Catania – Il contrasto netto tra lo stile dell’attività eruttiva di Vulcano, nell’arcipelago delle Isole Eolie, e i lunghi tempi di quiescenza che si registrano sull’isola, anche nell’ordine dei 100-200 anni tra un’eruzione e la successiva. Sono i contenuti del lavoro realizzato da un team di ricercatori dell’Università di Catania, dell’Università della Calabria e dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia e recentemente pubblicato sulla rivista internazionale “Lithos” nel campo delle Scienze della Terra. Grazie alle informazioni registrate in “orologi naturali” quali sono alcuni cristalli che si rinvengono nelle rocce vulcaniche, il team di ricerca e’ riuscito a ricavare i tempi di stazionamento del magma in profondità, scoprendo – in modo del tutto sorprendente – che il magma rimane confinato per lungo tempo a grandi profondità nella crosta terrestre (intorno ai 15-20 chilometri) e che viene messo in movimento verso la superficie solo pochi anni prima di un’eruzione. “La risalita del magma – spiega il prof. Marco Viccaro, docente di Geochimica e Vulcanologia dell’Università di Catania e coordinatore del team di ricerca – avviene attraverso una vera e propria reazione a catena, che e’ capace di attivare camere magmatiche a profondità progressivamente decrescenti in cui e’ presente poco magma.
Ciò comporta che i tempi di stazionamento del magma a livelli superficiali (<10 km) sono molto brevi, anche solo un paio di anni. Il tempo piuttosto limitato speso nella crosta terrestre inibisce l’evoluzione del magma stesso che, non perdendo in modo significativo calore, differenzia poco e non si arricchisce in volatili”. “Una conoscenza migliore dei meccanismi di funzionamento del sistema vulcanico e dei tempi che possono intercorrere tra un segnale precursore e l’attività eruttiva – conclude il docente etneo – sono fattori cruciali per una corretta valutazione del rischio vulcanico associato e per attuare un’efficace mitigazione”. (ANSA).