E’ una scarcerazione che rischia di fare discutere. Il tribunale del Riesame ha riaperto le porte del carcere per Alessandro Sansone, considerato elemento di spicco della famiglia mafiosa dell’Uditore. Almeno, fino a ieri, quando i giudici hanno annullato l’arresto. Era stata la Cassazione a chiedere una nuova valutazione della posizione dell’indagato, accogliendo il ricorso dell’avvocato Michele Giovinco. A su carico c’erano una serie di accuse. Secondo i giudici, però, non bastano a configurare e quantificare l’apporto di Sansone all’organizzazione mafiosa. Una motivazione che potrebbe pesare in altri casi analoghi.
Sansone, 22 anni, era stato arrestato nel luglio scorso nell’ambito dell’operazione Hybris che decapitò i mandamenti di Porta Nuova e Pagliarelli. Nel fascicolo finì anche un’intercettazione in cui, durante un colloquio in carcere, il fratello detenuto gli diceva: “Noi siamo cavalli di razza… ricordatelo”. Una frase in cui c’era tutta la fierezza di appartenere a una delle storiche famiglie mafiose di Uditore.
E all’interno della cosca, secondo le indagini, un ruolo importante avrebbe avuto Alessandro Costa, che Gianni Nicchi soprannominava il “puffo2” nella sue lettere, indicato come il padrino di Alessandro Sansone, anche lui tirato in ballo dal giovane latitante. Gli investigatori ascoltarono in diretta dalla voce dei fratelli Sansone il racconto dell’affiliazione di Costa. “Che significa a posto, è stato combinato?” chiedeva Salvatore ricevendo risposta positiva con un cenno del capo: “Così già è, già è fatta, già è nata”. Salvatore Sansone voleva sapere chi lo avesse “combinato”, ma Alessandro tagliava corto: “Ora basta perché altrimenti ci finisce peggio di quelli”, riferendosi a coloro che erano stati arrestati nell’operazione Perseo. Assieme a Costa, secondo l’accusa, Alessandro Sansone si sarebbe occupato anche di aiutare economicamente le famiglie dei detenuti.