CATANIA – Lettere scritte di pugno del boss Enzo Aiello, niente pizzini, messaggi che contenevano istruzioni giravano, secondo le rivelazioni del killer pentito Navarria, anche dietro le sbarre. Le rivelazioni del pentito che sta facendo tremare Catania sono state pubblicate dal mensile “S” presente in edicola. Il collaboratore di giustizia inizia raccontando un periodo di aspre tensioni a Monte Po, uno dei quartieri più caldi per la malavita, dove da sempre si giocano equilibri delicati.
Per Navarria, Claudio Strano diventa un punto di riferimento. “Io poi dissi a Claudio Strano di fare sapere ad Alessandro Strano ed Alfio Mirabile di non utilizzare i miei generi per fatti di sangue, ma al limite solo per rapine o estorsioni”. Ma i capi indiscussi avvertono Navarria che si sta rivolgendo alle persone sbagliate. Il clan vive pesanti battaglie intestine. Quelle stesse tensioni che portano gli Strano a lasciare i Santapaola – Ercolano. “In quel periodo però tra il gruppo di Monte Po ed il gruppo del Villaggio di Santo Battaglia vi erano dei conflitti”. Enzo Aiello, il boss che sarebbe stato scelto da Nitto in persona, scrive a Navarria.
“Sempre nello stesso periodo Enzo Aiello era detenuto con mio fratello Antonino nel carcere di Sollicciano, e lo stesso disse a mio fratello che mi voleva parlare e per questo tra- mite lettera mi comunicò che Aiello mi voleva parlare. Io mandai a mio fratello una lettera per Enzo Aiello e lui gliela consegnò, e dentro c’erano le istruzioni per scrivermi mandando la lettera ad un altro detenuto del mio carcere. Aiello mi scrisse che stavo sbagliando perché la linea di Nitto Santapaola non era il gruppo di Monte Po, e che Enzo Santapaola, figlio di Nitto, non aveva autorizzato gli Strano e che questi non rappresentavano davvero Nitto Santapaola. Io scrissi a mio genero Gianluca dicendogli di non fare più riferimento a Monte Po e di non far- si più vedere da quel gruppo e così i miei generi tagliarono i rapporti con Monte Po. Io mandai sempre dal carcere di Livorno una lettera a Filippo Branciforte del clan Santapaola al tempo detenuto a Bicocca per spez- zare una lancia a favore degli Strano che con me si erano comportati bene e cercai di mettere pace, sapendo che Branciforte era uno che contava nel clan. Lui mi rispose solo di restare al mio posto senza precisare altro”.
Gli anni al carcere di Benevento
Carmelo Aldo Navarria trascorre gli ultimi anni di detenzione in una cel- la di un carcere campano. E in quegli anni le sue conoscenze si allargano e si prepara a capire come la mafia era cambiata in quegli ultimi venti anni. Il suo “cicerone” è Franco Amantea, uomo d’onore di Paternò e negli ulti- mi anni vice di Francesco Santapao- la, detto “Coluccio”, rappresentante della famiglia catanese di Cosa no- stra. “Nel periodo 2010-2014 men- tre ero a Benevento erano detenuti – racconta – con me Franco Amantea, che voleva diventare mio compare, Vincenzo Stimoli di Paternò, Natale D’Emanuele mio compagno di cella, ed altri. Con loro parlavamo spesso dei fatti del clan. Ad esempio Franco Amantea era uomo d’onore, come già mi aveva detto Natale Filloramo (nipote di Nitto Santapaola, ndr) nel carcere di Livorno, e con lui spesso parlavamo di persone e di dinamiche del clan Santapaola. Natale Fillora- mo tramite lettera scrisse a me che Amantea e lui erano “la stessa cosa” e ad Amantea scrisse che “Aldo è un fratello nostro” e per questo io legai subito con Amantea. Tutti i verbali e i particolari sul mensile “S”.