"Mandante delle stragi di mafia": ergastolo a Messina Denaro - Live Sicilia

“Mandante delle stragi di mafia”: ergastolo a Messina Denaro

L'ultimo de padrini latitanti è stato condannato per gli eccidi di Capaci e Via D'Amelio

PALERMO – Matteo Messina Denaro, l’ultimo de padrini latitanti, è stato uno dei mandanti delle stragi di Capaci e Via D’Amelio.

La Corte di assise di Caltanissetta, presieduta da Roberta Serio, lo ha condannato all’ergastolo accogliendo la richiesta del pubblico ministero Gabriele Paci.

Un altro ergastolo per il superlatitante trapanese, in fuga da 27 anni. Nella requisitoria il pm aveva ricordato che il capomafia di Castelvetrano “fu il primo a partecipare ai tentativi di uccidere Paolo Borsellino e Giovanni Falcone, nemici storici di Cosa nostra”.

Gli eccidi del 1992 facevano parte di una più ampia strategia stragista che avrebbe seminato morte anche nell’anno successivo e a cui Messina Denaro “ha partecipato con consapevolezza, dando un consenso, una disponibilità totale della propria persona, dei propri uomini, del proprio territorio, delle famiglie trapanesi al piano di Riina che ne fu così rafforzato”.

Il latitante mostrò “totale dedizione” ai corleonesi e alla follia che si spinse oltre ogni limite dell’orrore. Messina Denaro “è il frutto marcio di ciò che fu Totò Riina, è stato un membro della commissione regionale, ha partecipato alla deliberazione di morte e all’esecuzione di fatti eccellenti collegati a quella decisione”.

Un altro ergastolo dunque per il figlio di don Ciccio Messina Denaro che si aggiunge a quelli che gli sono stati inflitti per le stragi del 1993 a Firenze, Roma e Milano in cui morirono dieci persone”.

La strategia delle bombe fu ideata a partire dall’autunno del 1991, quando cominciò a delinearsi che le accuse del Maxiprocesso erano solide e avrebbero retto fino in Cassazione.

Per Cosa Nostra, vista per la prima volta nel suo insieme, sarebbe stata una batosta. I boss ne discussero per la prima volta ad Enna.

“Quando nel 1991 comincia la guerra di mafia Paolo Borsellino opera nel trapanese, nel territorio gestito da Matteo Messina Denaro. Abbiamo ripercorso quegli anni maledetti – secondo l’accusa – Totò Riina, per iniziare la stagione stragista dovette convincere i rappresentati provinciali della bontà del suo progetto, riuscire a costruire il consenso”.

Il padrino corleonese aveva bisogno del consenso di tutti i rappresentanti provinciali, perché in caso contrario sarebbe stato necessario zittire il consenso con una guerra.

E sarebbe stato Messina Denaro ad aiutare Riina “a stroncare sul nascere le voci del dissenso interno. Avere il consenso di Matteo Messina Denaro gli consentiva di avere delle spie in ogni anfratto di Cosa Nostra che potevano portare alla luce quelli che erano i dissensi interni. Matteo Messina Denaro serve proprio a questo, a stanare e uccidere i riottosi».

Il 30 gennaio 1992 la Cassazione confermò le condanne. Totò Riina poteva contare su un gruppo di persone fidate che chiamava “supercosa», ai quali affida il compito di organizzare a Roma l’attentato a Falcone. Poi, però cambia idea: il giudice, e nemico numero uno, doveva morire Capaci.

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