E’ arrivata l’ufficialità della morte di Gloria Trevisan e Marco Gottardi, i due giovani veneti coinvolti a Londra nel rogo della Grenfell Tower. A comunicarla l’avvocato della famiglia Trevisan, contattato dalla Farnesina. La stima dei morti sale ad almeno 70 e il conteggio non è definitivo. A Londra si alzano ora le proteste. Il governo di Theresa May e’ sotto il tiro d’una piazza infuriata che ha urlato ”Vergognati, codarda!” alla premier ieri quando si è presentata fra la gente del quartiere colpito. Le famiglie delle vittime hanno accolto invece con rispetto la regina, arrivata in visita in mattinata con il nipote William. Intanto i laburisti cercano di dare anche un volto politico alla protesta, con una manifestazione davanti a Westminster. A condurre la battaglia, con Corbyn, si ritrova il sindaco di Londra, Sadiq Khan, figlio d’immigrati e musulmano come non poche delle vittime della Grenfell Tower.
Il racconto di un immenso dolore
C’era il fumo, c’era il fuoco e c’era ancora qualcuno da amare, un grazie da dire, qualcuno da abbracciare, prima che fosse notte. L’ultima telefonata ai genitori: “Mamma, mi sono resa conto che sto morendo. Grazie per quello che hai fatto per me”. Poi, l’addio: “Sto per andare in cielo, vi aiuterò da lì”. Lei, Gloria Trevisan, innamorata del suo Marco Gottardi. Loro, la coppia dispersa, nel rogo del grattacielo di Londra. E quelle chiamate, con i genitori di lei, all’inizio per farsi coraggio, poi per dirsi un’altra parola di amore, prima che tutto quel fumo invadesse i polmoni.
“Ho sentito la registrazione della telefonata di Gloria alla mamma. Le dice grazie per quello che ha fatto per lei. Stavano dando un addio. Non ci sono motivi per sperare che Gloria e Marco siamo ancora vivi”, dice l’avvocato della famiglia Maria Cristina Sandrin. E dobbiamo essere grati agli avvocati che hanno il compito di riportarci sulla terra – una dolente fatica – quando apriamo le ali del sogno impossibile.
Perché noi speriamo, nonostante l’evidenza, che Gloria e Marco – il titolo di una canzone d’amore – abbiano trovato una strada in tutto quel fuoco, mentre si stringevano e aspettavano, nell’atroce impotenza di non potersi salvare, di dovere sopportare la morte dell’altro, nell’atroce dolcezza di essere, comunque, accanto. E davvero speriamo che siano approdati, chissà come, chissà dove, nell’abbraccio che alla fine cercavano come una fonte d’acqua. (Ro.P.)