Il giallo del materiale su Messina Denaro scomparso: nuovo capitolo

Il giallo del materiale su Messina Denaro sparito: nuovo capitolo

La Procura di Caltanissetta vuole archiviare il caso, un finanziere si oppone

PALERMO – La Procura di Caltanissetta chiede di archiviare il giallo della sparizione dei dispositivi elettronici con i file d’indagine sul latitante Matteo Messina Denaro denunciata da un finanziere. Il finanziere non ci sta e si è opposto. L’ultima parola spetta al giudice per le indagini preliminari.

La vicenda si arricchisce dunque di un nuovo capitolo. Nel gennaio 2021 fu la Procura di Palermo ad auto archiviare il caso, ritenendo che non fosse emersa “alcuna ipotesi di reato”. Il fascicolo conteneva la relazione di servizio di Carlo Pulici, finanziere che per anni ha lavorato fianco a fianco con il procuratore aggiunto Maria Teresa Principato che a Palermo coordinava le indagini sulle ricerche del latitante.

E fu nella stanza del magistrato che, così denunciò Pulici, sparirono “un computer portatile da 10 pollici” e “due pendrive da 1 giga ciascuna”. Dentro c’era “tutta l’attività di indagine espletata dall’ufficio”. Dichiarazioni di collaboratori, informative su Messina Denaro e sulla rete dei suoi possibili fiancheggiatori.

La vicenda si colloca all’interno di un contesto più ampio che ha visto Pulici venire fuori sempre assolto da una serie di vicissitudini giudiziarie. Nel corso di uno dei processi a suo carico era emersa la questione del pc e delle chiavette usb che Pulici non trovò nel suo ufficio quando, dopo essere stato allontanato dalla Procura di Palermo in seguito alle indagini che lo riguardavano, fu autorizzato a recuperare il materiale di sua proprietà.

L’indagine era stata archiviata dalla Procura con la formula degli atti non costituenti notizie di reato che non prevede la valutazione di un giudice per le indagini preliminari.

Il fascicolo, però, successivamente, riguardando un fatto avvenuto nella stanza di un magistrato in servizio a Palermo, fu giustamente trasferito per competenza a Caltanissetta. Il 10 febbraio scorso il pm Simona Russo ha chiesto l’archiviazione perché l’indagine, anche alla luce del tempo trascorso – i fatti sono del 2015 – “non ha permesso di accertare né l’effettiva commissione del reato, né di individuarne eventualmente l’autore, considerando che Pulici non ha fornito alcun elemento utile” e ha detto di “non nutrire sospetti sul conto di alcuno”.

Il caso, dunque, andrebbe chiuso “in assenza di elementi concreti ed idonei a ritenere sussistente quantomeno il fumus del reato di cui all’art. 323 codice penale”.

Pulici si è affidato all’avvocato Antonio Ingroia che si è opposto alla richiesta di archiviazione, ritenendo che la “sintetica motivazione” sia “evidentemente fondata su un totale fraintendimento della stessa denunzia”.

La prima stranezza rilevata da Ingroia riguarda l’articolo 323 e cioè l’abuso d’ufficio. Strano perché il reato denunciato è furto e non un eventuale abuso commesso da qualche magistrato.

Secondo punto dell’opposizione: la richiesta di archiviazione sarebbe inammissibile “in quanto il pm avrebbe dovuto iscrivere come persona offesa anche il magistrato Maria Teresa Principato, che certamente avrebbe dovuto essere sentita”.

Terzo punto: la scelta, che Ingroia definisce “davvero incomprensibile” della Procura di
Palermo, di “iscrivere la prima, originaria, segnalazione del furto da parte del Pulici nel registro delle ‘non-notizie di reato’, per poi archiviare senza svolgere alcuna indagine, e quindi senza informare né il gip di Palermo (trattandosi di archiviazione ‘amministrativa’ e non giurisdizionale), né la Procura di
Caltanissetta”. Una scelta che “di fatto, ha reso più difficili ma non impossibili le indagini”.

Ingroia denuncia “il mancato espletamento di atti di indagine finalizzati ad assicurare le fonti di
prova”. E richiama un ammonimento della Corte europea per i diritti dell’uomo, secondo cui “il semplice passare del tempo può nuocere all’inchiesta, ma anche compromettere definitivamente le possibilità che questa sia portata a termine”.

Ebbene, secondo Ingroia, “vi sono tutta una serie di attività investigative necessarie che, nel caso di specie, non sono state poste in essere, nonostante i fatti denunciati siano di rilevante gravità”. Come si è potuto non indagare sul furto nella stanza di un magistrato di atti investigativi che riguardano Messina denaro, il latitante che tutti cercano e nessuno riesce a trovare?

Ed ecco l’affondo dell’ex procuratore aggiunto di Palermo e oggi avvocato contro i suoi ex colleghi: “Nulla fa escludere che un approfondimento dell’indagine sul furto denunciato dal Pulici potrebbe aiutare a far luce sulle ragioni della mancata cattura negli anni del Messina Denaro”.

Sono pesanti le ombre sollevate da Ingroia che conclude scrivendo: “Rimane, dunque, piuttosto incomprensibile come la Procura della Repubblica di Palermo, prima, e quella di Caltanissetta, poi, non abbiano ritenuto il caso meritevole di approfondimenti investigativi per individuare i responsabili della sottrazione del prezioso materiale informatico-investigativo contenuto nel pc e nelle pen drive”.

In particolare Ingroia contesta che la Procura di Caltanissetta si sia limitata a sentire Pulici e propone ulteriori indagini. Chiede di sentire, oltre a Maria Teresa Principato, anche Francesco Petruzzella che all’epoca era il responsabile del settore informatico della Procura di Palermo, il colonnello della Finanza Francesco Mazzotta che si occupò delle indagini e l’assistente giudiziario Maria Grazia Palumbo.

L’opposizione alla richiesta di archiviazione è del 23 marzo scorso. L’ultima parola spetta al gip.


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