PALERMO – Quattro condanne, un’assoluzione e una prescrizione. Si chiude davanti al Tribunale di Marsala presieduto da Alessandra Camassa il processo nato dal blitz “Ermes 3” del 20 giugno 2020.
Gli imputati e le pene
Su richiesta del pubblico ministero Gianluca De Leo della Direzione distrettuale antimafia di Palermo la pena più severa, 18 anni di reclusione, è stata inflitta a Giovanni Onofrio Beltrallo (Campobello di Mazara), 8 anni a Leonarda Furnari (Castelvetrano, condannata per una tentata estorsione ma assolta dall’associazione mafiosa a fronte di una richiesta di 17 anni), 15 anni Melchiorre Vivona (Castelvetrano), 9 anni e 4 mesi ad Antonino Stella (Marsala).
Assolto il capomafia Vincenzo La Cascia (nato a Castelvetrano, difeso dagli avvocati Lilla Lo Sciuto e Giuseppe Pantaleo, per lui l’accusa aveva chiesto 10 anni di carcere per estorsione). Prescrizione per Domenico Salvatore Zerilli, nei confronti del quale sono venute meno le aggravanti di mafia (Mazara del Vallo).
I reati contestati a vario titolo erano associazione mafiosa, estorsione, detenzione di armi e favoreggiamento della latitanza di Messina Denaro.
Messina Denaro e il delitto irrisolto
Ci sono vicende che si intrecciano con i i misteri della latitanza del padrino di Castelvetrano. Leonarda Furnari, è la figlia del boss Saverio, legato a Vito Gondola, capomafia di Mazara del Vallo, oggi deceduto, e Nino Marotta entrambi fedelissimi di Matteo Messina Denaro.
Nel corso del processo è venuta fuori un’intercettazione. I fratelli Rosario e Leonardo Cacioppo, anche loro volti noti alle cronache, riferendosi alla donna dicevano: “La dobbiamo proteggere”.
Da cosa? I terreni dei Catalanotto erano confinanti con quelli dei Furnari. Ci sarebbero stati pesanti battibecchi per questioni di pascolo. Tali da indurre Messina Denaro a dare il via libera alla punizione estrema?
L’interrogatorio
Di Nella Furnari si è parlato anche nel corso di un interrogatorio di Matteo Messina Denaro (ascolta l’audio integrale con la voce del padrino) davanti al giudice per le indagini preliminari Alfredo Montalto e i pubblici ministeri Giovanni Antoci e Gianluca De Leo: “Ascolti il mio padrino di cresima aveva i terreni a fianco a Saverio Furnari e il Vito Gondola a quei tempi aveva gli animali le pecore sempre lì perché dove erano loro era territorio di Mazara perché avevano la proprietà sia Saverio Furnari che il Marotta Antonino. Il Gondola era lì perché essendo territorio di Mazara portava le pecore al pascolo là quindi questi sono amici da sempre e Vito Gondola a queste bambine le ha viste crescere”.
“Quindi le dice non aveva bisogno di Marotta, c’era già Gondola?”, chiese il giudice. Risposta: “Poteva rivolgersi a Vito Gondola e poteva rivolgersi a Marotta. Le dico che qualora io fossi stato libero come era libero a quel tempo il Marotta Antonino e il Vito Gondola la ragazza avrebbe cercato me perché eravamo intimi molto molto molto più intimi dei rapporti che avevano con gli altri due”.
Matteo Messina Denaro nel 2013 fece consegnare una lettera minatoria per dirimere, a modo suo, la questione sull’utilizzo del terreno. Terreno che era stato anche nella disponibilità di Totò Riina, e che era passato al boss di Campobello di Mazara, Alfonso Passanante. La Cascia sarebbe stato “il postino” che recapitò la missiva.