Mafia, affari e potere: asse Palermo, Messina e Catania - Live Sicilia

Mafia, affari e potere: asse Palermo, Messina e Catania

Se la provincia peloritana diventa un crocevia d'interessi criminali.
DIREZIONE ANTIMAFIA
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MESSINA – Centootto comuni, una superficie di oltre 3 mila chilometri quadrati che si affaccia su entrambe le province metropolitane dell’Isola, confinando pure con la vicina Calabria. Per questo Messina, secondo la relazione della Dia depositata in Parlamento – e relativa al secondo semestre del 2021 – si conferma zona d’influenza dei clan mafiosi di Palermo e Catania e delle ‘ndrine calabresi. “Posta al centro delle aree di interesse di cosa nostra palermitana e catanese, nonché della ‘ndrangheta, la mafia messinese acquisisce a secondo della contiguità territoriale l’influenza dell’una o dell’altra organizzazione criminale – scrive la Dia -. Ne consegue che i gruppi mafiosi “barcellonesi” e quelli dell’area “nebroidea” attivi nella zona al confine con la provincia di Palermo hanno strutture organizzative e modus operandi analoghi a quelli di cosa nostra palermitana. In tale ottica appaiono plausibili le ingerenze delle consorterie catanesi nelle aree di confine tra le province, nonché nel Capoluogo. Riscontrati da pregresse attività investigative i rapporti delle organizzazioni criminali messinesi con le vicine cosche calabresi sono finalizzati per lo più alla gestione del traffico di stupefacenti”. 

A questo punto però la Dia aggiunge un passaggio, emerso dalle inchieste, che è a dir poco inquietante: esponenti della ‘ndrangheta potrebbero aver deciso di investire in attività legali nel Messinese. I rapporti tra i clan messinesi e le ‘ndrine, si legge nella relazione, non si esclude che “possano evolversi anche verso l’adozione di una strategia diretta al reimpiego degli ingenti capitali provenienti dai traffici illeciti verso attività imprenditoriali più remunerative presenti nella provincia quali quelle del settore turistico in una fase economica in cui molte attività imprenditoriali, nel tentativo di risollevarsi dalle difficoltà provocate dalla recente pandemia, sono in evidente difficoltà e tendenzialmente disposte a cedere asset aziendali a valori anche inferiori a quelli di mercato”. 

“In tale contesto criminale, in cui si manifestano continue interazioni tra sodalizi vige una sorta di tacita tolleranza finalizzata alla vicendevole convenienza, alla soluzione di problematiche comuni e alla riduzione o alla completa rinuncia a cruenti azioni criminali che polarizzerebbero inevitabilmente l’interesse istituzionale e mediatico. Inoltre si evidenzia la capacità di alcune organizzazioni mafiose messinesi di espandersi in altre province confinanti dove hanno esportato una specifica competenza nell’acquisizione illecita di finanziamenti pubblici destinati al settore agro-pastorale. Tale aspetto unitamente alla gestione del gioco d’azzardo, sottolinea l’evoluzione di alcune consorterie messinesi capaci di affiancare ai reati tipici dell’associazione mafiosa abilità imprenditoriali nella gestione di attività criminali più remunerative e meno esposte al rischio di contrasto da parte delle forze di polizia”. Uno dei territori d’ingerenza della malavita messinese, senza dubbio, è la zona nord della provincia di Enna.

I principali gruppi criminali nella zona nord del Messinese: dai “Barcellonesi” ai “Mazzarroti”, ai “Batanesi”

Nel secondo semestre del 2021, secondo la Dia, la ripartizione delle aree di influenza dei gruppi messinesi sarebbe sostanzialmente invariata. 

“Nella parte settentrionale della provincia opera la cosiddetta “famiglia barcellonese”, comprendente i gruppi dei “Barcellonesi”, dei “Mazzarroti”, di “Milazzo” e di “Terme Vigliatore” che nel periodo di riferimento è stata interessata dalla confisca di beni per oltre 8 milioni di Euro. Nel territorio dei Monti Nebrodi risultano attivi i sodalizi dei “tortoriciani”, dei “batanesi” e dei “brontesi”, nei confronti dei quali talune investigazioni hanno evidenziato l’accaparramento dei terreni agrari e pascolivi per beneficiare di fondi comunitari destinati allo sviluppo delle zone rurali”. 

