BIANCAVILLA (CATANIA) – Baristi, gommisti, ristoratori. A Biancavilla, Cosa Nostra, prendeva soldi da tutti. E il gruppo dei Tomasello-Mazzaglia-Toscano, i referenti in città del clan Santapaola-Ercolano, erano attivi su ogni fronte. Dal pizzo al traffico di marijuana.
Il capo sarebbe Giuseppe Mancari, coinvolto anch’egli, ovviamente, lo scorso settembre nell’operazione dei carabinieri “Ultimo Atto”. Estorsioni, controllo del territorio e non solo. Sono alcune delle accuse per cui il sostituto procuratore di Catania Andrea Bonomo adesso ha esercitato l’azione penale.
L’elenco degli imputati
La Dda ha chiesto complessivamente 18 rinvii a giudizio. Riguardano il 73enne Pippo Mancari, ma anche Salvatore Manuel Amato, 31enne, Fabrizio Distefano di 32 anni, Placido Galvagno di 47, Giovanni Gioco di 64, Piero Licciardello di 30.
Poi in elenco figurano Nunzio Margaglio di 29 anni, Carmelo Militello di 50, Nicola Gabriele Minissale di 31, Alfio Muscia di 45, Ferdinando Palermo di 47, Mario Venia di 48 e Carmelo Vercoco di 50. Gli altri cinque sono stati indagati a piede libero.
Ieri si è aperta l’udienza preliminare, dinanzi al gup Luca Lorenzetti. Alcuni difensori degli imputati hanno anticipato che chiederanno il rito abbreviato. Il giudice deciderà sull’eventuale ammissione il prossimo 15 luglio.
Le rivelazioni di Pellegriti
A raccontare le attività del clan, si ricorda, fu uno degli ultimi pentiti della mafia catanese, Vincenzo Pellegriti. Stando alle sue dichiarazioni, Cosa Nostra, a Biancavilla, metterebbe in moto i suoi esattori del pizzo in particolare a Natale, a Pasqua e per San Placido, santo compatrono della città dal 1709.
La terza “rata” del pizzo, insomma, qui non viene chiesta a Ferragosto (secondo un calendario consolidato dell’Onorata società), ma ad ottobre. Ed è proprio nei giorni della festa di San Placido, secondo Pellegriti, che a essere presi di mira sarebbero giostrai e venditori di carne di cavallo arrostita.
“Sostanzialmente – ha raccontato Pellegriti – chi voleva montare una bancarella era costretto a comprare la carne di cavallo per il tramite del clan mafioso”. Un uomo del clan si sarebbe sempre fatto da portavoce.
La carne di cavallo
Avrebbe imposto ai titolari delle bancarelle “l’acquisto di carne che poi lui a sua volta comprava da una macelleria autorizzata”. Il prezzo ovviamente, dal produttore al venditore finale, saliva ampiamente.
Ma è solamente una delle ipotesi. “Se qualcuno si rifiutava e voleva comprare la carne direttamente dal macellaio veniva minacciato – ha proseguito, in sintesi, il collaboratore di giustizia – e poi gli danneggiavamo la bancarella anche dandole a fuoco”.
I giostrai e i blocchetti regalo
Per quanto riguarda le giostre, aggiunse, “i titolari sono costretti a dare circa 100 blocchetti da circa 20 biglietti gratuiti per i figli dei detenuti. In realtà poi negli ultimi anni le persone del clan mafioso che ritiravano questi blocchetti poi li regalavamo a nostro piacimento”.
E, ancora, i “titolari di ogni singolo gioco pagano circa 400 o 500 euro al clan mafioso”. “Queste estorsioni – ha chiarito – naturalmente andavano avanti da anni e per quanto riguarda il periodo successivo alla mia scarcerazione”.
Le parti civili
In aula ha chiesto la costituzione di parte civile il Comune di Biancavilla. Lo ha deciso l’amministrazione del sindaco Antonio Bonanno. In aula parte civile anche l’associazione antiracket di Libera Impresa. Tra le parti civili non figurerebbero, almeno sinora, le presunte vittime.