PALERMO – Meteore e intoccabili. Vittime sacrificali o miracolosamente ripescate. La storia di questa metà legislatura è anche e soprattutto una storia di donne. Le donne di Rosario Crocetta. E in un certo senso, seguendo il filo che lega Enza Cilia e Mariella Lo Bello, si può ricostruire una storia di spot e ripensamenti, di rivoluzioni tentate e fallite, e soprattutto un tourbillon degno di un gran ballo in maschera. Un caos.
La sua nomina fu accompagnata da una certa suspence. Chi avrebbe scelto, il governatore della rivoluzione appena eletto, come suo più fedele collaboratore? Come suo capo di gabinetto? La scelta cadde su un nome che diceva molto nella Sicilia orientale, un po’ meno a Palermo. Enza Cilia aveva guidato, fino a pochi mesi prima, il museo di Gela. Donna colta, dai modi raffinati, resisterà non molto al logorìo della vita di governo. Qualche mese, infatti, e verrà già sostituita. Anzi, verrà temporaneamente “prestata” all’allora ex assessore ai Beni culturali Antonino Zichichi, almeno fino alla cacciata dello scienziato e conseguentemente al turn over degli uffici di gabinetto.
In quell’assessorato arriverà un nome a sorpresa. La storia di Michela Stancheris, da segretaria particolare ad assessore, finirà per essere la rappresentazione speculare di altre due vicende. Quelle che coinvolgeranno Mariella Lo Bello e Nelli Scilabra. Da assessore a segretaria, in entrambi i casi. Con una – non irrilevante – differenza. La Lo Bello è tornata a fare l’assessore. Non solo. Oggi ricopre il ruolo di vicepresidente della Regione e in molte occasioni ormai sostituisce proprio il governatore. Nelli no. Sembrava “intoccabile”, la studentessa piazzata proprio lì, al vertice dell’assessorato Formazione. E invece ha finito per recitare il ruolo di vittima sacrificale di quei vecchi modi di fare politica che non dovrebbero appartenere all’era della rivoluzione. Lei, dal canto suo, si è accontentata di uno strapuntino al fianco del presidente. Da assessore a segretaria, appunto. Una Stancheris contromano.
A metà strada tra l’intoccabile e la vittima, insomma, Nelli Scilabra ha finito per recitare il ruolo della ripescata. Ma un ripescaggio al ribasso, a guardar bene. Assai meglio, infatti, è andata a quella che aveva ricoperto il ruolo di grande nemica, nei giorni roventi del “click day”. Anna Rosa Corsello fu inizialmente “cacciata” sia dal dipartimento Formazione, sia da quello del Lavoro. Si era rotto il rapporto di fiducia con Nelli Scilabra, ma anche col renziano Giuseppe Bruno. Il tempo di far calmare le acque, e di mettere alla porta della giunta proprio Scilabra e Bruno, ed ecco Anna Rosa Corsello riabbracciata dal governatore “che ama il perdono”. Così spiegò Crocetta il reintegro della dirigente, fissando, però, ovviamente dei paletti: “Non si occuperà più di Formazione”. Un bluff col retrogusto amaro della presa in giro. Visto che il dipartimento oggi guidato (nuovamente) dalla Corsello (quello del Lavoro) gestisce ad esempio tutti i corsi della Garanzia giovani. Gli unici che attualmente possono contare su fondi più o meno “reali”. Una falsa vittima Anna Rosa Corsello. Non certo come Mariarita Sgarlata, “crocefissa”, per ragioni aretuseo-elettorali, ai bordi di una piscina che si scoprirà solo dopo la cacciata dalla giunta, non essere abusiva.
Ma Anna Rosa Corsello, nonostante la “finta” del governatore, è una “intoccabile”. Così come lo è la burocrate a lei più vicina. Patrizia Monterosso, per il governatore, è una specie di tabù. Ogni riferimento al Segretario generale ha suscitato veementi reazioni nel governatore. Anche a Sala d’Ercole, ad esempio, quando il Movimento cinque stelle ricordò al presidente la condanna inflitta già in primo grado alla burocrate esterna per vicende legate alla Formazione. Danno all’erario, di oltre un milione. “Una multa potrebbe arrivare anche a voi”, replicò il presidente. Scatenando l’ira del presidente della sezione giurisdizionale della Corte dei conti, Luciana Savagnone , ad esempio: “Come può un presidente della Regione sottovalutare una sentenza di quel tipo?” disse in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario.
Tra le intoccabili invece figurano gli unici assessori mai alzatisi dalla poltrona in giunta. Linda Vancheri rappresenta nel governo il legame, via via sempre più sfilacciato, con la Confindustria siciliana. Una postazione, quella, che l’associazione degli industriali ha continuato a occupare – caso quantomeno insolito – quasi senza soluzione di continuità, nonostante nel frattempo fosse cambiato persino il governatore. Lucia Borsellino, invece, è qualcosa di più. E sarebbe ipocrita, al di là di ogni giudizio di merito sull’operato dell’assessore alla Salute, ignorare quanto, per un governatore che ha fatto dell’antimafia urlata dal megafono il proprio mantra, abbia pesato quel cognome.
Ma la storia delle donne di Saro è anche una storia di “meteore”. A conferma della confusione politico-amministrativa che ha accompagnato questa prima metà legislatura. Di Enza Cilia abbiamo già detto. Pochi mesi, invece, è durata l’avventura di Marcella Castronovo alla Funzione pubblica. Le motivazioni? Sembra che siano un frullato di fatti personali, politici ed economici.
Perché da un certo punto in poi, invece, il presidente avesse accantonato Valeria Grasso, piazzata alla guida della Fondazione orchestra sinfonica per meriti “antimafia” (lei stessa ammise di non essere un’esperta di musica), è un mistero anche per la diretta interessata. Che durò poco, pochissimo. Ma sempre un po’ di più di Francesca Basilico D’Amelio. In pochi la ricordano, ma fu lei il primo assessore all’Economia della giunta Crocetta. Ma a poche ore dalla nomina, decise di rassegnare le dimissioni. Non poteva essere a Palermo prima di due mesi. Ma Crocetta aveva fretta di avviare la sua rivoluzione.