“Non è l’Ars degli scialacquatori | Resto alla guida di Forza Italia” - Live Sicilia

“Non è l’Ars degli scialacquatori | Resto alla guida di Forza Italia”

Il presidente: “Anche la Corte dei conti mi ha fatto i complimenti. Il partito? Berlusconi è stato chiaro. Aprirei a tutti, tranne al M5s".

L’INTERVISTA A MICCICHÈ
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8 min di lettura

“Questo non è il Palazzo degli scialacquatori. In un anno abbiamo risparmiato oltre 4 milioni di euro. E anche la Corte dei conti si è complimentata con me”. Gianfranco Micciché ha incassato, pochi giorni fa, le parole al miele del presidente delle Sezioni riunite Maurizio Graffeo che in apertura del giudizio di parifica sul rendiconto della Regione ha messo in luce le cose buone fatte dalla prima istituzione di Palazzo Reale…

“… e io mi sono permesso di inviare questa relazione a padre Cosimo Scordato…”.

Il prete che l’aveva criticata per la vicenda dei tetti agli stipendi dei dipendenti dell’Ars.

“Esatto. Adesso mi aspetto che prenda atto di queste parole e voglia quantomeno ammettere i progressi, veri, che abbiamo compiuto. A me basta che lo dica. Può anche, se vuole, assumersene il merito”.

Alla fine, comunque, in un modo o nell’altro però quei tetti sono tornati. 

“E la Corte dei conti lo ha sottolineato, così come ha messo in luce l’ottimo lavoro sulla vicenda dei cosiddetti ‘portaborse’ che abbiamo chiarito dopo tanti anni. Senza contare i tagli enormi alla spesa e l’opera di razionalizzazione. Quattro milioni di euro in meno richiesti alla Regione, questo è il vero dato”.

Magari è stato facilitato dal fatto che nel frattempo il numero dei deputati è sceso da 90 a 70…

“Solo per una piccola parte. Consideri che quella riduzione ha portato a un risparmio, in termini di indennità, di circa 1,2 milioni di euro. Nel frattempo, però, alcuni di questi deputati riceveranno la pensione che è sempre a carico dell’Ars. Il grosso dei risparmi lo abbiamo ottenuto con altri tagli”.

Di quali tagli parla? Quali risparmi?

“Solo con la reintroduzione dei tetti risparmieremo circa 260 mila euro in un anno. E voglio precisare che in questo caso sono stati i dipendenti, di fatto, ad auto-ridursi lo stipendio, visto che nessuna legge obbligava a farlo. E li ringrazio. Ma lo sa qual è l’aspetto più divertente? Siccome quella dei tetti agli stipendi era, per legge, una soluzione una tantum che non poteva essere replicata, questi risparmi non andranno all’Erario, ma resteranno qui in Assemblea”.

Per cosa verranno utilizzati, allora?

“Anche sull’utilizzo ci sarebbe molto da dire. Io ho istituito, con parte di quei soldi, un Fondo per le povertà da 100 mila euro. Peccato che nessuno sia venuto a chiedere quei finanziamenti, tranne la Missione di Biagio Conte che ha presentato una richiesta un po’ generica. A dire il vero, ho anche chiesto ai deputati di contribuire a loro volta, con 1.400 euro a testa, in modo da rimpinguare il fondo con altri 100 mila euro. Ma mi hanno risposto, diciamo così, in pochi”.

In pochi? Quanti?

“A parte me, gli altri si contano sulle dita di una mano. Ma tornerò presto a chiedere il loro contributo”.

Eppure, nei mesi scorsi le polemiche non sono mancate, anche a livello nazionale. Non crede, magari, di averci messo del suo, con alcune dichiarazioni su tetti e tagli fatte proprio nel giorno della sua elezione a presidente? Insomma, le direbbe nuovamente quelle cose?

“Se avessi la certezza che le mie parole venissero interpretate dalla stampa in maniera corretta, certo che le direi ancora. Io non ho mai detto, infatti, che non avrei tagliato sprechi o fatto risparmiare l’Assemblea, ho solo detto, e lo ripeto, che sui tetti agli stipendi non c’era alcuna legge che ci obbligava a reintrodurli. Ho detto, insomma, che quei tagli io non potevo imporli. È stato, da parte dei dipendenti, un atto di generosità. Ma le dico di più”.

Prego…

“Continuo a pensare che con questa logica dei tagli, finiremo per creare la peggiore classe dirigente di sempre. Chiunque possegga delle qualità e ambisca a guadagnare bene ricoprendo posti di responsabilità, andrà via dalla Sicilia. E qui resteranno i meno preparati, i più scarsi”.

Sistemata la questione degli stipendi, eccone all’orizzonte un’altra: a Roma hanno ‘cancellato’ i vitalizi. Verrà fatto lo stesso in Sicilia?

“C’è una proposta dell’onorevole Cancelleri che porterò mercoledì al Consiglio di presidenza. A quel punto l’Assemblea potrà esprimersi. Nel frattempo gli uffici stanno anche verificando la costituzionalità di questa proposta. Ma il tema ovviamente non è solo di natura formale”.

Vale a dire?

“L’idea di Cancelleri prevede il taglio di almeno il 50 per cento del vitalizio, ma non scendendo sotto la cifra di 1.200 euro. Per la cronaca, quella è proprio la cifra che per l’Istat rappresenta la soglia di povertà. Si tratta, è bene che si sappia, di un provvedimento che potrebbe coinvolgere non più di una cinquantina di persone. Che finirebbero per essere puniti solo per aver fatto politica”.

