Mai così in basso - Live Sicilia

Mai così in basso

Le responsabilità penali delle persone coinvolte nell'inchiesta sul voto di scambio a Palermo dovranno essere provate in giudizio. Ma lo spaccato di degrado che emerge dalle intercettazioni sembra riportare la Sicilia indietro nel tempo di sessant'anni.

L'operazione Agorà
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PALERMO – A leggere le cronache dell’operazione che ha portato ieri ai domiciliari due deputati regionali in carica e un ex, le polemiche sugli “impresentabili” che agitano le altre regioni italiane fanno quasi sorridere. L’inchiesta “Agorà” della procura di Palermo, infatti, scarica sulle istituzioni regionali siciliane un surplus di “impresentabilità” avvilente. I fatti sono stati raccontati ieri dal nostro giornale e dipingono un contesto che, a prescindere dalla portata criminale dei comportamenti su cui dovranno pronunciarsi giudici terzi, racconta un quadro socioeconomico disperato, al quale la politica sembra rapportarsi con disinvolto cinismo.

Nelle vicende giudiziarie incentrate sul voto di scambio non è così semplice individuare il sottile punto di confine in cui finisce il clientelismo e inizia l’aspetto penale. E non è mai superfluo ricordare che l’arresto non equivale a una condanna e che le responsabilità penali vanno provate in giudizio, presumendo l’innocenza fino a sentenza definitiva. Tanto più per alcune fattispecie di reato dai confini a volte evanescenti. Ma con tutta la prudenza possibile sugli aspetti penali della vicenda, le intercettazioni degli inquirenti palermitani consegnano un quadro desolante a prescindere. Quello di un humus di degrado, in cui il voto ha le sue quotazioni di mercato, in cui tornano a farsi vedere i pacchi di pasta e i piatti di fagioli, quasi che una macchina del tempo avesse riportato la Sicilia indietro di più di sessant’anni, alle miserie del dopoguerra.

Se le responsabilità penali sono personali, lo “squallore” (è la parola usata dai magistrati) del contesto che emerge dall’indagine macchia comunque un sistema politico in cui la formazione del consenso resta intrappolata in dinamiche aberranti, in quella perversa sponda col bisogno e l’ignoranza su cui poggiano le fondamenta di ogni sistema clientelare. È la caduta libera della qualità politica. Ammesso che di politica ci sia ancora qualche traccia nelle istituzioni regionali, dopo il tramonto delle ideologie, delle identità, degli schieramenti.

Un processo di decadenza, quello della politica nelle istituzioni locali, che è francamente difficile negare. E che è arrivato ormai a raschiare il fondo del barile. Perché forse, da un punto di vista sociale, se non addirittura antropologico, le inchieste che si concentrano su comportamenti criminali o presunti tali che si muovono sullo spartito delle centinaia di euro, sono ancora più inquietanti e desolanti di quelle sulle maxitangenti. Lo spessore del contesto è talmente assottigliato che in ballo ci sono piccole consulenze o un posto all’asilo. Con tutte le differenze del caso, l’accostamento all’indagine sui rimborsi dei gruppi parlamentari che ha coinvolto decine di deputati, torna subito alla memoria. Condotte e fattispecie penali del tutto diverse, certo, ma anche lì un malcostume spia della caduta libera della classe politica. La cui immagine oggi è sempre più sofferente e screditata.

Accettando il fio di esser tacciati di populismo, è inevitabile domandarsi: chi crede ancora in questa Regione e in questa Assemblea? Chi crede ancora in questa politica? Quale tasso di assenza di rossore sarebbe necessaria oggi a questa classe dirigente per affrontare una campagna elettorale?

Resta un ultimo aspetto degno di riflessione nello spaccato offerto dall’indagine palermitana. Ed è forse quello centrale. Ossia il livello di impoverimento non solo economico, ma valoriale e culturale della società siciliana. Perché laddove vi è una compravendita, per qualcuno che acquista ci vuole necessariamente qualcuno che vende. E che smercia diritti e speranza insieme al proprio voto. “Abbiamo scoperto che in Sicilia c’è il voto di scambio!”, è l’amara battuta più sentita ieri. Sì, forse è vero che lo sapevamo già. Ma le scene di miseria da film neorealista che i pm palermitani raccontano, con quei cinque euro a voto, suonano come l’epitaffio di qualsiasi illusione di speranza in quella chimera che fino a qualche anno fa si soleva chiamare “un Paese normale”.

 


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