Carrubba, esponenti di spicco del clan Brunetto, arrestati nel 2008 nell’ambito dell’operazione antimafia, denominata “Little Brown”, condotta dai militari del Nucleo di Polizia Tributaria delle Fiamme Gialle di Catania. Così ha deciso la Corte di Cassazione, rendendo definitiva la sentenza di condanna pronunciata nel luglio dello scorso anno dai giudici della prima sezione penale della Corte di Assise d’Appello di Catania, presieduta da Michelino Ciarcià. Attilio Amante, uomo di fiducia del boss Paolo Brunetto, deceduto nel 2013, dovrà scontare nel carcere di Bicocca, dove è stato rinchiuso dai finanzieri in esecuzione dell’ordine di carcerazione emesso dalla Procura Generale presso la Corte di Appello di Catania, una condanna a 10 anni. Due anni in meno per Rosario Argiri Carrubba. Entrambi sono accusati di associazione mafiosa ed estorsione.

Al centro dell’inchiesta anche due aziende di Mascali: la società di trasporti “Ambra Transit”, gestita secondo l’accusa da Attilio Amante e dalla moglie di Paolo Brunetto Carmela Magnera, e la “Cosma Costruzioni” , il cui amministratore, sempre per conto del clan, era Rosario Argiri Carrubba. Entrambe le aziende, per la Dda di Catania, sarebbero state utilizzate per riciclare il denaro sporco proveniente dall’usura, dalle estorsioni e dal traffico di droga.

I giudici della Suprema Corte hanno, invece, annullato con rinvio la sentenza di condanna a 6 anni formulata nei confronti di Salvatore Benedetto, assistito dai difensori di fiducia Ernesto Pino e Franco Coppi. “La posizione di Benedetto era diversa – spiega Pino – perché era l’unico a cui, inspiegabilmente, era rimasta l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. Accusa che per tutti gli altri, in sede di appello, era caduta. La Cassazione ha confermato l’assoluta mancanza di motivazione relativamente all’affermazione di responsabilità del mio assistito, accogliendo quindi in toto i motivi di ricorso e rimettendo – conclude il legale – il processo ad altra Corte di Assise d’Appello per una valutazione più approfondita e conforme al diritto”.

L’INCHIESTA. E’ il gennaio del 2008 quando, su richiesta del sostituto procuratore di Catania Antonino Fanara, il gip emette 25 ordinanze di custodia cautelare nei confronti di alcuni presunti esponenti del clan Brunetto. Coinvolti nell’inchiesta, denominata “Little Brown” anche imprenditori, commercianti e operatori bancari, accusati a vario titolo di associazione mafiosa e riciclaggio. Tra i destinatari dei provvedimenti ci sono anche il boss Paolo Brunetto e la moglie Carmela Magnera. Entrambi patteggiano la pena. Per l’accusa gli indagati sarebbero coinvolti in un grosso giro di riciclaggio di denaro di provenienza illecita. Vengono sequestrati beni, ditte e conti correnti per un valore complessivo di oltre 50 milioni di euro. I finanzieri di Catania pongono i sigilli anche all’azienda di autotrasporti Ambra Transit, riconducibile a Paolo Brunetto. Ma la Cassazione prima e il gup Marina Rizza dopo escludono l’ipotesi di riciclaggio. Il gup emette sentenza di non luogo a procedere per tutti gli imputati accusati di riciclaggio e rinvia gli atti alla Procura suggerendo l’ipotesi di concorso esterno in associazione mafiosa. Per 15 imputati cambia il capo d’imputazione. In primo grado vengono tutti condannati.

In secondo grado sono ben nove le assoluzioni per Alfio Brischetto, Leonardo Cantarella, Giuseppe Cucè, Antonio D’Aquino, Giovanni La Rosa, Francesca Prassede, Maria Rita Puzzolo, Salvatore Tarda, condannati in primo grado a 2 anni con pena sospesa, e per Roberto Cavallaro, Salvatore Fresta e Francesco Sofia, condannati dalla Corte d’Assise a 6 anni. I giudici confermano le condanne per Attilio Amante, Rosario Argiri Carrubba e Salvatore Benedetto.


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