CATANIA- Nell’appartamento di lusso al Corso Italia, adibito a bisca clandestina, William Cerbo aveva fatto incidere le sue iniziali su una poltrona, identica a quella utilizzata da Al Pacino nel film Scarface. In una villa fuori città, aveva iniziato dalle scale, che dovevano essere uguali a quelle del boss Tony Montana. Gli amici e gli affiliati più stretti lo chiamavano semplicemente Willy, e lui, a bordo di Mercedes dragster da 200mila euro sfrecciava tra le vie del centro, entrando e uscendo dai locali della Catania bene, in mano ai “Carcagnusi” sino a quando non sono scattati i sigilli del Gico. Per dipanare la matassa di società, prestanome e affiliati che hanno fatto di William Cerbo un vero e proprio “Paperone” di Cosa Nostra, la finanza ha fatto 5 anni di indagini, confermando che il nucleo Tributaria etneo ha messo a punto un modello investigativo destinato a far scuola a livello nazionale. Per la prima volta in Italia, è stata contestata la bancarotta fraudolenta con l’aggravante di aver favorito la mafia. E la Procura guidata da Carmelo Zuccaro ha assestato il colpo di grazia.
IL RISPETTO – Vanitoso e rispettosissimo della madre, Letteria Di Paola, Willy rivendica l’appartenenza alla famiglia del boss “Nuccio” Mazzei, grazie al quale potevano occuparsi della discoteca e “uscire fuori con il petto gonfio”.
Cerbo confida ai fedelissimi di perdere il conto delle entrate provenienti da discoteche e sale da gioco sparse nella città”. Il trucco, che i finanzieri hanno portato alla luce, era intestare le attività a fidatissimi prestanome, che non avevano alcunché da perdere, arruolati e stipendiati dall’organizzazione .
Niente cicoria o ricotta, a Catania i Carcagnusi di Willy sognavano l’America, al suon di champagne e bella vita, tanto da gestire un patrimonio da 65milioni di euro. “L’ultima parola” sugli affari spettava sempre al “Padrino” Nuccio Mazzei, che ai tempi in cui scattarono gli arresti era uno dei latitanti più ricercati d’Italia, catanesissimo di San Cristoforo, figlio del boss Santo Mazzei e nuovo capo, per linea diretta di sangue, dell’organizzazione. Parliamo dell’ala stragista di Cosa nostra che vanta collegamenti diretti, attraverso componenti della famiglia Mazzei, con il mondo della politica. Collegamenti rivendicati pubblicamente durante comizi senza alcuna interferenza.
LA DISCOTECA – Quando gli affiliati tentano la scalata alla nota discoteca 69 Lune, o devono vendere uno stabilimento industriale del ragusano, ma anche per le importanti transazioni finanziarie, il sermone registrato dalle cimici è sempre lo stesso: “L’ultima parola spetta a Nuccio”.
Gli investigatori documentano che “l’acquisizione della discoteca va in porto” tanto che all’improvviso Letteria Di Paola, madre dello Scarface etneo, si ritrova proprietaria della società locataria dei locali da ballo.
Durante le serate organizzate, Willy e i suoi picciotti agganciavano imprenditori e organizzavano appuntamenti per portare a termine truffe di alto livello e operazioni finanziarie, anche a Milano.
Il gruppo mafioso, rappresentato da giovani in doppio petto con l’accento catanese, aveva dato vita ad una vera holding in grado di acquisire lo stabilimento di un colosso gelese del settore automobilistico, con i venditori premurosi nel mandare a salutare il “cugino” Nuccio Mazzei, mentre trattavano con William Cerbo.
INTERCETTAZIONI – Le cimici, mentre seguono la pista degli affari in corso, sorprendono Gaetano D’Antonio detto Calimero, dipinto dal pentito Gaetano D’Aquino come “portaborse” di Angelo Lombardo, fratello dell’ex presidente della Regione, mentre incontra Willy in discoteca e discute delle strategie per acquisire lo stabilimento ragusano.
Poco dopo lo Scarface chiama il Padrino: “Ciao fratellone, come siamo combinati, stasera siamo insieme?”. Secondo gli inquirenti, i picciotti facevano da apripista negli affari al boss avviando le trattative, poi, diceva Cerbo ai fedelissimi “Nuccio così glielo dice lui, è matematico che lo fa…gli spieghi qual è la parte commerciale e poi gli facciamo dire la parola da Nuccio”.
Il ritornello si ripete anche nel tentativo di acquisizione – non andato in porto – dell’hotel Capo dei Greci di Taormina, di cui Willy discute con un finanziere coinvolto nelle indagini.
La Guardia di Finanza punta la lente su un colosso dell’edilizia con capitale sociale da 6,4milioni di euro e sede a Milano. Questo troncone indagine è stato sviluppato grazie alla collaborazione con la Procura di Milano. Una delle sedi della società di costruzioni era a Catania e analizzando gli atti camerali, gli uomini della Guardia di Finanza hanno documentato che nel 2011, nel giro di poche ore, il capitale sociale è passato da 10mila euro a 6,4milioni di euro: pochi mesi dopo l’impresa si trasformava da Srl in società per azioni.
