Palermo, "ecco i soldi". Pizzo e silenzi. Il boss accolto con i dolci

“Ecco i soldi”. Pizzo e silenzi. C’è chi accolse il boss con i dolcini

Estorsioni a tappeto a Palermo, in corso Calatafimi

PALERMO – Quartiere che vai, pizzo e silenzio che trovi. Stavolta tocca alla zona di corso Calatafimi. Sei estorsioni, consumate e tentate, ricostruite dalla Procura della Repubblica e dai carabinieri, nessuna denuncia. Senza contare che negli atti dell’inchiesta si fa riferimento ad altre attività commerciali per le quali non c’è certezza sull’identificazione. Si continua a lavorare, però.

La storia dei silenzi si rinnova come era già emerso in altre zone della città. Il pizzo si paga più per convenienza e connivenza che per paura. Un obolo di solidarietà per la causa mafiosa. Anche perché spesso gli operatori economici si nutrono dello stesso humus dei mafiosi.

La campagna del racket avrebbe avuto come regista Paolo Suleman, tornato in carcere ieri con l’accusa di essere diventato il reggente della famiglia di corso Calatafimi. Storia strana la sua. Alle spalle ha una condanna per mafia, ma non godeva di stima totale.

Nel 2018 era arrivato un messaggio dal carcere dove Suleman stava finendo di pagare il debito con la giustizia. Rosario Lo Nardo, altro arrestato nel blitz di ieri, “mandava un bacione” a Filippo Annatelli, allora alla guida del clan.

La disistima dei Badagliacca

A novembre 2021 le cose cambiarono come emergerebbe dalle parole di Gioacchino, Pietro e Angelo Badagliacca. Zio e nipoti. Cognomi di peso nel mandamento di Pagliarelli. Gioacchino fu inserito nel gruppo di fedelissimi che nel 2003 accompagnò Bernardo Provenzano, alias Gaspare Troia, in una clinica a Marsiglia per operarsi alla prostata. Pietro Badagliacca ha già scontato 14 anni in carcere per mafia.

Si erano riuniti in un rudere di via Cannolicchio, una delle tante stradine del dedalo che inizia nella parte alta di corso Calatafimi e arriva fino a Borgo Molara. Era arrivata la proposta di un vecchio uomo d’onore, Francesco Annatelli. Voleva che si affidasse il potere a Suleman. Secondo i Badagliacca, che in quel momento avevano in mano il potere, non era all’altezza. Decisero di affidargli un ruolo secondario, visto che non piaceva neppure all’anziano capo mandamento di Pagliarelli, Settimo Mineo: “Per ora lo lasci a firriare da Pietragliata in giù… si fa da corso Calatafimi a scendere… deve stare fuori dalla società”. Veniva considerato “un busca pane non all’altezza della situazione”. La parte alta della strada, quella che dal viale Regione siciliana arriva fino alla Rocca restava roba dei Badagliacca.

Un giudizio pessimo che riguardava anche Michele Armanno, altro vecchio capomafia arrestato nel blitz del 2011 assieme a Suleman. Armanno non aveva più voce in capitolo perché “è messo fuori famiglia... se deve andare a comprare il pane se lo fa mandare… lui il pane non lo deve andare a comprare”.

La macchina del pizzo

Ed invece a dicembre 2022 ecco irrompere sulla scena Suleman, scarcerato due anni prima: “… io ho a due carcerati a cui fargli avere i piccioli”. Nel frattempo i Badagliacca erano stati arrestati e qualcuno doveva pur mandare avanti la baracca. Innanzitutto con il pizzo: “… ti devono dare i picciuli entro venerdìsono intenzionato male con tutti… se li fa prestare come ha fatto quello della friggitoria e qualche altro… vogliono qualche bottiglia di benzina dentro a putia?”. Suleman sapeva come farsi ascoltare. Lo dimostra la violenza con cui fece pestare un uomo perché aveva picchiato la moglie.

E via con l’elenco delle estorsioni da incassare. Pescherie, bar, gastronomie, macelleria, pasticcerie: hanno pagato in sei. Nelle intercettazioni dei carabinieri Suleman parlava anche di “incocciare a quello della parrucchieria”, del “Caf” dove “ci sono andato ieri e lui ti deve dare 500 euro… allora che minchia ci stiamo a fare qua?”.

Con Giuseppe Marano, altro arrestato, parlavano del commerciante che “si è messo a fare il cornuto e sbirro... gli dovevo dire ti rompo le corna?”. Ed ancora del “fruttivendolo, della farmacia” e del commerciante nella zona di Villa Tasca che “prima di aprire mi dà i piccioli…”. Le cimici lo hanno intercettato mentre consegnava le banconote: “Uno, due, tre, quattro e cinque”. Pizzo e buone maniere, visto che “è salito un ragazzino ha portato un vassoio di dolci”.

Nessuna denuncia, finora. Scoperte le carte dell’inchiesta i carabinieri nei prossimi giorni convocheranno i commercianti. Potrebbero ammettere di essere stati vittime del pizzo o negare e finire sotto inchiesta per favoreggiamento come è accaduto a tanti altri operatori economici che continuano a seguire la strada del silenzio. Il 22 marzo asi aprirà un processo nei confronti di una trentina di commercianti di Brancaccio.


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