Mafia, pizzo e sangue. C'è un nuovo pentito a Brancaccio

Mafia, pizzo e sangue. C’è un nuovo pentito a Brancaccio

Alla vigilia della sentenza di appello

PALERMO – Si chiama Vincenzo Petrocciani, ha 43 anni ed è un nuovo collaboratore di giustizia. Condannato a 11 anni in primo grado nel processo al clan mafioso di Brancaccio, Petrocciani è stato trasferito in una località protetta.

Il suo pentimento è emerso alla vigilia della sentenza del processo di appello nato dal blitz denominato “Stirpe”. La Corte dovrà decidere se acquisire i verbali del neo pentito e se limitarsi a sentirlo in aula. Le sue parole potrebbero incidere sulle sorti giudiziarie degli altri 31 imputati. In primo grado ci furono due sole assoluzioni.

L’inchiesta fece emergere l’imposizione del pizzo e i silenzi di imprenditori e commercianti. Una cinquantina le estorsioni ricostruite senza alcuna denuncia.

Le pene inflitte in primo grado

In primo grado la pena più alta (17 anni e 4 mesi) era stata inflitta a Maurizio Di Fede, uomo forte nel rione Roccella. “Noi non ci immischiamo con Falcone e Borsellino”, diceva Di Fede alla mamma di una bimba che voleva partecipare alle manifestazioni organizzate dalla scuola in memoria dei giudici assassinati dalla mafia.

Pizzo e droga

Secondo i sostituti procuratore Bruno Brucoli, Federica La Chioma e Francesca Mazzocco, era stato costituto un cartello della droga per garantire gli affari di tre mandamenti mafiosi: Porta Nuova, Tommaso Natale e Brancaccio. Fiumi di droga comprati in Calabria e Campania per riempire le piazze di Palermo, dove i consumi di stupefacenti sono schizzati.

Petrocciani potrebbe conoscere tanti retroscena di un mandamento dove si spara per la gestione delle scommesse clandestine – a Brancaccio è stato assassinato il boss emergente Giancarlo Romano – e le dinamiche mafiose. A Brancaccio ci sono state scarcerazioni eccellenti come quella del boss Nino Sacco per fine pena e altre presto avverranno. Nelle informative sono tornati a comparire altri cognomi storici, come Lo Nigro.

Nuovi equilibri e una certezza: il pizzo. Di recente la collaborazione di un imprenditore – caso unico in zona – imparentato con gli stessi mafiosi, ha fatto scattare l’arresto dei presunti estorsori.


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