Ma in qualche caso il vitalizio è piuttosto incomprensibile, anche per l’entità stessa dell’assegno.

“Vede, in realtà c’è qualche caso soltanto di vitalizio, diciamo così, ‘ricco’. Ma stiamo parlando pur sempre di 4.500 euro lordi. Alla fine, insomma, avremmo anche dei risparmi ridicoli. Cancelleri parla di 4 milioni in tutta la legislatura, cifra che mi pare esagerata. Ma comunque, noi quegli stessi 4 milioni li abbiamo già risparmiati in un anno. E poi torna la stessa questione dei risparmi dei tetti agli stipendi”.

In che senso?

“Nel senso che, comunque, quei soldi non tornerebbero allo Stato, ma rimarrebbero in Assemblea. Potremo, al massimo, creare un nuovo Fondo. Lo chiamerò, eventualmente, il “Fondo cattiveria”, visto che il Movimento cinque stelle ha deciso di prendersela col passato. Del resto, visto che dal 2011 non esistono più i vitalizi in Sicilia, ai grillini non è rimasto che questo”.

Torniamo al giudizio di parifica, oltre ai complimenti, dalla Corte dei conti sono giunti dei suggerimenti e anche qualche allarme. In particolare, il tema della ‘bollinatura’ degli emendamenti e quello della produttività dell’Assemblea regionale.

“Quello della certificazione delle proposte di spesa è una esigenza che condivido pienamente. È necessario che queste proposte ricevano una specie di ‘bollino’ dalla Ragioneria generale della Regione, in modo che all’Ars e a me in quanto presidente sia consentito di ritenere inammissibili quelle che non ricevono il ‘nulla osta’ dalla Regione stessa perché, magari, non hanno la necessaria copertura finanziaria. Del resto, l’esigenza è ancora più forte da quando i pensionamenti del 2014 hanno ridotto di molto la dotazione organica dell’Assemblea indebolendo gli uffici dell’Ars. Anche per questo motivo, come ho annunciato, riapriremo ai concorsi”.

C’è sempre l’altra questione: l’Ars lavora poco, si riunisce poche volte, produce pochissimo.

“L’Assemblea è composta da una maggioranza e da una opposizione. Che attendono, innanzitutto, le proposte del governo”.

È mancata, insomma, l’attività della giunta?

“Non ho detto questo. Da quando ci siamo insediati abbiamo dovuto far fronte a una scadenza dopo l’altra: l’esercizio provvisorio, la Finanziaria, adesso l’assestamento. Quando ad esempio, però, ci siamo accorti che non c’erano in corso iniziative del governo, abbiamo lavorato ad altri disegni di legge. Dipende, insomma, anche dal ritmo dell’esecutivo”.

Come lo giudica questo ritmo? Lento? Veloce? Condizionato dagli eventi?

“Se guardiamo il programma elettorale può sembrare magari un po’ lento. Ma io conosco l’iter dei provvedimenti e so che per certe cose serve tempo. Certo, se il governo porterà all’Ars l’assestamento in una settimana, non potrò che essere soddisfatto. Se invece il provvedimento arriva tra un mese, cambia tutto. Resta il fatto che non è poi così importante la velocità di un governo, quanto l’efficacia. E questa la giudicheranno i cittadini”.

Resta però un problema irrisolto. L’ultima Finanziaria ha fatto emergere le fragilità della maggioranza. Alla fine, la manovra è passata soprattutto perché in Assemblea molti singoli deputati hanno potuto piazzare la propria ‘bandierina’.

“Intanto bisogna partire da un dato di fatto: questo governo è nato senza una maggioranza all’Ars. Nella sostanza, intendo, al di là dei numeri. Se persino il presidente della Regione è costretto a venire in Aula ogni volta che si vota o costringi a votare anche il presidente dell’Ars, per timore che manchino i numeri, significa che la maggioranza di fatto non c’è”.

Ma la situazione, oggi, a tre mesi dalla Finanziaria non è cambiata. Come si farà in vista dell’assestamento e della manovra che il governo prevede di presentare a fine anno? Gli stessi problemi emergeranno un’altra volta.

“Mi auguro che a quel punto avremo imparato dal passato. Se si vorrà evitare l’assalto alla diligenza, bisognerà lavorare a degli accordi preventivi, trasparenti, con le altre forza politiche, con i gruppi parlamentari dell’Ars, non vedo altra strada”.

Ci sarebbe: allargare la maggioranza ad altre forze politiche.

“Di questo io sarei felicissimo, da presidente dell’Ars. Al momento però non vedo movimenti in questo senso. Da coordinatore di Forza Italia, invece, posso certamente dire una cosa”.

Cosa?

“Che siamo pronti ad aprire a tutti, tranne che al Movimento cinque stelle”.

Verso il quale invece sembra guardare un altro pezzo di coalizione, quella magari più in sintonia con la Lega di Salvini.

“Non credo che ci sia nulla di concreto. Anche perché, in quel caso, la coalizione perderebbe Forza Italia e i centristi. Insomma, non ci sono i numeri per un eventuale accordo con i grillini”.

Quanto è complicato invece ricoprire il doppio ruolo di presidente dell’Ars e di commissario di Forza Italia? Sta pensando di lasciare la guida del partito in Sicilia?

“Lo ammetto, il doppio ruolo è veramente difficile da gestire. E l’ho detto chiaramente a Silvio Berlusconi. Lui mi ha risposto, però, che devo rimanere al mio posto alla guida del partito in Sicilia. Mi ha detto che le cose più difficili sono anche le più belle”.


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