Minniti a Catania |"Sicurezza è tutela dei deboli" - Live Sicilia

Minniti a Catania |”Sicurezza è tutela dei deboli”

C’è anche il candidato Micari che nemmeno questa volta può fare il bagno di folla.

CATANIA – Il ministro dell’Interno Marco Minniti in città per fare il punto su immigrazione e sicurezza. Il ministro law and order inviso alla sinistra radicale ma apprezzato da pezzi di centrodestra, l’ex militante del Pci che cerca di tenere insieme il diritto alla sicurezza e il dovere all’accoglienza arriva tra gli applausi del pubblico. La sala dell’hotel Sheraton però è piena solo per metà, così il candidato alla presidenza Fabrizio Micari è costretto a rinviare ancora una volta l’agognato bagno di folla. In sala, ad attendere il ministro e il rettore, ci sono l’eurodeputato Giovanni La Via e tutto lo stato maggiore del Pd: il segretario Enzo Napoli e i deputati Giuseppe Berretta, Luca Sammartino, Pippo Nicotra, Luisa Albanella, Valeria Sudano. L’intervento di apertura è del rettore Fabrizio Micari. Un saluto mordi e fuggi concentrato sull’idea portante di fare un salto di qualità e passare dall’accoglienza all’integrazione per scongiurare le insidie sociali derivanti da quartieri ghetto e banlieu. Poi la palla passa al sindaco Enzo Bianco. Il sindaco, sottolineando la storia politica di Minniti, precisa che l’attenzione nei confronti delle classi più deboli non può prescindere dalla sicurezza ed elogia, in più occasioni, il lavoro di “uno dei ministri dell’Interno più bravi di sempre”.

Il primo cittadino ricorda le tappe del tour catanese di Minniti. La giornata è stata scandita dall’insediamento del Comitato Metropolitano per la sicurezza nella sede della Prefettura e dalla giunta straordinaria a Palazzo degli Elefanti.  “Nel corso della riunione di Giunta abbiamo voluto dare conto al ministro dell’Interno e anche delle autonomie locali, del lavoro che si sta facendo a Catania per rilanciare una città che ha enormi potenzialità dal punto di vista del turismo, delle infrastrutture e della ripresa delle attività economiche”, spiega Bianco. “Noi chiediamo una maggiore sicurezza nel nostro territorio, sapendo che molto dipende da noi, dal senso civico dei cittadini, ma abbiamo da parte dello Stato la massima attenzione”, dice il primo cittadino. Il Ministro Minniti ha apprezzato “una squadra fortemente coesa”. “Ho in particolare trovato nel comitato Metropolitano una straordinaria collaborazione tra le istituzioni dello Stato ben coordinate dal prefetto Riccio, che ringrazio per il lavoro che sta facendo, con il Comune, la Metropolitana, la Polizia locale e la Magistratura che ringrazio moltissimo per il lavoro straordinario che sta facendo”, dice Minniti invitando a non abbassare la guardia. E un pensiero è andato all’ispettore Licari.

“Catania e l’Italia non dimenticano: in quel momento l’ispettore rappresentava la Stato italiano”, dice il Ministro. Minniti tiene banco sul palco con naturalezza: atteggiamento sobrio e contenuti di spessore vanno di pari passo con il disinteresse totale nei confronti delle telecamere. Il ministro ha le idee chiare: “La sicurezza è un bene comune, questo tema riguarda soprattutto le fasce più deboli della società, chi se non il Pd può occuparsi di questo tema?”, argomenta. Minniti mette in guardia dal perdere il “contatto con la realtà” e parla della paura percepita da ampi strati della popolazione. “Non dobbiamo biasimare chi ha paura, ma ascoltarlo”, spiega Minniti sottolineando che la partita con i populisti sta tutta qui. “Dobbiamo ascoltare chi ha paura per liberarli, i populisti invece incatenano alle paure”, dice Minniti tra gli applausi. Sul tema dell’immigrazione Minniti vuole cancellare la parola “emergenza”. “Abbiamo davanti una questione epocale: non servono provvedimenti emergenziali, ma ci vuole una visione”, spiega. Il ministro invita a diffidare dai “cattivi maestri” che vorrebbero bloccare i flussi. “Non si possono bloccare, semmai si devono governare”, dice sottolineando che anche in questo caso la visione è propria del riformismo mentre l’emergenza è il campo nel quale sguazzano i populisti. Il Ministro chiarisce i passaggi fatti in Libia: le riunioni con le comunità locali, l’accordo di pace tra le tribù spiegando a più riprese che “il cuore della questione rimane la stabilizzazione di quel paese”.

Lo scopo è mettere in campo una lotta senza quartiere contro qualunque forma di traffico di esseri umani, un’attività redditizia per molti. Per questo bisogna “riconvertire l’economia di questi paesi”. Il ministro rifiuta l’equazione immigrazione-terrorismo, ma non il binomio terrorismo-mancata integrazione. “Accogliamo quelli che possiamo integrare: perché se accogliamo senza integrare non siamo attenti al nostro futuro”, argomenta. Dopo una quarantina di minuti appassionati, Minniti conclude con un monito per il suo partito ricordando che i sondaggi non sono “l’oracolo di Delfi”. Serve dedizione, girare casa per casa, organizzarsi in modo capillare ma soprattutto appassionare i cittadini. Poi cita Antonio Gramsci: “Un partito è passione organizzata”. Gli inevitabili applausi si perdono in una sala mezza vuota. Un partito, del resto, è passione organizzata.


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