”L’arte sa essere specchio fedele della vita quando riesce a cambiare la percezione dei luoghi da cui si riversano le storie nel mondo”. Il puparo Mimmo Cuticchio sembra essere di questa idea, un convincimento espresso in quel laboratorio teatrale che è il suo piccolo mondo fuori dal tempo, con storie appese ai fili che pendono dal soffitto. La sua prima esperienza di un certo spessore nel cinema si è rivelata un’occasione per ampliare la sua conoscenza, nonchè accrescere l’amore per la forma del racconto che passa dalla voce e dal corpo. Si tratta del film ”Terraferma”, del regista Emanuele Crialese, le cui riprese sono appena terminate a Linosa, l’isola del mediterraneo scelta simbolicamente per rappresentare lo spazio da cui passa la vita degli uomini alla ricerca di un approdo stabile e sicuro.
Tra i protagonisti del film anche altri attori siciliani come Donatella Finocchiaro e Beppe Fiorello. Cuticchio interpreta la parte del patriarca di una famiglia di pescatori, protagonista del conflitto latente nel passaggio fra la tradizione e le nuove esigenze e rituali della vita adulta, personificati dal figlio e dal nipote; la storia di questo microcosmo si inscrive in una visiona ampia che tocca questioni come il ruolo del Mediterraneo nell’epoca delle grandi migrazioni, con particolare rilievo al punto di vista delle donne (qui rappresentate dalla figura di Giulietta, la moglie del patriarca) divise tra l’amore filiale e l’ossequio alle antiche leggi che le relegano ai margini della Storia.
”Non ero interessato all’idea di un cinema fatto su di me – spiega il puparo – ma la disponibilità di questa persona e l’impressione che mi aveva fatto il suo lavoro mi hanno convinto a fare questa esperienza. Vedendo i film di Crialese ho ritrovato i temi del cinema neorealista, e la capacità di rendere universali le storie che raccontano delle persone comuni. Ho aperto il mio sguardo su un mondo come quello del mare, visto con occhi diversi, perchè ho imparato come ci si muove, ci si parla, ci si vive”.
Cuticchio parla di questa sua nuova esperienza con la passione che lo contraddistingue: ”il lavoro dell’attore al cinema – spiega – è diverso da quello cui ero abituato perchè ti costringe a lavorare sul tuo corpo, mettendo da parte il tuo mondo personale dal momento in cui esci dal trucco, che segna per me il punto chiave, la metamorfosi per cui un attore diviene il personaggio da interpretare. Il cinema fa emergere la doppia natura custodita dentro il corpo dell’artista”. Mimmo Cuticchio diventa così l’ultimo interprete di una tradizione di pupari che hanno ”prestato” il loro volto al cinema, finendo per farne il loro unico campo di espressione: da Angelo Musco a Giovanni Grasso.