PALERMO – Centocinquanta arresti per mafia in giro per la Sicilia negli ultimi tre mesi. Cosa Nostra non difetta nella capacità di assoldare nuova gente.
È una mafia, quella di oggi, che si muove fra la volontà di guardare al passato per trovare continuità nella tradizione e la necessità di vivere il presente. E il presente non si mostra più con la compattezza di un tempo.
Le nuove leve sembrano poco rispettose del passato. Si fa fatica a difendere certi “valori” di un tempo. Non c’è blitz in cui non emerga la figura di un vecchio boss che guardi con nostalgia ai padrini di un tempo. Totò Riina su tutti.
In provincia di Agrigento la settimana scorsa hanno arrestato sessanta persone. Si sentivano il “fiore all’occhiello” dell’intera Cosa Nostra e guardavano con disprezzo “a quei poco seri dei palermitani”. Ci vuole “rispetto e dignità, dicevano. Provincia in fibrillazione quella agrigentina, dove si sono armati fino ai denti. I kalashnikov servono per una guerra che parte in Sicilia e arriva fino in Belgio. Si contano già una decina di morti. Ci sono in ballo grandi affari di droga.
Forse è anche per questo che ad Agrigento guardavano con disprezzo ai palermitani. Un tempo “con i corleonesi” era tutto diverso. I corleonesi non ci sono più. Ci sono, però, i boss di una stagione che rischia di tornare. Anzi è già tornata, lo dimostrano le decine e decine di scarcerazione di mafiosi che hanno finito di scontare la pena. Una volta liberi, si riprendono il posto di un tempo, che hanno lasciato provvedendo prima di finire in carcere a nominare i propri successori. Ritrovano eserciti sfaldati dagli arresti che devono rimpinguare con nuova manovalanza. In giro ci sono picciotti che fanno della violenza il loro marchio. Picchiano chi non si sottomette al loro potere, dai cani sciolti dello spaccio ai commercianti che li hanno denunciati. Come è emerso pochi giorni fa nel blitz di Barcellona Pozzo di Gotto, nel Messinese, dove se la sono presi con il presidente di un’associazione di assistenza agli spastici che aveva denunciato gli uomini del racket e con il suo avvocato.
A Messina come a Palermo le famiglie si muovono ciascuna con la propria autonomia. Si va verso il “superamento delle strutture provinciali e regionali che un tempo coordinavano l’intera organizzazione” come si legge nella relazione del presidente della Corte d’appello di Palermo, Matteo Frasca, preparata l’inaugurazione dell’anno giudiziario di domani. Ci si sposta fuori provincia solo raramente. E così aumenta il potere decisionale e autonomo di ogni singolo mandamento. Ogni cosa diventa un fatto interno. Compresa la decisione di commettere omicidi.
Si uccide per evitare che qualcuno alzi la testa o per il mancato pagamento di una partita di droga. Gli stupefacenti sono il vero business della mafia. Le estorsioni servono per controllare il territorio, ma i soldi si fanno con la droga. Piccole quantità rispetto ai grandi traffici gestiti dalla ‘ndrangheta.
Dove finiscono i soldi? In tante attività apparentemente lecite. A Palermo ne sono state aperte una miriade con i soldi sporchi della mafia. In questo settore a Trapani hanno fatto scuola. Una parte dei soldi finisce lontano dalla Sicilia. Fino a qualche anno fa si investiva parecchio nel Nord Italia, ora i flussi di denaro si concentrano verso il Lazio.
Tutto questo porta lo stesso Frasca a suonare un campanello di allarme: Sarebbero sufficienti un paio di anni di “minore attenzione” nei confronti del fenomeno in esame da parte dello Stato per consentire all’associazione di ripristinare l’inaudita forza criminale manifestata sino agli anni ’90, con la consapevolezza che, sebbene non siano mancati e non manchino, nell’ambito del sodalizio, atteggiamenti di fastidio o, addirittura, di rifiuto nei confronti di una politica di aggressione esplicita agli organi dello Stato, non sarebbe, in tal caso, possibile escludere una nuova stagione di inaudita violenza: le dinamiche interne di cosa nostra si muovono secondo criteri che non sempre corrispondono ai comuni parametri logici adottati nelle valutazioni degli apparati investigativi”.