CATANIA – Alla fine la verità è saltata fuori, stavolta in via ufficiale. Ed è stata un’ennesima batosta per gli ex dipendenti del centro di ricerca Myrmex, che in questi anni hanno vissuto nell’attesa di una risoluzione, sempre aggrappati alla speranza. Nei giorni scorsi è arrivato l’annuncio da parte della Regione siciliana in merito all’accertamento della non validità di entrambe le due delibere regionali che avrebbero dovuto consentire la vendita dell’ex laboratorio di ricerca catanese ad un costo simbolico.
Il centro di ricerca tossicologica era stato ceduto dalla Pfizer alla società milanese Myrmex Spa nell’estate di oltre 7 anni fa. L’operazione fra le due società si era conclusa al solo costo di un euro. I lavoratori sono stati tutti licenziati nel 2016, nonostante le lotte iniziate già all’indomani dell’acquisizione. Da allora, il laboratorio ha ufficialmente chiuso i battenti in attesa che si facesse avanti un compratore disposto ad acquisirlo al costo esorbitante di 13 milioni di euro.
LE DELIBERE – La cessione milionaria era stata suggellata da una prima delibera emanata il 5 agosto del 2011 dall’ex governatore Raffaele Lombardo e prevedeva la riacquisizione del centro di ricerca al costo di un euro in caso d’inadempienza da parte dell’azienda cessionaria, cioè Myrmex, a cui fa capo, l’avvocato di Pavia, Gianluca Calvi. Delibera nel fatti però mai attivata – come scritto già da tempo da LiveSicilia – a causa della mancata applicazione da parte della stessa Regione dell’accordo di programma stipulato all’epoca della cessione avvenuta fra Pfizer e Myrmex. Secondo i contenuti di quell’atto regionale, la Regione (con il M.I.S.E, M.I.U.R e Invitalia) avrebbe dovuto predisporre finanziamenti pubblici – pari a oltre 4 milioni all’anno – a sostegno del progetto di sviluppo del centro di ricerca ceduto alla Myrmex; società, quest’ultima, che a sua volta aveva, invece, fra gli obblighi quello di salvaguardare il livello occupazionale almeno per i primi tre anni a decorrere dall’acquisizione. Cosa che nei fatti è avvenuta. L’accordo di programma era, dunque, garantito dall’impegno a cedere a un euro, in caso d’inadempimento da parte della Myrmex, alla Regione l’intero stabilimento catanese.
Tanto è sempre stato scritto nero su bianco sulla delibera, che i sindacati hanno chiesto in questi ultimi anni alla Regione d’impugnare. Cosa quest’ultima però mai avvenuta proprio in ragione della mancata attivazione dell’accordo di programma da parte prima del governo Lombardo e poi da quello di Rosario Crocetta. E tra i protagonisti della vicenda, c’è proprio l’ex governatore Crocetta che, dal canto suo, ha sempre sposato la battaglia dei lavoratori, malgrado questi ultimi oggi affermino di essersi sentiti illusi. A tal punto, che avrebbero già presentato un esposto in Procura, contro Crocetta, l’ex assessore regionale alle attività Produttive, Linda Vancheri; l’ex vicepresidente della Regione siciliana Mariella Lo Bello, oltre che contro Calvi/Myrmex e Pfizer.
Quanto a Crocetta non si sarebbe, infatti, mai pronunciato in merito ai cavilli tecnici della delibera. Forse era una verità troppo dura da rivelare; forse non l’aveva compresa. O forse l’intento era semplicemente quello di risolvere l’annosa vertenza, grazie anche all’aiuto del suo fedelissimo Caudo. Sono stati numerosi infatti gli incontri alla Regione con i lavoratori e sindacat.
Ed ecco che nell’ottobre del 2017, cioè 4 anni dopo il suo insediamento, e decine di lotte strenue dei lavoratori, che Crocetta firma un atto in favore della Myrmex. Si tratta della delibera n. 484 emanata giusto un mese prima dell‘elezioni regionali del 5 novembre -coincidenze- che oggi è stata decretata non legittima, essendo collegata alla prima, mai attivata. Tuttavia, l’atto si limitava a deliberare “di verificare la fattibilità del percorso prospettato”, si legge.
I RICERCATORI – Margherita Patti, Giovanni Romeo, Massimo Taffara, Orsola Gianpiccolo, Giancarlo Geremia, Elisabetta Tendi, sono solo alcuni dei ricercatori ex dipendenti del laboratorio catanese Myrmex. Ricercatori fra cui biologi, chimici, specialisti in farmaceutica, con alle spalle esperienze formative di altissimo livello, conseguite anche all’estero. La dottoressa Tendi, solo per fare un esempio, dopo anni di studi e lavoro come biologa ricercatrice negli Stati Uniti, era tornata a Catania nella sua terra, allettata dalle tante promesse e dagli incentivi destinati ai giovani “cervelli in fuga”. E dall’altra parte, non poteva che promettere bene quel nuovo volto della zona industriale catanese con la sede del colosso Pfizer – ancora oggi attivo – e poi con la nascita di Myrmex. Ma oggi tutti o quasi gli ex ricercatori sono a spasso. Senza più un’occupazione, senza il lavoro per il quale hanno lottato una vita.