Alcuni dei soci avevano contatti diretti con William Cerbo. Le intercettazioni all’interno della bisca clandestina gestita dai Carcagnusi nel centralissimo Corso Italia, salotto buono della città, documentano che era stato individuato chi aveva il compito di “accollarsi” le eventuali problematiche giudiziarie dello “Scarface” catanese.
Attraverso la gestione di questa società, Cerbo commette truffe, acquisendo merce non pagata che veniva rivenduta, come una Bmw 335 da 60mila euro, a bordo della quale viene identificato in un posto di blocco suo fratello.
IL BANCOMAT – A conti fatti, è lo stesso Scarface a confermare, mentre fa i conteggi delle entrate, di guadagnare centomila euro netti al mese, ma di spenderne anche 50mila al giorno.
“Io il buongiorno -dice Willy intercettato- lo vedevo dall’Iphone, mi collegavo nella casella dell’email e vedevo la conferma d’ordine…positivo…conferma di 40mila, 50mila…al giorno ragazzi, minchia andavo la…facevo il direttore, timbravo, firmavo…casino…”. La migliore piazza per fare affari è Milano: “E’ una piazza troppo bella…avevo gli agganci giusti io”. Dopo un periodo di pausa, Willy vuole tornare nella capitale del Nord Italia, “io se ora come ora riorganizzassi a Milano…farei la stessa cosa che ho fatto l’anno scorso…perché ho i costruttori giusti che mi fanno bella pubblicità”.
Nonostante il capitale sociale di 6,5milioni di euro, Cerbo è stato accusato di aver provocato una passività da 1,5milioni che ha portato la società al fallimento “in assenza di una qualsiasi registrazione contabile -si legge nell’ordinanza di custodia cautelare- in pregiudizio dei creditori, essendo sufficiente, al riguardo, la sussistenza del dolo generico”.
GLI INVESTIMENTI – I Carcagnusi investono in ogni campo, dall’agricoltura all’edilizia. La bancarotta fraudolenta ipotizzata dagli investigatori riguarda anche la Agricola Reatina spa di Roma. La Finanza ha documentato che in un solo giorno il capitale sociale è passato da 400mila euro a 7,7milioni di euro interamente versati.
L’Spa romana aveva partecipazioni in colossi del settore tessile e in società che si occupavano della costruzione di strade, autostrade e aeroporti.
IL DRAGSTER – Willy è un tipo che non si accontenta: acquista una Mercedes Sls Amg, dragster da 200mila euro, e scorazza per tutta Italia. Nella rete finisce anche la società immobiliare Civico Otto di Aprilia, che nel 2008 aveva acquistato 24 appartamenti ad Anzio con la promessa di rivenderli alla Agricola Reatina, ritenuta riconducibile sempre a Cerbo: prezzo 3,3milioni di euro. Parlando con “Calimero”, Willy racconta che l’operazione era stata eseguita da una sua “testa di legno”. La liquidità non era stata difficile da reperire, e qui lo Scarface catanese si esibisce in una lezione di alta finanza. Altro che crisi: “Solo di un appartamento abbiamo speso 50mila euro! Poi gli altri soldi ce li siamo giocati con quella minchia di titoli là…l’unica cosa male di questi immobili è che ci possono salvare un poco il culo alla testa di legno che oggi o domani nel fallimento…”.
Ancora società immobiliari, Cerbo avrebbe controllato anche un’altra società di Catania, che sotto la sua gestione, attraverso prestanome, sposta la sede a da Roma alle falde dell’Etna. Il capitale sociale si decuplica in un giorno passando da 10 a 100mila euro: con questa società Willy acquista una Porsche Carrera 4 nuova di zecca e 60mila euro di legname mai pagati.
LA PUNIZIONE – Il rispetto prima di tutto. Le cimici nella discoteca Moon, eletta a quartier generale dove si intrecciavano bella vita e mafia, intercettano William con il fratello Francesco ed altri affiliati mentre discutono dell’assenso prestato dal boss Sebastiano Mazzei, all’ingresso nel mercato del pesce di Catania di un imprenditore gelese, grossista nel settore ittico del costretto a pagare 5mila euro al mese al clan.
I picciotti di William erano pronti a tutto per ottenere rispetto, “aprire come un melone”, un napoletano che aveva perso lo zio in un agguato camorristico e per questo era insolvente e “punire” un imprenditore di Avola colpevole di aver truffato un gruppo di “amici”.
I finanziari li intercettano mentre si preparano a riscuotere un credito da un privato, “gli do botte a lui e a sua moglie…forza andiamoci…andiamo a casa di questo”, e mentre ottengono l’autorizzazione da Mazzei per andare a “rompere la testa” al titolare di un ferramenta.
E poi di nuovo a bere champagne e a parlare di operazioni finanziarie, truffe e padrini. La scalata finanziaria di Cosa nostra.