“Nell’ottobre 2021 un esponente di assoluto rilievo dei “batanesi” è stato colpito da un sequestro beni, per un valore complessivo di circa 200 mila euro. Nella “zona nebroidea” risulta presente anche la famiglia di Mistretta ritenuta legata al mandamento palermitano di San Mauro Castelverde la quale influenza l’area confinante con la provincia di Palermo ed Enna. La “fascia jonica” che si estende dalla periferia sud di Messina fino al confine con la provincia di Catania costituirebbe area di influenza delle organizzazioni mafiose etnee in quanto fondamentale area di spaccio e potenziale bacino di reinvestimento di capitali di provenienza illecita”.  

I barcellonesi e la droga: “a domicilio” o sui “social network”

Nella “fascia tirrenica” della provincia, in cui viene ritenuta egemone la famiglia dei “barcellonesi”, il business principale per le organizzazioni criminali sarebbe il traffico di stupefacenti. Nel secondo semestre 2021, “l’indagine “Drug Express”, ha consentito di disarticolare un gruppo criminale capeggiato da un tunisino con base a Milazzo ma con ramificazioni anche a Roma dedito alla gestione del traffico e dello spaccio di cocaina e crack. Una peculiarità dell’attività illecita era la consegna a domicilio della sostanza stupefacente. L’approvvigionamento avveniva anche attraverso un canale romano che trasferiva la droga ai messinesi mediante il sistema delle spedizioni. L’indagine a conferma della caratura criminale dell’associazione ha disvelato anche l’esistenza di un progetto criminoso volto ad attuare un attentato contro la caserma e gli automezzi della Guardia di Finanza di Milazzo e finanche a progettare una vendetta ai danni di un militare che aveva sottoposto taluni degli indagati ad un controllo su strada”. E, ancora, l’indagine “Lock Drugs”, conclusa dai Carabinieri il 22 luglio 2021, ha invece “riguardato una fiorente attività di spaccio di marijuana e cocaina nell’area di Barcellona Pozzo di Gotto realizzata da soggetti giovanissimi attraverso l’utilizzo di social network, ritenuti meno vulnerabili sotto il profilo del monitoraggio investigativo”. 

Cosa Nostra e la spartizione delle zone nel capoluogo messinese

Nel capoluogo si registrerebbe l’operatività di una “cellula” di Cosa Nostra catanese riconducibile ai Romeo-Santapaola, capace di coesistere con altri clan orientanti prevalentemente nel traffico di stupefacenti e nella gestione di scommesse clandestine; mentre nella zona sud, in particolare nel quartiere “Santa Lucia sopra Contesse”, risulterebbe egemone il clan Spartà. “Si tratta di un gruppo criminale di indole sanguinaria – scrive la Dia – come dimostrano gli esiti di un’attività investigativa che nello scorso semestre ha consentito di disarticolare una consorteria criminale contigua al citato clan, operante nel capoluogo peloritano, in quello etneo e con propaggini a Roma e a Pescara dedita alla commercializzazione di elevati quantitativi di sostanze stupefacenti. L’indagine oltre ad aver represso un lucroso traffico di droga sull’asse Roma-Pescara-Messina ha evidenziato la capacità del clan Spartà di interagire con altri sodalizi criminali mantenendo un consolidato e stabile collegamento criminale con un clan pescarese ed esponenti contigui ai Santapaola-Ercolano di Catania. In tale contesto criminale, inoltre, il 2 luglio 2021 nell’ambito dell’indagine denominata “Know Down”, scaturita a seguito di un’aggressione originata da debiti pregressi legati al traffico di droga è stato eseguito un provvedimento restrittivo nei confronti di 11 soggetti ritenuti responsabili di associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, rapina, estorsione, lesioni personali aggravate e furto aggravato. L’inchiesta ha rivelato l’esistenza di un’associazione criminale operante nel rione di Santa Lucia sopra Contesse dedita e specializzata nella gestione di un traffico di droga (per lo più cocaina, marijuana) destinata ad essere immessa sul mercato messinese. Il traffico di stupefacenti  appare dunque il comune denominatore per la convivenza tra gruppi criminali peloritani e quelli di altre province”. 

