Che l’odierna riunione del cda del teatro Massimo sarebbe stata ad alta tensione se lo aspettavano tutti. Ma la defenestrazione del vicepresidente Carlo Varvaro è il classico colpo di teatro che ha lasciato molti di stucco, diretto interessato in primis. La guerra tra il comune di Palermo e la fondazione di piazza Verdi non sembra destinata ad esaurirsi e, anzi, si arricchisce ogni giorno di nuovi e clamorosi risvolti.
Questa mattina il consiglio di amministrazione era stato convocato per alcuni chiarimenti tra uno dei soci, ovvero Palazzo delle Aquile, e il cda: diversi i motivi del contendere, tra cui, ultimi in ordine cronologico, i disagi vissuti dai palermitani in occasione dei concerti della rassegna estiva, con tanto di intervento delle forze dell’ordine, e la mancata partecipazione della fondazione al cartellone estivo del Verdura, che aveva spinto l’assessore alla Cultura, Francesco Giambrone, a definire la direzione del teatro “non in sintonia con la città”.
Venti di guerra che si sono trasformati in tempesta quando oggi il primo cittadino, nella qualità di presidente della fondazione, aperta la seduta ha presentato una lettera del ministero dei Beni culturali, datata 27 luglio, con la quale si smentisce, nei fatti, il parere dato dai Revisori dei conti di piazza Verdi. Due i temi in ballo: la legittimità della nomina del vicepresidente, Carlo Varvaro, nominato con un’ordinanza sindacale di Diego Cammarata e non dall’assemblea dei soci, e la presenza di un rappresentante del socio privato, Unicredit, rappresentato da Renato Scalia, reo di non aver versato la quota prevista, ovvero l’8 per cento dei contributi statali.
Il ministero scrive che “la legge concede ai privati di accedere all’organo deliberante (il cda, ndr) subordinandone però la permanenza negli anni successivi del quadriennio al versamento della stessa quota”. Insomma, Unicredit avrebbe pagato troppo poco per poter restare nel consiglio di amministrazione. Non che la cosa dispiaccia alla banca di piazza Cordusio, che già da tempo ha diminuito il proprio contributo a favore di varie realtà culturali.
E su Varvaro aggiunge che non sussiste “il potere-dovere del Comune di Palermo” di nominare direttamente un componente del cda in caso di privati che non ne abbiano nominato uno proprio, visto che lo Statuto prevede che il compito spetti all’assemblea dei soci. Una missiva, quella del ministero, che contraddice i revisori dei conti, espressione tra gli altri proprio dello stesso ministero, e che risponde a una nota inviata dal sindaco quattro giorni prima e di cui Orlando e Ornaghi avrebbero parlato in occasione della visita di quest’ultimo in Sicilia.
La lettera romana conclude, inoltre, dicendo che il cda risulterebbe così illegittimo nella sua composizione, il che potrebbe costituire uno dei motivi di possibile commissariamento. “Siamo di fronte ad un consiglio di amministrazione che per due anni ha deliberato con una composizione che il ministero giudica illegittima – ha tuonato Orlando – siamo di fronte ad una istituzione culturale che non riesce ad organizzare una programmazione estiva degna di questo nome e siamo di fronte ad una dirigenza che ancora pochi giorni fa ha assunto decisioni sulla cui legittimità è lecito dubitare e che hanno conseguenze pesanti sul bilancio e sull’organizzazione del lavoro”. Un attacco a tutto campo, arrivato dopo l’abbandono del cda da parte di Varvaro, revocato in autotutela dal sindaco, e la sospensione dei lavori che saranno così riaggiornati a breve.
“Nelle prossime ore e nei prossimi giorni – ha aggiunto Orlando – sarò in contatto con il ministro e i suoi uffici, cui chiediamo di esercitare il massimo di controllo per ricondurre a legalità l’attività del Teatro. Il cda non più composto in modo illegittimo si riunirà nei prossimi giorni per assumere alcune decisioni urgenti ed irrimandabili, a cominciare dal pagamento degli stipendi ai dipendenti”. Nessuna replica da parte dei componenti del cda e di Varvaro, che secondo alcuni adesso potrebbe anche ricorrere alle vie legali.