Mafia a Giardini Naxos, il boss dei Cappello tra estorsioni e droga

Estorsioni e droga, gli affari del boss dei Cappello tra Catania e Giardini

Il ruolo di Riccardo Pedicone nel clan Cintorino

CATANIA – Faceva da cerniera tra due mondi, quello dei Cappello e quello dei Cintorino che al clan catanese sono affiliati. Giocando su questa sua doppia natura, Riccardo Pedicone era arrivato a organizzare e gestire le estorsioni, il traffico di droga e l’usura nella zona di Giardini Naxos.

È quanto emerge dalle carte dell’inchiesta che la mattina di giovedì 13 marzo ha portato in carcere 39 persone con l’accusa di associazione mafiosa. Secondo la ricostruzione dell’accusa, messa insieme dalle procure di Catania e Messina, Pedicone sarebbe stato una figura di spicco dei Cintorino.

Il legame con i Cappello

Che Pedicone abbia un legame solido con i Cappello e che fosse operativo a Catania lo testimonia la sua presenza in uno dei fatti di sangue più eclatanti della storia recente della città etnea, la sparatoria di Librino dell’otto agosto 2020 in cui morirono due persone.

Pedicone era parte della colonna di motociclette che raggiunsero viale Grimaldi e si scontrarono con un gruppo armato dei Cursoti milanesi. Per quei fatti Pedicone è stato condannato in primo grado a 14 anni e 10 mesi per il tentato omicidio di Martino Carmelo Sanfilippo e di Rosario Viglianesi. La corte d’appello ha poi confermato la condanna nel gennaio del 2025, rimodulandola a 10 anni.

La zona ionica

A parlare del ruolo di Pedicone nei Cintorino sono due pentiti, Carmelo Porto e Carmelo Liistro. Il primo in particolare racconta di avere visto le prime volte Pedicone insieme a suo cognato Gaetano Di Bella, braccio destro dell’esponente del clan Cintorino Mario Pace.

Porto racconta di avere saputo che Pedicone aveva portato delle armi proprio nella zona di competenza dei Cintorino insieme a Di Bella, e in un’altra occasione aveva piazzato delle bottiglie incendiarie in un tabacchino e in un ristorante.

Gaetano Di Bella viene arrestato nel giugno 2019 nell’inchiesta Isolabella, e a quel punto, secondo gli investigatori, subentra al suo posto proprio Riccardo Pedicone per gestire gli affari del clan di Calatabiano. Racconta Carmelo Porto che Pedicone era inserito ma non molto amato: “È un tipo troppo casinista, un tipo che vuole mangiare troppo”.

Il clan di Calatabiano vorrebbe fare stare fuori dagli affari Pedicone, ma lui riesce a imporsi perché ha un’autorità criminale alle spalle. Racconta ancora Porto che Pedicone ha come referente Mario Pace, e dunque “quelli di Calatabiano lo lasciano stare”. In questo modo Pedicone riesce a riprendere in mano gli affari del clan Cintorino nella zona.

I traffici

A descrivere quali fossero le attività di Pedicone è un altro collaboratore di giustizia, Carmelo Liistro, sempre organico ai Cappello. Liistro è talmente stretto a Pedicone che è lui ad accompagnarlo in ospedale per essere curato dopo la sparatoria di Librino.

Dopo l’arresto di suo cognato Di Bella, Pedicone prende in mano le estorsioni, i traffici di droga e l’usura del gruppo Cintorino. Nella zona di Giardini Naxos, al punto che va a vivere proprio nella cittadina.

Liistro racconta che Pedicone riprende le estorsioni pre-pandemia, la più grande delle quali era a un’azienda che stava facendo lavori su strada per milioni di euro e che dava al clan tra il 3 e il 5 per cento della cifra finale. I soldi dell’estorsione non sarebbero andati tutti ai Cappello, ma sarebbero stati distribuiti ad altri gruppi criminali della fascia ionica come i Santapaola e i Laudani.

I locali e le barche

Altre estorsioni riguardavano discoteche e locali di Taormina e Giardini Naxos, dove il gruppo imponeva ai locali il proprio personale di sicurezza. in generale, racconta Liistro, Pedicone “voleva imporre nuovamente la forza del clan Cappello dopo che negli anni precedenti di questa forma di pizzo si erano occupati quasi esclusivamente i Santapaola e Laudani senza corrispondere alcuna parte al clan Cappello e non rispettando quindi i patti presi in precedenza”.

Un’altra forma di estorsione era quella sulle barche nel porto di Giardini Naxos. Spesso Pedicone andava al porto a prendere pesce senza pagarlo. Per le estorsioni Riccardo Pedicone aveva, riferisce Liistro, una certa autonomia, dato che aveva dietro Mario Pace e riferiva ai capi di Catania, come Giovanni Pantellaro, Massimiliano Cappello e Rocco Ferrara.

La droga

Pedicone era anche riuscito a imporsi come fornitore di stupefacenti di Christopher Cintorino, coinvolto nello stesso procedimento e indagato, oltre che per associazione mafiosa, anche per traffico di sostanze stupefacenti. Cintorino pensava di potersi fornire da un altro esponente dei Cappello, il figlio di Melo Fazio, e poi potere distribuire liberamente ai propri spacciatori, ma Pedicone pretende che passi da lui e non da Fazio.

Racconta Liistro: “Cintorino si occupa di droga ed ha avuto contrasti in quanto si riforniva dal figlio di Melo Fazio. Tale vicenda creò forti attriti tra Melo Fazio e Pedicone perché Cristopher credeva di potere rifornire lui stesso gli spacciatori della zona”.

Cristopher Cintorino, racconta ancora Liistro, si sentiva autorizzato ad agire autonomamente perché Melo Fazio era un vecchio affiliato dei Cappello. La vicenda venne ricomposta in un incontro in cui erano presenti, oltre a Liistro, Pedicone, Massimiliano Cappello e Giovanni Pantellaro, che parlava a nome di Melo Fazio.

Dice Liistro: “Si decise che, pur essendo Fazio un soggetto di spicco del clan Cappello, non aveva l’autorità per autorizzare Christopher a fornirsi direttamente da Fazio senza rivolgersi a Pedicone. Quindi, per non svilire l’autorità di quest’ultimo, nel rispetto dei ruoli, Fazio doveva dare la sostanza a Pedicone e quest’ultimo a Christopher”.

Secondo l’inchiesta, Pedicone avrebbe anche cercato di appoggiare una candidata all’Ars.


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