Nel quartiere “Provinciale” comanda il clan Lo Duca. Ecco gli altri clan del centro

Nel centro di Messina, il quartiere “Provinciale” sarebbe appannaggio del clan Lo Duca, attivo nel cosiddetto fenomeno della “messa a posto” e nel traffico di stupefacenti. Dall’operazione “Provinciale” è emersa l’esistenza di un’associazione di tipo mafioso composta da “…tre gruppi associativi stanziati in diverse parti centrali della città che cooperano tra loro, invece di fronteggiarsi, secondo un patto tacito di pace reciproca: un gruppo, facente capo a …omissis…, è stanziato nel territorio di Provinciale, un altro gruppo, facente capo a …omissis…, coesiste nel territorio di Provinciale (e, in particolare, nel rione denominato “Fondo Pugliatti”, ndr), e un terzo gruppo, facente capo a …omissis…, opera nella zona di Maregrosso.”. L’inchiesta che ha coinvolto numerosi affiliati se da un lato ha confermato la presenza “dominante” del clan Lo Duca nel quartiere “Provinciale”, grazie al controllo del traffico di sostanze stupefacenti proveniente da Reggio Calabria e delle estorsioni, dall’altro ha appurato la presenza nella zona delle altre consorterie “. 

“Sempre nel centro cittadino, nel rione “Camaro” pur in assenza di evidenze investigative opererebbe il clan Ventura-Ferrante; nel rione “Mangialupi” risulterebbe operativo l’omonimo clan rappresentato da storiche famiglie e attivo come emerso da pregresse attività investigative soprattutto nel traffico di stupefacenti, per l’approvvigionamento dei quali si relaziona con i vicini clan calabresi”. Altro clan attivo nella zona centrale in particolare nel rione “Gravitelli” sarebbe quello riconducibile ai Mancuso, sebbene nel semestre non sono registrati coinvolgimenti di propri affiliati in attività investigative. 

“Nel quadrante settentrionale della città segnatamente nel rione “Giostra” risulta radicato il clan Galli-Tibia, avvezzo all’illecita organizzazione di corse clandestine di cavalli, nonché al narcotraffico perpetrato in collaborazione con consorterie catanesi e calabresi, come dimostrato dalle operazioni “Festa in maschera” e “Scipione”. Quello di “Giostra” è un contesto criminale particolarmente delicato in cui in passato si sono registrati violenti episodi delittuosi ed in continua evoluzione”. 

I tentativi di infiltrazione in politica e il contrasto dei patrimoni illeciti

Permane costante, secondo la Dia, la volontà delle organizzazioni criminali di “infiltrare o condizionare l’attività politico-amministrativa degli Enti territoriali del messinese”. “Attività delittuose queste che spesso conducono allo scioglimento degli Enti amministrativi per accertate infiltrazioni mafiose, come del resto avvenuto per il Comune di Tortorici, in virtù degli esiti dell’indagine “Nebrodi”. L’indagine “Chair”, conclusa nel giugno 2021 dalla DIA di Messina, ha fatto emergere ripetuti episodi di corruzione elettorale e di estorsione aggravata dal metodo mafioso registrati nel corso delle elezioni del 2017 per il rinnovo dell’Assemblea Regionale Siciliana che ha coinvolto anche alcuni messinesi. Altro fenomeno endemico, sebbene non sempre riconducibile alle affermate compagini criminali, risulta quello degli episodi corruttivi posti in essere da spregiudicati imprenditori e pubblici funzionari che perseguono il facile arricchimento derivante dall’aggiudicazione di pubblici appalti”. 

Nel secondo semestre del 2021 sono stati compiuti due decreti di sequestro e due di confisca di beni, a seguito di indagini della Dia. “L’11 ottobre 2021 è stato confiscato il patrimonio, pari a circa 8 mln di euro, di un imprenditore ritenuto contiguo al gruppo dei “barcellonesi” e condannato nell’ambito del procedimento “Gotha7” per estorsione aggravata dall’aver agevolato l’attività della predetta associazione mafiosa”. La Dia poi ricorda che “il 12 novembre 2021 sono stati sottoposti a sequestro compendi aziendali e quote sociali di 3 imprese operanti nel settore edile e della commercializzazione di vetture, immobili, beni mobili registrati e rapporti finanziari per un valore complessivo stimato in circa 2 mln di euro, riconducibili ad un imprenditore già attinto da un pregresso procedimento di prevenzione personale e patrimoniale poiché ritenuto contiguo alla famiglia mafiosa di Mistretta”; e il 25 novembre è stata eseguita la confisca di due unità immobiliari nella disponibilità di un partecipe della consorteria operante nel rione Giostra”. 


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