Mafia a Paternò, cosa dice il Riesame sui contatti tra clan e sindaco

“Gravi indizi”: cosa dice il Riesame sui contatti tra clan e sindaco di Paternò

La ricostruzione dei giudici
IL PROVVEDIMENTO
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CATANIA – Il patto tra il sindaco Nino Naso e il clan Laudani è “ricostruibile con la consistenza dei gravi indizi”: è quanto scrive il tribunale del Riesame nella sentenza che ha accolto il ricorso della Procura sulle misure cautelari nell’inchiesta Athena.

Il provvedimento del Riesame prevede gli arresti domiciliari come misura cautelare per Nino Naso, Salvatore Comis, Pietro Cirino. La misura però è sospesa perché è impugnabile davanti alla cassazione. Per i tre esponenti politici non è ancora iniziato il giudizio e dunque sono innocenti fino a sentenza.

Il Riesame si è riunito il 25 ed è arrivato a sentenza il 26 di settembre. Nell’udienza ha esaminato i motivi di ricorso della Procura, che aveva impugnato il provvedimento con cui il Gip non aveva concesso le misure cautelari per gli esponenti politici paternesi sostenendo che non ci fosse prova di un effettivo scambio, con degli esiti e delle utilità immediate.

Le accuse

Il sindaco Naso e i suoi ex assessori Comis e Cirino sono accusati di avere dialogato, ciascuno in modo diverso, con Vincenzo Morabito e Natale Benvenga, esponenti del clan dei Laudani.

In cambio del loro appoggio elettorale Naso avrebbe garantito, secondo l’accusa, l’assunzione di due persone nella ditta che smaltisce i rifiuti a Paternò e la nomina di Comis in giunta, che avrebbe favorito, sempre secondo l’accusa, gli interessi del clan. Cirino sarebbe stato l’intermediario.

Nella loro sentenza i giudici del Riesame ricostruiscono le tesi opposte dalla difesa ma le superano, accogliendo le tesi della difesa e facendo una ricognizione di tutti i motivi che proverebbero lo scambio di favori tra politica e mafia a Paternò.

Il clima elettorale

La sentenza del Riesame prende in considerazione, in una prima parte, il clima politico paternese tra il 2021 e il 2022, anno delle elezioni. Questo perché un argomento delle difese è stato che la nomina di Salvatore Comis ad assessore non è stata legata all’interesse dei clan, ma alle normali dinamiche politiche interne al centro destra.

In quel periodo, ricostruiscono i giudici, Naso azzera la sua giunta e si prepara alle elezioni del 2022 senza il sostegno di Forza Italia. In questo senso, scrivono i giudici, il sostegno di Comis come consigliere è “cruciale” per l’elezioni di Naso a un secondo mandato.

Dunque, è la ricostruzione, il fatto che la nomina di Comis sia arrivata in seguito a normali riunioni politiche e all’intervento di esponenti regionali non esclude che la mafia abbia cercato di inserirsi nel processo, sfruttandolo a proprio vantaggio.

Scrivono i giudici: “Risulta compatibile con la prospettazione accusatoria che i mafiosi Morabito e Benvenga, e per essi Pietro Cirino, sfruttassero i contrasti dentro il centro destra e facessero indirettamente valere con Naso l’importanza della candidatura di Comis e del loro sostegno elettorale, in cambio di promesse di assunzioni e di un assessorato cruciale per le loro attività economiche”.

Comis si candida consigliere alle elezioni comunali ma non viene eletto. Nino Naso, riconfermato sindaco, lo nomina assessore alle Attività produttive, agricole e imprenditoriali. Lo stesso incarico era ricoperto, in precedenza, da Pietro Cirino.

Le nomine alla Dusty e il “patto formale”

L’accusa per Nino Naso è di avere favorito l’assunzione di due persone vicine al clan nella Dusty, azienda che si occupa dello smaltimento di rifiuti a Paternò. La difesa ha opposto diversi argomenti, tra cui il fatto che le conversazioni tra Naso l’esponente del clan Morabito sarebbero state pochissime.

I giudici in proposito scrivono che non è necessario che ci sia una conversazione diretta né che ci sia un accordo formale perché ci sia un effettivo scambio di favori. Secondo l’impianto dell’accusa, accettato dal Riesame, era Cirino a fare da tramite.

Sulle assunzioni alla Dusty, il Riesame ritiene valide l’intercettazione tra Morabito e Naso, registrata in un magazzino di Cirino, in cui i tre parlano di nomine politiche. Nel corso di quella conversazione Morabito chiede un interesse per delle assunzioni: “Per un posto poi, se è possibile, senza impegno, di più mi interessa quello nella spazzatura”.

La risposta di Naso è descritta dai giudici come “accondiscendente nei limiti di quello che poteva fare”. Il sindaco dice “Ma lasciami questo nome”.

Le difese, su questo punto, hanno presentato una propria relazione tecnica in cui le diverse voci registrate non sono attribuite a Naso o Morabito o le altre due persone presenti, ma a “Uomo 1, Uomo 2” e così via. Il Riesame nella sua sentenza conferma l’identificazione fatta dagli investigatori incaricati di fare le intercettazioni.

Sulle assunzioni di due persone in Dusty, scrivono poi i giudici del Riesame, gli sviluppi della loro vicenda lavorativa conferma la ricostruzione dell’accusa sul collegamento tra le loro sorti e “l’impegno del sindaco per favorirlli su sollecitazione del gruppo di Morabito”.

In questo senso, scrivono ancora i giudici, “risultava documentato un costante e continuo interessamento del clan Morabito e del Cirino con il sindaco per favorire l’assunzione e il rinnovo del rapporto di lavoro presso la Dusty in cambio di voti”.


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