“Le intimidazioni, ricevute da mio padre nei giorni scorsi, sono, sicuramente, frutto di un’attività serrata di ripristino della legalità a Ravanusa”. E’ quanto afferma Giusy Savarino, riferendosi alle scritte apparse sui muri e alla lettera ricevuta dal padre Armando, sindaco di Ravanusa, in cui vi erano, come confermano gli inquirenti, minacce di morte.
“Non c’è alcun nesso tra le minacce – prosegue l’ex deputata dell’Ars – e il processo di ‘Concorsopoli’, in cui siamo coinvolti io, mio padre e l’assessore Calogero Gattuso, anch’egli al centro nei giorni scorsi di vili intimidazioni. Intanto preciso che io non sono stata al centro delle minacce, così come, invece, hanno riportato diverse testate. Ribadisco che quanto accaduto è a nostro avviso riconducibile a un’attività capillare che stanno svolgendo mio padre e la sua amministrazione, così da garantire, a Ravanusa, legalità e ottima vivibilità. Ad esempio, in queste settimane, l’amministrazione si è occupata di recuperare dei crediti del comune, nei confronti di quanti devono versare canoni per l’uso pubblico del suolo, così come il pagamento del canone del loculi cimiteriali scaduti da tempo; hanno anche partecipato al Pon sicurezza per l’installazione di telecamere nel centro abitato, poichè, nelle settimane scorse, si sono verificate rapine ed episodi che hanno inquietato la comunità. Tanto che mio padre ha allertato la prefettura di questi episodi. Si tratta di un’azione energica, perseguita a tutto vantaggio della comunità, ma che, evidentemente, scontenta chi della legalità non farà mai un modus vivendi. A conferma di questo vi è il fatto che, al centro di intimidazioni, c’è stato anche il capo della polizia municipale, Renato Raia, a cui, qualche settimana fa, hanno bruciato il portone di casa, con la stessa modalità con cui è stato bruciato il portone di Gattuso. Ci auguriamo, che questi episodi si arrestino, così che l’amministrazione possa continuare la sua opera, con la volontà dei migliori intenti”.