Maurizio Calà, Cgil: "Palermo è| una città sostanzialmente morta" - Live Sicilia

Maurizio Calà, Cgil: “Palermo è| una città sostanzialmente morta”

SPECIALE ELEZIONI COMUNALI
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Non usa mezzi termini Maurizio Calà, segretario provinciale della Cgil, per descrivere lo stato del capoluogo siciliano che la prossima primavera andrà alle elezioni. E individua alcuni grandi temi per la prossima campagna elettorale: il lavoro, i giovani, la solidarietà, le società partecipate e i servizi, sui quali chiede che i partiti si confrontino elaborando un programma e solo in un secondo momento scegliendo i candidati.

In questi ultimi giorni si sono fatti diversi nomi per la successione a Diego Cammarata. Cosa ne pensa?
“Non mi convince il metodo, perché dalle auto-candidature a quelle approssimative parliamo solo di persone e non delle problematiche di questa città. Si dovrebbe partire invece da un’idea, su di essa costruire delle coalizioni e sulla base del progetto scegliere i candidati, anche più di uno per parte. Le primarie secondo me sono utili sia a destra che a sinistra, sono un modo per coinvolgere i cittadini. Ma per il momento, si sta solo lavorando per i partiti”.

Quali sono gli argomenti che vorrebbe fossero al centro della campagna elettorale?
“Ce ne sono diversi. Il primo è il risanamento dei conti pubblici attraverso una riorganizzazione delle società partecipate che erogano i servizi per i cittadini. Questo è il tema più importante, il problema più grosso che il prossimo sindaco, indipendentemente da chi sia, si troverà ad affrontare. Non si possono non pagare gli stipendi ai lavoratori dell’Amia, dell’Amat o della Gesip ma al tempo stesso vanno riviste le tariffe e la qualità dei servizi. Affrontando il problema, si risanano i conti e si garantisce un miglior servizio alla città. Poi c’è lo stato sociale: Palermo ha spezzato ogni legame di solidarietà, c’è un abbandono totale delle persone in difficoltà, di chi è senza casa, degli anziani. Una cosa che va contro quella cultura solidale tipica di Palermo”.

Con l’uscita di scena di Cammarata, arriva il tempo dei bilanci. Che giudizio dà dell’amministrazione comunale?
“Di cose fatte bene ce ne sono molto poche, il sistema Cammarata non ha funzionato. Non c’è mai stato un rapporto sereno fra il consiglio comunale e la giunta e all’interno del consiglio comunale, ma neanche con le parti sociali. Solo riunioni sempre arrivate a un punto di inconsistenza. Questa città non ha bisogno di miracoli ma di impegno e lavoro, ci vuole un grande senso di responsabilità collettiva che metta insieme la politica, le parti sociali e l’amministrazione. A prescindere da chi governerà, con i tagli nazionali e regionali ci saranno dei problemi. Ci vuole senso delle istituzioni, non parlo di inciuci, ma di un lavoro comune per la città. Bisogna decidere insieme le questioni importanti, poi dopo ognuno rimane della sua opinione”.

Come si immagina Palermo fra dieci anni?
“Mi immagino una città risollevata sulla questione del lavoro, in cui la si smetta di giocare con la pubblica amministrazione per fare scambi elettorali, in cui si smetta di produrre precarietà e si inizi a ragionare sui grandi investimenti per l’industrializzazione della provincia. Una grande città non può vivere senza l’industria, bisogna riportare la ricchezza dell’economia, ci vuole una città più vicina ai giovani per dare speranza a chi ci vive. Al di là di chi la governa, Palermo ha grandi possibilità. Mi immagino sia una città europea, con la chiusura del centro storico e una sua valorizzazione. Alcune cose, per esempio, non costano ma non vengono fatte per l’ignavia della politica. Ci vogliono più lavoro e servizi. Palermo deve diventare una città più accogliente anche turisticamente, con infrastrutture fondamentali. Una città delle opportunità e non solo dei problemi e delle disgrazie”.

E invece cosa si potrebbe e dovrebbe fare nell’immediato?
“Bisogna far ripartire la città anche dal punto di vista del commercio, non si possono alzare sempre le tariffe, dobbiamo dare più soldi alle persone per far ripartire i consumi. Dobbiamo cercare di aumentare la possibilità di spesa delle persone aumentando le possibilità di lavoro. Poi vanno aiutati i giovani, questa è una città sostanzialmente morta, i giovani sperano nel piccolo precariato. La politica deve spiegare ai giovani che ci sono grandi possibilità per l’auto-imprenditorialità, incentivando la fantasia e la cultura dei giovani, non promettergli un precariato ventennale in cambio di voti. In questi anni i sindacati e le altre categorie produttive si sono messi insieme rivendicando alcuni diritti e contrastando certe iniziative come l’aumento della Tarsu, dell’acqua, dei biglietti dei bus, siamo di fronte a politica punitiva. Le cose non vanno e allora aumentiamo le tasse. Così si ottiene solo l’evasione, ci vuole un’idea di crescita e sviluppo che finora è mancata”.


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