Mauro, colpito da una bicicletta: il dramma di un palermitano

Mauro, colpito da una bicicletta: il dramma di un palermitano

Mauro Glorioso, le conseguenze che dovrà sopportare. Il coraggio dei genitori.

Un dramma che ha colpito una famiglia di persone buone e perbene. Un dolore inaspettato e tremendo. Questo c’è dietro la storia giudiziaria riportata dalle agenzie. Ci sono lacrime vere. È cominciata oggi a Torino davanti al tribunale per i minorenni l’udienza preliminare per tre dei cinque giovani indagati per il caso di Mauro Glorioso, il ventiquattrenne studente palermitano gravemente ferito, lo scorso 21 gennaio, dopo essere stato travolto da una bici elettrica scagliata da un’altezza di circa dieci metri sul lungopo dei Murazzi.

Il procedimento – come riporta l’Ansa – riguarda un ragazzo non ancora diciottenne, un altro di sedici anni e una ragazza di 17 anni. La procura contesta il tentato omicidio. Glorioso era in coda con altre persone in attesa di entrare in un locale. Dopo le prime incombenze procedurali è iniziato l’interrogatorio di uno dei tre giovani. In aula presenti i loro familiari e anche, come persona offesa, il padre di Glorioso, Giuseppe.

Mauro sta affrontando una terribile sfida che coinvolge la sua famiglia. Chi lo conosce parla benissimo di lui: un ragazzo sensibile e impegnato, cresciuto alla scuola di una mamma e un papà che sono al centro di una trama di affetto e solidarietà. Appena un mese fa, quei genitori distrutti, ma coraggiosi, hanno raccontato quello che stanno passando, nel corso di un appuntamento pubblico.

“Non smettete di fare il tifo per mio figlio”. Queste le parole di Stefania, la mamma, pronunciate, a Torino, in occasione delle celebrazioni alla festa dell’Arma dei carabinieri. Papà Giuseppe, visibilmente commosso, ha raccontato il risveglio dal coma di suo figlio e le sue domande: “Gli dissi che aveva avuto un incidente, dopo avermi chiesto se qualcuno era rimasto coinvolto e alla mia risposta ‘no’, si mise a piangere di felicità, perché mi disse, nessun altro era rimasto coinvolto. Questo è Mauro”.

“Mauro in questi 120 giorni in rianimazione ha lottato per la vita e continuerà a lottare per affrontare ogni giorno le conseguenze permanenti delle lesioni gravissime subite agli arti superiori ed inferiori – si legge in una lettera aperta dei genitori e dedicata ai ragazzi –  Il gesto violento e fatale dei 5 giovani arrestati, cui non è seguito pentimento alcuno, merita giustizia adeguata affinché nessun altro in futuro possa avere distrutta la vita così come è stato per Mauro”. (rp)

Aggiornamento

È stata rinviata al 7 settembre l’udienza preliminare per i tre minorenni accusati di tentato omicidio per il caso dello studente siciliano di 23 anni gravemente ferito dopo essere stato colpito da una bici lanciata ai Murazzi del Po. Il tribunale prima di decidere sulla richiesta di messa alla prova farà svolgere sugli imputati una approfondimento psicologico e psichiatrico. I tre sono stati interrogati, oggi, e a molte domande hanno risposto con dei ‘non ricordo’. Secondo il procuratore Emma Avezzù, che si è opposto all’ipotesi di procedere con la messa alla prova, sono rimasti “impassibili” e “non hanno raggiunto la consapevolezza di ciò che hanno fatto”.

“Se ci limitiamo a una pena detentiva – ha spiegato l’avvocato Michele Ianniello, che difende gli imputati con l’avvocato Domenico Peila – rischiamo di non risolvere la situazione di questi ragazzi. Serve un altro tipo di percorso, magari coinvolgendo una comunità”. Anche i legali di parte civile, Simona Grabbi e Alessandro Argento, si sono detti di parere contrario rispetto alla messa alla prova e, fra l’altro, hanno fatto riferimento a delle chat in cui i ragazzi, nei giorni successivi, si scambiano frasi come “speriamo che non arrivi madama (la polizia – ndr)” e “adesso non potrò più andare in centro”. Il padre dello studente ferito è intervenuto in aula e ha sottolineato che sebbene si aspettasse delle parole di scuse ha sentito soltanto dei “non ricordo”. I ragazzi, in carcere dallo scorso febbraio dopo essere stati fermati dai carabinieri, provengono da un quartiere periferico di Torino. Il papà di uno di loro, detenuto a sua volta, ha seguito l’udienza scortato dalla polizia penitenziaria. (ansa)


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