PALERMO – Una rete di finanziatori ha riempito di soldi Matteo Messina Denaro. Su di essi si concentrano le indagini della Direzione distrettuale antimafia .
Migliaia e migliaia di euro mai tracciati e finiti nelle casse del latitante. Consegnati presumibilmente in contanti dentro le borse, portate fin nel covo di vicolo San Vito. Il primo punto da capre è se i finanziatori fossero costretti a pagare, dunque vittime di estorsione, oppure hanno contribuito volontariamente ad arricchire il padrino corleonese.
Se così fosse allora bisogna capire quali interessi avessero in comune con il capomafia di Castelvetrano.
I finanziatori di Messina Denaro
Ci sono delle tracce precise che segnano la strada investigativa. Una cosa è certa: si parla di grosse somme di denaro, di cui i 15 mila euro al mese, annotati nel libro mastro trovato nel covo, spesi da Messina Denaro per la sua molto agiata quotidianità sarebbero una minima parte. Il giro di soldi è enorme.
Spalloni con le borse di soldi
Come arrivavano i soldi al latitante arrestato il 16 gennaio scorso (qui le foto del verbale di arresto) e dove li custodiva? Sul primo punto l’ipotesi è che degli spalloni portavano il denaro di persona al latitante o a qualche uomo di sua piena fiducia. Messina Denaro aveva a disposizione delle carte di credito appoggiate su alcuni correnti intestati alle persone che gli hanno prestato l’identità. Ma non è dalle banche che sarebbero transitati i soldi. Almeno non tutti.
Sul dove si ipotizza che da qualche parte sia nascosta una cassaforte da cui il capomafia attingeva abitualmente per le sue necessità. La Direzione distrettuale antimafia di Palermo si concentra innanzitutto sulla cerchia ristretta dei parenti di Messina Denaro. Da anni si parla della sua holding. Un reticolo di imprese, dal fotovoltaico alla commercializzazione delle olive.