E’ un urlo che non può e non deve passare inosservato. “Meglio essere mafiosi che pentiti”. Lo ha gridato stamani, davanti agli uffici giudiziari di Caltanissetta, Rosaria Scerra, 38 anni, moglie del collaboratore di giustizia Rosario Trubia, ex reggente di “Cosa Nostra” di Gela.
La donna era con i suoi quattro figli (Carmelinda, 21 anni; Pasquale, di 19; Antonino, di 14, e Maria Desiré di 11 mesi) e valige al seguito. “Non abbiamo più una vita, una casa – ha detto la donna esasperata ai cronisti – Siamo sballottati da un albergo all’altro, in giro per l’Italia, senza alcun preavviso e senza rispetto per le nostre esigenze”.
Poi con le lacrime agli occhi, ancora la protesta: “lo Stato non può trattarci così, non può negarci il diritto alla casa e a una vita normale”. “Stavamo meglio quanto mio marito faceva il mafioso” è l’amara conclusione del pensiero di Rosaria Scerra.
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