'Minchia' e l'orto botanico | Quell'arte per adulti - Live Sicilia

‘Minchia’ e l’orto botanico | Quell’arte per adulti

Gli argomenti di cui si è dibattuto. Con una chiave nuova.

Manovra a Tinaglia
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3 min di lettura

Nel giro di poche settimane, eventi come “Manifesta” hanno suscitato vivaci polemiche ed interessanti dibattiti. La prima volta, a proposito del famoso (o famigerato, fate voi) video dell’Orto botanico di Palermo, ed ora in relazione alla luminaria “Minchia”. Sono (ahimè) assolutamente digiuno di arte, ed ho seguito con un certo distacco tutte le discussioni che si sono sviluppate sugli eventi che vi ho citato.

Mi hanno incuriosito però, e mi riferisco al video all’Orto botanico, quelle che poggiavano sulla inopportunità di proiettare scene ad alto contenuto erotico, in un sito culturale tradizionalmente frequentato da bambini e ragazzi, anche in ragione delle numerose gite scolastiche. Ho provato ad immaginare come mi sarei comportato se mi fossi trovato in compagnia di mio nipote di tre anni e cosa avrei risposto alla sua domanda (l’avrebbe fatta,eccome se l’avrebbe fatta) “ Nonno, cosa fa quello?” .

In effetti credo che mi sarei sentito in grande imbarazzo. Penso che avrei inventato una scusa qualunque per distrarlo, per non rispondere, allontanandomi in tutta fretta dalla zona. Quando però, in questa sorta di gioco onirico, ho ipotizzato di trovarmi in compagnia di un ragazzino di 12-13-14 anni, sono arrivato alla surreale conclusione che l’imbarazzo, questa volta, sarebbe stato tutto suo, per non ritenere me abbastanza navigato e scafato per assistere a certe scene senza pudici rossori: “Nonno, ascoltami, forse è meglio se andiamo a prendere un gelato, non guardare”.

Ho così archiviato la questione, riflettendo sul fatto che forse era meglio lasciar perdere bambini e ragazzi, e che il problema, se c’era, riguardava solo noi adulti. Oggi invece le accese discussioni riguardano le luminarie “Minchia” e registro con soddisfazione che, almeno questa volta, sono stati prudentemente lasciati fuori bambini e ragazzi. Mi è tornata in mente la famosa e bellissima canzone di Giorgio Faletti “Signor Tenente”.

Ve la ricordate? La cantò al Festival di Sanremo nel 1994. Quella canzone, per i chiari riferimenti alle stragi, e per le inevitabili suggestioni che evocava in una collettività ancora scossa dai quei tragici eventi, ebbe un successo strepitoso. Magari mi sbaglio, ma credo che ciò fu dovuto alla forza prorompente di quel “Minchia” ripetutamente scandito, e che sta a noi siciliani come la smorfia sta ai napoletani.

Una parola che ci connota, che è nel nostro DNA, e che racchiude un universo di accezioni che solo noi siciliani sappiamo declinare nel posto giusto e al momento giusto, e che assume, di volta in volta, un significato completamente diverso, l’ultimo, ma proprio l’ultimo dei quali, è la parola sboccata o il turpiloquio a sfondo sessuale.

Qualcuno ha osservato che forse la nostra fantasia si è inceppata e sarebbe ora di guardare al futuro per cercare altrove un nostro segno distintivo, piuttosto che compiacercene e collassarlo sul “Minchia” e luoghi comuni di questo tipo.

Devo dire che a me non dispiace affatto “l’usato sicuro”, e che ho trovato simpatica la luminaria, centrata, ma riconosco che l’argomento ha la sua forza e che può anche essere di stimolo. Personalmente penso che occorreranno decenni per fissare su un’altra pellicola, e con eguale forza, il nostro essere siciliani. Lo considero un percorso lungo ed accidentato. Vorrei dire che la vedo dura, ma forse non è proprio il caso.

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