La lupara bianca di Di Bona | Ergastoli per Lo Piccolo e Liga - Live Sicilia

La lupara bianca di Di Bona | Ergastoli per Lo Piccolo e Liga

Calogero Di Bona e Salvatore Lo Piccolo

Regge anche in appello l'accusa per l'omicidio dell'agente di polizia penitenziaria scomparso nel nulla una sera d'agosto del 1979.

PALERMO – Ergastoli confermati a Salvatore Lo Piccolo e Salvatore Liga. Anche secondo i giudici d’appello furono loro due ad ammazzare il maresciallo della polizia penitenziaria, Calogero Di Bona.

Di Bona, uscì di casa una sera di fine agosto del 1979 e spaerì nel nulla. È stata l’ostinazione dei figli a strappare il caso all’oblio. Uno di loro, cliccando su un motore di ricerca, trovò un vecchio verbale del collaboratore di giustizia Gaspare Mutolo. Lo consegnò agli avvocati Fabio Lanfranca, Oriana ed Emanuele Limuti che chiesero la riapertura delle indagini. “Io so, nell’81, in un discorso che io c’ho con Riccobono per altri discorsi, di un omicidio di un certo Di Bona – disse Di Bona in udienza – il maresciallo degli agenti di custodia, che Salvatore Lo Piccolo se lo va a prendere”.

Altri pentiti poi aggiunsero al pm Amelia Luise nuovi agghiaccianti pèarticolari: “Lo Piccolo Salvatore, uomo d’onore della famiglia di Tommaso Natale, sapendo che Di Bona frequentava un bar ristorante sito nella piazza di Sferracavallo lo avvicinò e lo condusse con un pretesto presso il fondo di Tatuneddu, così era soprannominato Salvatore Liga. Erano presenti, oltre a Liga, Salvatore MIcalizzi e Lo Piccolo, anche Bartolomeo Spatola (anche lui sarebbe stato ammazzato), il fratello Antonino e Rosario Riccobono”. Tutta gente morta tranne Lo Piccolo e Liga.

Gaspare Mutolo aggiunse i particolari di quella riunione di morte in un casa di fondo De Castro, allo Zen: “Riccobono chiede a Di Bona notizie sulla situazione carceraria ed in particolare sugli autori delle lettere anonime con le quali si insultavano i mafiosi”. Il riferimento era alle missive, probabilmente scritte da un secondino, con le quali la Procura veniva avvertita che in carcere i mafoosi facevano la bella vita,. Poi, “gli si pose una corda al collo”. Gaetano Grado ha concluso il racconto dell’orrore : “Quando l’indomani a noi andiamo allo Zen mi hanno raccontato solo che era tutto apposto e che il lavoro fatto da Tatuneddu Liga… quando c’era di bisogno di strangolare qualche persona… diciamo che quasi quasi si facevano sempre da Tatuneddu Liga, perché poi lui gli scioglieva nell’acido .. omissis… mi hanno detto che l’hanno messo dentro il forno di Tatuneddu Liga, il forno, un forno dov’è che si… lui faceva il pane…”.

E così si arrivò alla condanna all’ergastolo in primo grado, chiesta dai pubblici ministeri Lia Sava e Francesco del Bene e ora riproposta dal procuratore aggiunto Domenico Gozzo.


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