CATANIA – Finché la loro sicurezza era affidata ai poliziotti della Squadra Mobile sentivano che avevano fatto la scelta giusta. Nino e Salvo Silvestri, titolari della ditta Euronoleggi, nel 2013 intraprendendo il percorso della legalità avevano denunciato chi in maniera arbitraria, violenta e intimidatoria li aveva minacciati per saldare un presunto debito con un loro dipendente. Quando però la loro storia è diventata un fascicolo di un processo è iniziata l’amarezza, lo sconforto, lo scoraggiamento. In parallelo sono avvenuti una serie di eventi che hanno fatto diminuire in maniera esponenziale il volume d’affari dell’impresa e l’esposizione debitoria è lievitata. Martedì, forse, l’azienda sarà dichiarata fallita.
L’incubo di Nino ha una data di inizio. Era aprile del 2013, mentre l’imprenditore era nel suo capannone a Piano Tavola, è stato avvicinato da due persone che con fare minaccioso hanno chiesto il pagamento di 10 mila euro. “Tu non sai chi sono io?”. L’eco di quelle parole rimbomba ancora nella mente del titolare della Euronoleggi. Quel giorno non ci ha pensato due volte, si è guardato negli occhi con suo fratello Salvo e un’ora dopo il rendez-vous con i “picciotti” erano seduti negli uffici di via Ventimiglia alla Squadra Mobile. Una nuova tegola quelle minacce, perché intanto i fratelli Silvestri stavano cercando di tamponare il danno provocato dalla revoca del mandato di officina autorizzata di un importante marchio.
Gli uffici nella frazione belpassese sono stati tappezzati di microspie. Per alcuni mesi si sono susseguite telefonate minacciose e incontri monitorati dalla Squadra Mobile. I poliziotti sono diventati gli “angeli custodi”. Ma “il 3 agosto – racconta l’imprenditore – ho visto dalla finestra del mio ufficio arrivare un energumeno e ho detto alla mia segretaria di dire che ero fuori sede. Passano pochi minuti che mi chiama al telefono e minacciando mi da appuntamento per il lunedì mattina alle 9”. Non appena ha chiuso la telefonata Nino ha composto il numero di un poliziotto. “Il telefono era staccato. Per la prima volta mi sono sentito morire”, ricorda. Però la Squadra Mobile aveva fornito ai fratelli Silvestri un numero dedicato dove avrebbero trovato sempre qualcuno. “Ho raccontato quello che è successo e mi hanno detto di non muovermi. Poi nel pomeriggio siamo andati alla Squadra Mobile”.
Il 5 agosto è il giorno che ha lasciato le cicatrici, non solo fisiche ma soprattutto emotive. Già alle 6 del mattino i poliziotti hanno predisposto tutto per l’incontro e “l’energumeno”, puntualissimo, “appena entrato mi ha aggredito rompendomi due costole. La prognosi è stata di 54 giorni”, racconta Nino. A far evitare il peggio sono stati i poliziotti della Squadra Mobile che li hanno bloccati e arrestati. “Solo dopo abbiamo scoperto che erano vicini al clan Mazzei”, spiega Salvo Silvestri. Le facce di chi li aveva minacciati e aggrediti hanno riempito le pagine dei giornali. Le manette sono anche per il dipendente che un mese dopo è stato scarcerato ed è finito ai domiciliari. “E ci ha presentato un decreto ingiuntivo”, spiega Nino. Due sono stati prosciolti e per altri due il reato da estorsione è stato derubricato. “Mi hanno detto che non si è potuto procedere perché non ho formalmente esplicitato una querela. Ma io sono andato dalla polizia a denunciare. Di cosa stiamo parlando?, è lo sfogo di Nino Silvestri. Oggi è ancora in corso il processo d’appello.
Ma i guai non vengono mai da soli. “Dopo gli arresti della Squadra Mobile abbiamo scoperto che alcuni dipendenti erano legati a questi soggetti, quindi al rientro dalle ferie a settembre abbiamo deciso di licenziare. Non potevo lasciare lavorare persone nella mia azienda di cui non mi fidavo”, racconta Salvo Silvestri. Liquidazioni, tfr, arretrati: uscite di liquidità che hanno compromesso una situazione già complicata. “Sono anche iniziate le cause del lavoro e tranne alcune conciliazioni le abbiamo quasi tutte perse”, aggiunge l’imprenditore. Nel frattempo sono continuate le telefonate minatorie. “Ti scippamu a testa”, è stata una delle frasi dall’altra parte della cornetta del telefono. A gennaio 2014 arriva la “missiva con le pallottole”. Ma intanto gli affari andavano a sgretolare: da uno dei leader del mercato della vendita e noleggio gru e cestelli i fratelli Silvestri sono diventati “gli imprenditori sbirri”. Nell’estate del 2015 è stato aggredito da due di Lineri che gli hanno gridato “Curnutu e sbirru, tu e tuo fratello”. Quel giorno Nino è riuscito a svincolarsi dall’aggressione grazie alle tecniche di difesa che ha imparato.
“Forse siamo considerate delle persone scomode”, afferma Nino. “Il fatto è che dopo questa vicenda abbiamo perso quasi il 90% dei clienti – spiega – e ne abbiamo acquisito di nuovi, persone che hanno conosciuto la nostra storia e ci hanno scelto proprio per questo. Ma sono pochi. Le dico soltanto che una delle aziende che ha la sede a pochi metri dalla nostra preferisce acquistare a cento chilometri di distanza invece che da noi, come succedeva prima”. “Inoltre le false denunce degli ex dipendenti al solo scopo di screditarci hanno fatto scattare controlli degli enti preposti alla vigilanza dei luoghi di lavoro”, aggiunge il fratello Salvo. “Controlli – precisa Silvestri – che hanno dimostrato la regolarità del nostro operato. E poi va aggiunto – afferma – la concorrenza sleale di alcune persone che collaboravano con noi che hanno organizzato senza alcuna autorizzazione attività parallele alle nostre”.
Una boccata di ossigeno arriva nella primavera del 2014 con la sospensiva di 300 giorni prevista dalla legge per casi come quelli dei fratelli Silvestri che “permette di congelare i debiti e gli adempimenti fiscali”. Ma nel frattempo è arrivato un sequestro della magistratura di Caltanissetta a Pasquasia dove erano i nostri mezzi, ma il provvedimento non era nei confronti di Silvestri ma del titolare dell’appalto che li aveva noleggiati. “Ancora nessuno mi ha detto perché per oltre un anno non ho potuto riprendermi i miei mezzi. Un sequestro che mi ha provocato un danno di centinaia di migliaia di euro e dopo la restituzione non ho avuto la forza finanziaria di poterli riparare”, racconta Nino.
“Sono profondamente deluso. Dopo la polizia tutto è cambiato”, afferma Salvo Silvestri. “Martedì quasi sicuramente fallirò e a me pare un’ingiustizia”, afferma Nino Silvestri che sottovoce sussurra: “Forse era meglio se pagavo?”. Una frase e un pensiero che rappresentano non solo il fallimento di un imprenditore ma forse di un intero sistema.