Caro Matteo Renzi,
Se vuoi sapere che cosa sia il tuo Pd in Sicilia – ora che torni per presentare il tuo libro, in un lungo weekend letterario – basta appena un dettaglio. Basta, cioè, lo scroscio del battimani che ha salutato, in direzione, la presenza di Rosario Crocetta al valzer volontario dell’addio. I tuoi, come sai, lo hanno sostenuto e, al tempo stesso, ne hanno preso di distanze. Lo hanno crocifisso e, al tempo stesso, hanno piazzato assessori, gabinettisti e uomini di apparato in giunta e nei suoi dintorni. Cronache impeccabili di una contraddizione.
Il Partito democratico della grande ipocrisia siciliana – con Saro nella condivisione del potere, contro Saro nella retorica della rampogna – ha aggiunto pure una terza faccia, perché davvero non c’è mai fine all’assenza di rossore: l’applauso al governatore che se ne va, finto nel riconoscimento dei suoi meriti, sincero nel respiro di sollievo che l’accompagnava.
Ecco perché, il tuo Pd, Caro Matteo, è destinato alla sconfitta per le prossime elezioni siciliane, a prescindere dalla pecetta del candidato civico di turno – una bravissima persona – che ha già assunto le sembianze bibliche del vitello sacrificale alla festa del trionfo altrui. Non per malanimo, né per complotti: il tuo Pd – quello che tu hai plasmato – perderà soprattutto per la doppiezza nuova che ha incardinato su un ceppo vecchio; perché ha preso in giro i siciliani (e non solo loro) con la chimera della rottamazione e della discontinuità, con la promessa di una trasparenza e di una coerenza mai praticate. Più che un partito, un friabile terreno di interessi comuni, esposto a raid, scalate e retromarce. Tremebondo al cospetto di Leoluca Orlando al punto di rinunciare al simbolo, ossequioso, quasi salivante nei confronti di Angelino Alfano, nell’illusione di racimolare lo zero virgola dei poltronisti di Ap. Il Pd? Meglio, PDI : il Partito Dell’Incoerenza.
A cominciare da te, Matteo. Avevi detto che non ti saresti curato delle regionali siciliane e invece hai tramato il gioco politico di suggestioni e rinunce che ha condotto al passo indietro di Crocetta. Ora, eccoti qua, a scandire le tappe di un tour in cui si chiacchiererà, verosimilmente, di candidature, alleanze scelte. Cosa opporrai a precisa domanda? Glisserai con un espediente o ti sentirai finalmente costretto a rispondere? E non ti sarai, allora, occupato di qualcosa che avevi promesso di tralasciare?
Ma già, tu eri quello che aveva giurato solennemente di ritirarsi a vita privata, in caso di sconfitta al referendum, indossando i panni dell’umile Cincinnato di riserva. Invece, rieccoti, rieccolo (così, con un tale soprannome, appellavano Amintore Fanfani, toscano proprio come te)
Guardalo ancora una volta – giacché sei di passaggio – questo tuo Pd siciliano, perché è uno degli specchi più netti del renzismo e del suo fallimento politico. Incapace di preparare una vera classe dirigente, capacissimo di imbarcare transfughi da ogni rotta, purché dotati di un pezzettino di consenso elettorale, inesistente sul territorio, balbettante nella proposta, quasi mai in grado di dare un segno di vita. Doveva essere il vessillo del cambiamento, è una ridotta di appetiti, facce consunte, mascherine di passaggio e notabili in cerca di un padrone. E’ il passato che arretra, fingendo di avanzare. E’ la consuetudine che premia la lealtà al capo, non il talento, mai la generosità.
Per questo colpisce l’onesto Fausto Raciti, segretario dei democratici siciliani, quando dice: “Noi dobbiamo opporci a un progetto di natura reazionaria”, con riferimento a Nello Musumeci. Ma cosa c’è di più reazionario del partito dei pugnali che si trasformano in applausi all’occorrenza? Cosa può essere più stantio di una promessa che nasconde la solita bugia?