L'ultima luna del bimbo sbarcato | Storie dalla 'frontiera siciliana' - Live Sicilia

L’ultima luna del bimbo sbarcato | Storie dalla ‘frontiera siciliana’

L'ultimo sbarco a Palermo. "Hanno sofferto cose terribili". E Salvini promette una 'sforbiciata'.

Il temibile “invasore” che mi guarda, appendendosi a una rete di protezione, forse vorrebbe una caramella. Ha due occhi tondi e neri e fondi, come in una canzone di Lucio Dalla che narrava della luna. E un sorriso bianchissimo. Sembra un bambino, soltanto un bellissimo bambino che gioca con il vento e con il suo giubbotto, sulla tolda della nave militare ‘Numancia’.

Molo Quattro Venti, porto di Palermo. Stamattina – una mattina che non è oggi – sbarcano seicento persone, ‘migranti’, come li chiamiamo. E siamo qui per raccontarlo.

Esistono domande drammatiche e ragionevoli sulle migrazioni, sulla storia e sul modo di governare ciò che nessuno arrestare potrà. Ed è buonsenso porsi il problema delle risorse da mettere insieme tra chi c’è e chi arriva. Esistono dubbi e riflessioni legittime su certe catene che conducono, passo dopo passo, i disperati nei luoghi di una speranza presunta. C’è un’emergenza in corso: è inutile negarlo, tra guerre vicine e lontane. Ma chi vorrebbe, soltanto e indiscriminatamente, respingere, dovrebbe accorrere quaggiù, e guardare con i suoi occhi le persone, niente altro che persone.

‘Migranti’ li chiamiamo, per brevità del titolo, accorciando, via via, un po’ di riconoscibilità umana, tagliuzzandola. Come se non ci fosse vita – nel perbenismo feroce a presidio dell’indifferenza – come se si trattasse di merce deperibile che può soffrire e affogare, purché l’orrore accada altrove.

Migranti. Eppure, questo bambino sembra solo un bambino. Non un trucco. Non un alieno. Non la porzione di un estraniamento. E’ un bambino. Soltanto un bambino.

E poi ci sono gli eroi, al porto di Palermo, spogliati dalla fanfara della retorica. Gente che viene qui con le mani, con il cuore, per raccogliere e soccorrere. Ci sono i medici dell’Asp, gli infermieri, le forze dell’ordine. C’è un dottore, col berrettino, che pare Napoleone sul campo di battaglia. Suda e non si ferma un attimo. Corre di qua e di là. Rincorre pure, sorregge, rincuora. E ci sono gli psicologi che ricompongono esistenze a pezzi con le suture della comprensione, ascoltando orrori e patimenti.

In un angolo, c’è Teresa che è qui con i ragazzi della Caritas per distribuire cibo e vestiario. E’ un po’ timida, concede poco ai taccuini. Ma è tutto quello che conta “E’ una delle prime volte per me. C’è bisogno di accoglierli come persone, di farli sentire ciò che sono: persone, appunto”. E c’è Nadia che coordina e spiega: “Cosa hanno in comune le donne, gli uomini e i bambini che sbarcano? Direi il grande dolore e la ferma speranza che si tengono insieme. Un miscuglio che leggi nei loro sguardi”. Un altro volontario in transito approfondisce: “Quando te li trovi davanti non è solo il corpo che curi, prendi il peso delle anime. Questi hanno sofferto cose terribili”.

Dalla scaletta, intanto, scendono, singolarmente e a gruppi sparuti. Chi accoglie ha coniato un curioso e poetico modo di dire: ‘il diritto allo svenimento’. Arrivano e svengono, non perché stiano male; perché si fidano e iniziano a stare bene.

Sbarcano, senza sosta. Sbarcheranno sempre. Ci sono giovanotti muscolosi che percorrono la breve strada fino alla tende del medico con baldanza. Una donna incinta viene confortata e adagiata su una sedia a rotelle, il compagno accenna un saluto. Lo psicologo si destreggia, tra respiri e macerie. Cosa accadrà in futuro a questa impalcatura solidale? Il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, è stato lampante, a lui la chiarezza non ha mai fatto difetto, del resto, annunciando una “sforbiciata”. Infine, commentando un suo venturo tour nell’Isola, ha aggiunto: “Sarò in Sicilia che è la nostra frontiera. Ci sono da migliorare accordi con Paesi da cui arrivano migliaia di disperati e non possiamo permetterci né per loro né per noi di continuare a mantenerne alcune centinaia di migliaia in Italia”. Si vedrà che forbici saranno e cosa taglieranno.

Qualcuno degli sbarcati, ora, fa il segno del pollice: tutto ok. Il dottore affronta la calura col suo indomito cappellino. Lui e i suoi colleghi sono ovunque, con una forza e una partecipazione che ti spingono a chiederti: come ci riescono? La ragazza della Caritas solleva due pacchi molto più grossi di lei. Ognuno ha sentimenti, storie e cocci da rimettere insieme; eppure sono tutti qui per i cocci, i sentimenti e le storie di altri. E qui, al molo Quattro Venti, bisognerebbe condurre per mano coloro che giudicano, senza sapere, senza incontrare, senza avere visto o vissuto.

E il piccolo uomo che, forse, voleva una caramella, che fine ha fatto? Eccolo, che sbuca piano piano dalla scaletta, accompagnato dal sole di Palermo, sotto l’ultima luna della sua paura: “Aveva occhi tondi e neri e fondi e non piangeva”. Sembra un bambino, niente altro che un bambino.

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