IL CENTRO DI RICERCA COMPRATO CON UN EURO – Perché un centro di Ricerca farmaceutica d’eccellenza, che vale milioni di euro, viene ceduto al costo simbolico di un euro? Se lo sono chiesto in molti. Le ragioni sembrano essere state più di una, seppur mai del tutto chiare. Si è parlato innanzitutto di badwil, ovvero avviamento debole dell’azienda. Un elemento dato allora dalla scarsa redditività (mantenuta anche successivamente con Calvi) dell’azienda nel mercato. L’attività del Centro di ricerca di proprietà Wyeth Lederle-Pfizer fino al 2011, era infatti ad uso e consumo privato della stessa compagnia farmaceutica e, pertanto, non rivolta ad un mercato. Non solo. Perché coinvolto nell’operazione finanziaria fu allora l’advisor di primo ordine Deloitte, che stimò quel valore esiguo economico pari a un 1 euro a seguito di un attento confronto “con analoghe operazioni avvenute negli ultimi anni” congiuntamente a una stretta comparazione dei pro e dei contro derivanti “dai costi di chiusura e dei costi di trasferimento” del Centro di ricerca. Dai risultati emerse che la Myrmex era “in linea con le proposte riconosciute dal mercato unitamente alla convenienza economica del ‘trasferimento’ rispetto ad una ‘chiusura”. In parole povere, considerando il conseguente “impatto sociale” – e che molto probabilmente non avrebbe giovato all’immagine complessiva del colosso farmaceutico – alla Wyeth Lederle sarebbe convenuto cedere anche al costo esiguo di 1 euro, anziché chiudere il laboratorio. Il manager Calvi, dal canto suo, senza alcun esborso economico, chiuse un affare a dir poco vantaggioso.
LA CESSIONE A NEW YORK – La cessione del laboratorio catanese si realizzò nella sede del colosso farmaceutico Pfizer a New York nel settembre del 2011 e comprendeva l’immobile, i rapporti contrattuali afferenti al ramo d’azienda, 76 dipendenti, beni mobili e mobili registrati, la situazione patrimoniale e il trasferimento dei progetti e tutte le agevolazioni ministeriali finanziate dal Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca. Il fixed assets, ovvero il patrimonio complessivo notificato nel contratto di cessione definitivo era pari a oltre 37 milioni di euro. A tanto ammontava, infatti, il valore d’acquisto del Centro di Ricerca rilevato da Calvi con un corrispettivo di 1 euro. “ Il corrispettivo – si legge nel rogito notarile – per la cessione del ramo d’azienda è stato convenuto ed accettato tra le parti in complessivi Euro 1. Detta somma – continua l’atto notarile – è fissa ed invariabile e parte cedente (Wyeth-Pfizer) dichiara di averla ricevuta prima d’ora dalla parte cessionaria (Myrmex). Il gruppo Pfizer decise di interrompere tutte le attività connesse al Centro di Ricerca in seguito alla fusione con la Wyeth Lederle, originariamente proprietaria del Centro. In quel frangente spuntò il nome di Gian Luca Calvi, avvocato pavese, amministratore unico della Myrmex Spa, società specializzata nella commercializzazione di protesi ortopediche con sede a Milano. L’imprenditore si disse interessato ad espandere la propria presenza nelle regioni meridionali. Ma i lavoratori, hanno sempre affermato di non aver mai praticamente lavorato un giorno all’interno del laboratorio. Sarebbero stati pagati per non fare nulla per almeno 3 anni.
I TENTATIVI DI VENDITA – In questi anni sono state diverse le iniziative intraprese per vendere il laboratorio, tutte però puntualmente sfumate. A partire dalla cordata araba di qualche anno fa, misteriosamente fallita, alla trattativa con il Cnr a cui si sono fermamente opposti i sindacati non prevedendo quell’operazione il totale assorbimento dei circa 60 lavoratori. E, infine, la proposta del manager Giusti. L’imprenditore, proprietario di un’impresa operante in Tunisia, si è reso disponibile – lo sarebbe a tutt’oggi – ad acquisire il centro al costo di 5 milioni di euro, un’offerta però ben al di sotto di quanto richiesto dal socio unico della Myrmex, Gian Luca Calvi. L’avvocato pavese aveva infatti fissato la vendita del laboratorio al corrispettivo di 13 milioni di euro. Tuttavia, non è chiaro cosa vorrà farci con il centro. Tempo fa, inviò una lettera spiegando ai sindacati di ritenere ormai il caso Myrmex chiuso.
E sullo sfondo, c’è appunto Calvi, l’imprenditore e avvocato pavese – forse scaltro – che avrebbe fatto in modo che, anche nella peggiore delle ipotesi, l’unico a rimetterci in misura minore fosse proprio lui. Nonostante, lui abbia sempre affermato – anche tramite interviste rilasciate al nostro giornale di aver subito danni dalla compravendita e dal successivo “dietrofront” della Regione siciliana. Il laboratorio è comunque ancora nelle sue mani. Lui è l’unico proprietario e amministratore dello stabilimento della zona industriale divenuto il fantasma di se stesso.
La partita però non sembra del tutto chiusa. Un incontro è fissato alla Regione per il prossimo settembre.