Si allarga ora dopo ora, giorno dopo giorno, il fronte dei deputati regionali pronti a staccare la spina alla legislatura. E dopo le prima adesioni alla campagna di Live Sicilia, che proponeva l’idea delle dimissioni di massa dei parlamentari, all’Ars, preso atto della necessità di andare alle elezioni nel pià breve tempo possibile, si è fatta sempre più strada un’idea simile, ma dal peso politico un po’ diverso: la mozione di sfiducia. Uno strumento che consente, di fatto, di chiudere l’esperienza del governo Lombardo, attraverso il voto favorevole della metà più uno dei deputati regionali.
La mozione di sfiducia è prevista dall’articolo 10 dello Statuto della Regione siciliana. “L’Assemblea regionale – recita l’articolo – può approvare a maggioranza assoluta dei suoi componenti una mozione di sfiducia nei confronti del Presidente della Regione”. Un documento, motivato, che dovrà essere presentato “da almeno un quinto dei suoi componenti” e dovrà essere discusso “dopo almeno tre giorni dalla sua presentazione. Ove la mozione – prosegue lo Statuto – venga approvata, si procede, entro i successivi tre mesi, alla nuova e contestuale elezione dell’Assemblea e del Presidente della Regione”.
Ecco, quella riguardante i tempi è un’altra questione al centro dei discorsi tra i deputati. Sempre più convinti sul “cosa” (vale a dire la chiusura anticipata della legislatura) e un po’ meno sul “quando” e sul “come” (fatta salva l’idea della mozione, quali saranno i contenuti del testo?).
Andiamo con ordine. La prima data utile per l’eventuale approvazione della mozione di sfiducia potrebbe essere quella del 19 giugno prossimo. Un “timing”, del resto, che ricalca quanto preannunciato a Live Sicilia pochi giorni fa dal presidente dell’Assemblea regionale siciliana Santi Formica: “Chiederò io stesso – ha detto – di calendarizzare la mozione tra il 15 e il 20 giugno”.
Le due settimane di attesa che, da oggi, separerebbero dalla mozione, sono dovute ad aspetti tecnici e politici. I primi, in parte, sono quelli dettati dall’articolo dello Statuto. In pratica, prima servirà che 18 deputati richiedano la mozione. Cosa che potrebbe avvenire già domani. Poi si potrà discutere non prima dei tre giorni. E siamo già a venerdì, quando, di solito, non si tengono sedute d’Aula.
Ma in questo caso, vanno precisate due cose. Una mozione di sfiducia c’è già. È quella che nei mesi scorsi era stata avanzata da Pdl, Pid e Grande Sud. “Una mozione – ha spiegato il capogruppo azzurro Innocenzo Leontini – che non abbiamo ritirato. Semplicemente – ha precisato – ci è stato chiesto di discuterla dopo le sessioni di bilancio e Finanziaria. Ed è quello che faremo”.
Ma proprio questo aspetto si interseca con un altro. Perché la mozione venga approvata, infatti, non basterà il voto dell’opposizione. E in effetti, dopo la scelta di uscire dal governo, l’idea si sta sempre più diffondendo tra gli uomini del Pd. Alcuni dei quali (gli ultimi, solo in ordine di tempo sono Apprendi e Ammatuna) hanno palesemente affermato, a Live Sicilia, la loro volontà di aderire. Qualcosa in più, in questo senso, si saprà già mercoledì, quando il gruppo all’Ars si riunirà nuovamente, per valutare l’idea della mozione. Ma una decisione ufficiale non potrà giungere prima della direzione regionale, fissata per sabato 9 giugno. Se, come sembra, il Pd sceglierà la strada della mozione, ne presenterà una scritta “di proprio pugno”. Dai contenuti politici, immaginiamo, assai diversi da quelli che hanno puntellato la mozione del centrodestra (dove sono presenti, ad esempio, chiarissimi attacchi anche agli assessori “di area Pd”, come Mario Centorrino).
Quindi, il Pd potrebbe lavorare a una “sua mozione”. E il gruppo all’Ars, composto da 26 deputati, dispone ampiamente dei numeri per presentare la mozione. Magari martedì 12. Per andare al voto il 19. Anche in quel caso, ovviamente, elezioni entro novanta giorni. In pratica, non più tardi del 15-16 settembre.
Al di là delle date, però, diverse questioni rimangono in sospeso: quale sarà la mozione che verrà sottoposta al voto, quella del centrodestra o quella del Pd? Lavoreranno i democratici a un documento che possa trovare l’accordo anche dell’opposizione? O, ennesimo paradosso in una situazione surreale, con un governo dimissionario dedicato al gioco delle nomine e degli incarichi, l’Ars arrvierà a dividersi anche su quello? Ovvero, possibile che si arrivi ad avere 65-70 deputati pronti a staccare la spina, ma incapaci di farlo, perché in disaccordo sul “come” farlo?