PALERMO – Nega di essere un mafioso. Il suo legale chiede l’assoluzione o, tutt’alpiù, la condanna per un reato meno grave. La Procura di Palermo ha chiesto 13 anni di carcere per l’operaio Andrea Benafede. Gli contesta l’ipotesi di associazione mafiosa. Secondo l’avvocato Tommaso De Lisi, il dipendente del comune di Campobello di Mazara è innocente. Ha aiutato “inconsapevolmente” Matteo Messina Denaro. Al massimo sarebbe contestabile il reato di “assistenza agli associati”.
Udienza dedicata alla difesa al processo con il manutentore del Comune di Campobello di Mazara. L’amministrazione municipale si è costituita parte civile, così come quella di Castelvetrano e l’associazione Antonino Caponnetto. Escluse le associazioni Codici Sicilia e Codici Onlus.
Secondo l’accusa, Bonafede non sarebbe stato un semplice favoreggiatore ma una pedina fondamentale dello scacchiere del capomafia per gestire la latitanza. In particolare, si occupava di ritirare dal medico Alfonso Tumbarello le ricette mediche servite per i ricoveri del latitante. Il 3 novembre 2020 Messina Denaro ha saputo di essere malato di tumore. All’indomani Bonafede ha attivato una sim card e l’ha inserita in un vecchio cellulare in passato usato dalla suocera e dalla madre. Da allora il suo percorso sanitario ha avuto un’accelerazione. Tutto ciò sarebbe avvenuto senza che l’operaio si accorgesse di nulla. Come se lo avessero raggirato. Una tesi smentita dalla Procura.
I carabinieri del Ros hanno mappato il telefonino che il 5 novembre ha agganciato la cella in cui ricade l’ospedale di Mazara del Vallo. Stessa cosa è avvenuta con la scheda del telefono in uso a Bonafede. Il 6 novembre i due cellulari sono risultati ancora una volta posizionati uno accanto all’altro. È il giorno in cui Andrea Bonafede, cugino omonimo dell’operaio, colui che ha prestato l’identità al latitante, ha fatto accesso in ospedale per una visita. In realtà si trattava di Messina Denaro.