CATANIA – L’ipotesi dei magistrati è che ci sia stato uno scambio tra politica e cosche, ma l’ipotesi è rigettata dalle difese, che mostrano che le nomine nel comune di Paternò sono state dettate da una dinamica politica e non c’entrano nulla con la mafia.
Questo, in sintesi, lo scambio avvenuto nella giornata di mercoledì 25 settembre al tribunale del Riesame di Catania, riunito per decidere sul ricorso della Dda contro la decisione del Gip su, tra gli altri, Nino Naso e Salvatore Comis, sindaco ed ex assessore nel comune di Paternò.
Per i due uomini politici coinvolti nell’aprile del 2024 nell’operazione Athena le pm Tiziana Laudani e Alessandra Tasciotti, coordinate dal procuratore aggiunto Ignazio Fonzo, avevano chiesto le misure cautelari. Il Gip però le aveva respinte, escludendo la sussistenza di indizi di reato.
Mafia a Paternò: l’ipotesi dell’accusa
Per la pubblica accusa, Nino Naso e Salvatore Comis avrebbero stretto un patto con il clan Laudani, parte del gruppo Santapaola-Ercolano. In particolare Comis sarebbe stato nominato assessore, sostengono le pm, in quanto uomo di fiducia di Natale Benvenga, accusato di essere parte del clan Laudani.
Su questa nomina, la procura di Catania ha sostenuto che fosse avvenuta a dispetto di una presunta inesperienza politica di Comis, barbiere di professione e mai entrato nella macchina amministrativa.
Sul sindaco di Paternò Nino Naso invece l’accusa è stata di avere assunto due persone vicine ai clan nell’azienda che si occupa della nettezza urbana.
L’ipotesi dell’accusa fu respinta dal Gip ed è per questo che la Dda si appellò al Riesame, chiamato a decidere se per Naso, Comis e gli altri indagati nell’operazione Athena ci fossero i presupposti per le misure cautelari.
Le repliche della difesa
Davanti al riesame le difese hanno sostenuto che Comis non fosse arrivato alla nomina di assessore per caso, ma in seguito a una lunga trattativa politica in cui sono entrati anche esponenti regionali.
In particolare, la difesa di Comis ha sottolineato che il proprio assistito è stato un consigliere comunale, candidato e guida di un movimento civico. La sua nomina dunque sarebbe avvenuta per il suo peso elettorale, come lo stesso Gip ha argomentato.
In più, ha continuato la difesa, il contatto con Benvenga di cui è accusato Comis è avvenuto nel salone da barba dello stesso Comis, davanti a diverse persone e con un tono scherzoso.
I Pm e la decisione del Riesame
La pubblica accusa nel corso dell’udienza del Riesame ha preso atto dell’attività difensiva, ma ha ribattuto che il fatto che Comis abbia fatto politica e abbia esperienza non è incompatibile con l’ipotesi che si sia messo a disposizione delle cosche, e che Naso lo abbia nominato proprio per questo motivo.
A decidere sui motivi dell’appello saranno adesso i giudici del Riesame. La decisione arriverà entro trenta giorni, e a quel punto sia l’accusa che la difesa potranno ricorrere in Cassazione.