Qualche settimana fa le polemiche per l’allontanamento di alcuni deputati del M5S dal corteo organizzato a Cinisi in ricordo di Peppino Impastato, ora le tensioni nel fronte antimafia a causa della presenza di Matteo Salvini all’anniversario della strage di Capaci in cui per mano mafiosa persero la vita Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro.
Due fatti di segno opposto. A Cinisi esponenti di rilievo dell’antimafia vera, Giovanni Impastato, fratello di Peppino, e Umberto Santino, non hanno gradito l’intervento dei parlamentari grillini perché, hanno affermato, il M5S governa a Roma con Salvini; a Palermo un’altra esponente dell’antimafia vera, Maria Falcone, sorella di Giovanni, invita proprio Salvini. Nel primo caso viene invocata l’indispensabile chiarezza delle posizioni su lotta alla mafia, al fascismo e al razzismo in una fase in cui in determinate stanze del potere politico tale chiarezza non c’è, nel secondo si vuole sottolineare legittimamente il profilo anche istituzionale delle manifestazioni del 23 maggio, conseguentemente Salvini ci sarà in qualità di ministro dell’Interno e non di leader della Lega.
Il risultato, al di là dei luoghi commemorativi in cui Salvini deciderà di andare (conta poco ai fini della nostra riflessione) è comunque uno solo, l’ennesima lacerazione del tessuto sano della società siciliana, quella che desidera tenere viva la memoria e proseguire compatta nel difficile cammino del contrasto alla mafia, al racket, al pizzo e a ogni forma di collusione tra politica, burocrazia, economia, finanza e i mafiosi.
Dividerci è ciò che vogliamo? Non credo, tanto meno credo che lo vogliano Giovanni Impastato, Umberto Santino e Maria Falcone. Eppure le polemiche ci sono state e ci sono, in molti hanno criticato la scelta di allontanare i deputati pentastellati a Cinisi, altri hanno condiviso; in molti avevano già fatto sapere sapere che non sarebbero andati lì dove avrebbero potuto incontrare Salvini, auspicando addirittura un’iniziativa alternativa, altri comunque andranno.
Una cosa è vera, soprattutto dopo varie inchieste che hanno svelato l’esistenza di un’antimafia fasulla e in un frangente della storia del Paese in cui si ripropone prepotentemente la questione morale nei partiti e nelle istituzioni e si moltiplicano episodi di intolleranza, di manie xenofobe, di rigurgiti fascisti: occorre marcare confini netti e invalicabili. Occorre compiere atti immediatamente intellegibili, evitando ambiguità e distinguo che possono facilmente essere percepiti, nella migliore delle ipotesi, come una pericolosa sottovalutazione dei ricorrenti episodi corruttivi, dei fenomeni discriminatori dilaganti e della violenza proveniente da ambienti politici estremisti nostalgico-fascisti.
Però, non possiamo separarci nei momenti alti del ricordo dei nostri eroi normali trucidati da Cosa Nostra, non possiamo e non dobbiamo soprattutto guardando alle nuove generazioni. Qualche volta, allora, è necessario un passo indietro da parte di chi sta sotto i riflettori e porsi nei panni della gente che condivide principi e obiettivi in tema di legalità, democrazia e solidarietà, indipendentemente dalle appartenenze politiche. A Cinisi, forse bisognava considerare la sofferenza con cui numerosi elettori e simpatizzanti del M5S stanno vivendo l’alleanza con la Lega esattamente per i medesimi motivi lamentati da Impastato e Santino sentendosi rifiutati, mentre Maria Falcone in futuro potrebbe ragionare su una manifestazione di popolo, senza inviti formali a presidenti e ministri in un’epoca in cui rivestire ruoli istituzionali non sempre basta a colmare vuoti e differenze di sostanza riguardanti la dimensione etica della politica, l’autenticità della lotta alla mafia, valori costituzionali aggrediti e diritti fondamentali della persona messi in discussione.
Chissà cosa ne penserebbero Peppino Impastato, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, nel dubbio lasciamo gli eventi della memoria al riparo dalle divisioni trovando il modo più coerente per farlo. Saranno la coscienza e la storia personale di ognuno a giudicare sulla genuinità dei gesti partecipativi di esponenti politici e della cosiddetta società civile. Se la coscienza la possiamo addormentare la storia personale – cosa hai detto e fatto e con chi ti sei accompagnato – non la possiamo nascondere.