MARSALA (TP) – Non ci sono giorni di chiusura per i boss di Cosa nostra. E così nell’ottobre 2019, prima ancora dell’incubo Covid-19, in un noto locale del lungomare di Mazara del Vallo si incontrano marsalesi e catanesi per un affare di riscossione di crediti. Al tavolo sono seduti il capoclan di Marsala Francesco Giuseppe Raia – al centro del blitz di oggi sui fiancheggiatori di Messina Denaro – e quattro persone arrivate dall’Etna. Prima del banchetto c’è stato un incontro riservato a casa di Raia. Una Fiat 500X è arrivata a Marsala: a bordo Giovanni Crisafulli, Massimo Lizzio (entrambi iscritti nel registro degli indagati dalla Dda di Palermo ma non raggiunti da misura) e altri due etnei.
Ci sarebbero stati contatti dunque tra i boss marsalesi di Cosa nostra e i catanesi del clan Cappello-Bonaccorsi. Le intercettazioni e le telecamere sembrano non lasciare adito a dubbi, ma servirà il processo a far capire se la ricostruzione accusatoria sia fondata. E cioè che la trasferta catanese sia legata alla riscossione di una somma di denaro di un imprenditore marsalese per conto di un altro imprenditore siracusano. Insomma una ‘joint-venture’ criminale che intascare almeno 35 mila euro.
RAIA: Ora stanno scendendo da Catania… Turiddo quella volta mi ha detto che i soldi glieli aveva mandati, ora quello, è uscito il vecchio là, che era a Spoleto con mio padre, quello dice: “mi vuole spiegare a chi ha dato questi soldi?” è giusto? Poi son 35 mila euro.. euro.. aspetta gli ho detto: “vengono loro, parlano loro che so, uno mi dice una cosa quello me ne dice un’altra qua…”
I catanesi sono facce note agli investigatori siciliani: Massimiliano Lizzio che ha già condanne per mafia, ultimamente è stato coinvolto nel processo Camaleonte che ha disarticolato il clan Cappello e lo scorso marzo è stato destinatario della misura della sorveglianza speciale. Due giorni dopo il primo incontro avviene un’altra riunione con gli stessi protagonisti, i catanesi in ‘trasferta’ a Marsala a discutere con Franco Raia. Questa vola si incontrano in un bar e le telecamere registrano ogni cosa. Ad un certo punto Crisafulli si avvicina a Raia e gli sussurra qualcosa all’orecchio. Il terzo appuntamento tra pezzi di Cosa nostra e il clan catanese si svolge il 14 ottobre 2019. Crisafulli avverte Raia che sarebbe venuto un “cugino”.
“Domani viene mio cugino con l’altro, ci siamo? perché avete appuntamento lunedì. Ma deve venire pure quello dei pezzi di ricambio?”. Per gli investigatori è chiaro il riferimento all’imprenditore che dovrebbe sborsare i soldi. La riunione si svolge. I ‘soliti’ quindici minuti marsalesi e poi il viaggio di rientro. Nei giorni seguenti Crisafulli e Raia continuano a sentirsi per ‘risolvere’ la vicenda “dei pezzi di ricambio”. Ci saranno altre trasferte e telefonate fino a fine mese, ma quello che emerge è che ad un certo punto Raia avrebbe avviato altri “affari con i catanesi”. L’imprenditore però non avrebbe avuto intenzione di versare alcuna somma in quanto – a suo dire- avrebbe già pagato. Un caso contorto che avrebbe dovuto risolversi in ‘otto giorni’ e invece il tempo scorre. Lizzio minaccia di andare direttamente all’officina. Ma poi tutto rientra. Con i complimenti di Raia per il rispetto dei codici della mafia: “Vedi che quelli lo sapevano dove era lui, siccome sono persone serie, prima sono venuti a trovare a noialtri per sistemare la cosa”. Ma i mesi passano e la soluzione non arriva. Lizzio perde la pazienza più volte al telefono. Raia ad un certo punto cede: “Appena lui il giorno 20, come siamo rimasti, non si sistema la cosa… gli dico a quelli: “Fate quello che volete”. E così arriva dicembre. E poi gennaio. “Domani vengono quelli … i catanesi, gliel’ho detto io “Andateci là e sbrigatevela voi”. Ma la situazione procede fino a febbraio, con “altri viaggi a vuoto”. Tra marzo e aprile Raia avrebbe assicurato a Lizzio (nel frattempo Crisafulli è finito ai domiciliari per droga) che l’imprenditore avrebbe fatto dei bonifici (in realtà mai fatti). Per gli inquirenti non ci sono dubbi comunque sulla ‘natura mafiosa’ delle interlocuzioni tra marsalesi e catanesi. Un’intercettazione cristallizza il contesto.
LIZZIO: “… omissis … gli ho detto (a Raia, ndr): “prima di tutto io fino a oggi non ti ho detto mai a chifai appartenenza, ma da questo momento in poi io so che sei responsabile, ma non so di chi però. Io quando sono venuto qua mi sono presentato di chi sono responsabile e a quale famiglia appartengo, io fino ad oggi da te non la conosco …” appartiene a Matteo Messina Denaro lui”.
I marsalesi però avrebbero avuto un ‘doppio’ binario per i contatti con i catanesi. Uno avrebbe riguardato i traffici di droga e in questo ci sarebbero i contatti anche con Luciano e il figlio Santo Guzzardi, sempre del clan Cappello. I due sono tra i partecipanti – e per questo arrestati e condannati in primo grado nell’inchiesta Centauri – per il conflitto a fuoco contro i Cursoti Milanesi dell’8 agosto 2020.