PALERMO – Su Roberto Helg piovono le accuse del pentito Francesco Onorato. Negli anni Novanta avrebbe fatto da mediatore in una vicenda estorsiva. Secondo il collaboratore di giustizia, Helg, finito nei guai per avere chiesto una mazzetta da cento mila euro al pasticciere Santi Palazzolo, non solo avrebbe pagato il pizzo, ma si sarebbe accollato l’onere di raccogliere i soldi di un altro imprenditore.
Onorato, boss pentito della borgata di Partanna Mondello, che fu il regno del capomafia Saro Riccobono, nelle scorse settimane ha chiesto di parlare con i pubblici ministeri Claudia Ferrari e Luca Battinieri che si occupano dell’indagine sull’ex vice presidente della Gesap e numero uno della Camera di Commercio di Palermo. E ha raccontato una storia che serve più ad inquadrare il personaggio Helg piuttosto che a formulare ipotesi di reato. Perché nonostante sarebbero già stati trovati dei riscontri alle parole di Onorato, è passato troppo tempo per formulare delle contestazioni specifiche.
Altro che campagne antiracket – Helg da rappresentante dei commercianti ne ha sponsorizzato parecchie – sarebbe ben diversa la realtà ricostruita da Onorato, spinto a chiedere un incontro ai pm perché stizzito dall’immagine di uomo della legalità che Helg si era cucito addosso.
Prima Onorato ha parlato degli ottimi rapporti che lo legavano all’ex vice presidente della società che gestisce i servizi all’aeroporto Falcone e Borsellino, tanto che molti uomini di onore, con familiari al seguito, andavano a comprare articoli da regalo a prezzi scontati nel deposito di Helg a Partanna Mondello. Come scontato sarebbe stato il pizzo imposto all’imprenditore – 500 euro al mese – che valeva non solo per il magazzino all’ingrosso, ma pure per i negozi che un tempo Helg gestiva in città prima di di essere travolto dalla crisi.
Poi, il pentito ha aggiunto la storia della mediazione: bisognava mettere a posto un altro imprenditore che vendeva macchine agricole non lontano dal deposito di regali. Onorato, così ha raccontato, non si sarebbe neppure sporcato le mani. A fare da tramite sarebbe stato proprio Helg che raccoglieva i soldi dall’amico che gli aveva chiesto un consiglio su quale “strada” percorrere per non avere guai, e li consegnava ad Onorato assieme ai suoi. Cinquecento mila lire ciascuno al mese.
Nei giorni scorsi il presidente dei gip di Palermo, Cesare Vincenti, ha disposto il giudizio immediato per Helg, come richiesto dalla Procura. Il difensore, l’avvocato Giovanni Di Benedetto, ha preannunciato che chiederà di essere giudicato con l’abbreviato. Tutto ciò fa parte del capitolo già approdato al dibattimento. Ce n’è, però, un altro in cui sono confluite le dichiarazioni di una dozzina di imprenditori, sentiti in questi mesi dagli stessi carabinieri che hanno arrestato l’ex vicepresidente della Gesap mentre intascava parte di una tangente da 100 mila per rinnovare a Palazzolo la concessione di uno spazio in aeroporto. Il pasticciere di Cinisi si presentò all’appuntamento per ascoltare la “proposta” di Helg con un telefonino e registrò la conversazione. All’incontro successivo, quando consegnò il denaro, fuori dall’ufficio c’erano i militari del Nucleo investigativo che arrestarono Helg in flagranza di reato.
Dodici imprenditori, molti silenzi e pochissime ammissioni. Un paio di persone avrebbero fatto cenno al “sistema Punta Raisi”. E così è stata aperta un’inchiesta stralcio, coordinata dal procuratore aggiunto Dino Petralia. Due degli indagati – che potrebbero essere di più – sono Helg e Carmelo Scelta, l’ex direttore generale licenziato dal consiglio di amministrazione. Palazzolo aveva, infatti, dichiarato di essersi rivolto al vicepresidente su indicazione dello stesso Scelta.