CATANIA. Una controversia giudiziaria senza tregua, quella che vede contrapposti il Magnifico rettore, Giacomo Pignataro insieme all’ex direttore generale, Lucio Maggio. L’intera vicenda, proprio in questi giorni, è giunta a dei risvolti importanti: il tribunale del Lavoro, come è noto, ha accolto il reclamo dell’Università contro la reintegra di Maggio nelle funzioni di direttore generale. Alla base delle motivazioni della sentenza di accoglimento del ricorso, ci sarebbe l’inapplicabilità del provvedimento di reintegra alla tipologia contrattuale e alla fattispecie funzionale e professionale del dirigente a contratto. Ma adesso, a far infuriare l’ex direttore, sarebbero le recenti dichiarazioni, rilasciate a seguito dell’ordinanza, ai vari quotidiani locali da Pignataro unitamente alla nota dello stesso ateneo catanese. A tal proposito l’ex direttore questo pomeriggio ha indetto una conferenza stampa insieme ai suoi legali di fiducia, Concetto Ferrarotto e Dario Riccioli, per far presenti importanti precisazioni. A loro dire, ai legali dell’università e al Magnifico Rettore non sarebbero chiari alcuni passaggi dell’ordinanza.
“Non è scritto da nessuna parte – afferma Ferrarotto – che la scelta dell’università di scalzare Maggio sia stata legittima. Nell’ordinanza, non si fa in alcun modo riferimento ad un presunto buon operato dell’università, così come si è letto in questi giorni”. Pignataro e gli organi di diritto dell’Università, dopo la sentenza, tramite una nota erano intervenuti commentando la decisione dei giudici, sottolineando che il provvedimento “conferma la correttezza e la linearità del loro operato”. “L’accoglimento del reclamo – prosegue l’avvocato di Lucio Maggio – si fonda su ben altri profili, cioè sulla natura della sanzione. Il giudice dice che per la tipologia contrattuale di Maggio, ma in generale per chiunque si trovasse nella sua stessa situazione, un’eventuale riammissione non sarebbe in qualsiasi caso una strada percorribile. Sarebbe più plausibile un provvedimento di natura risarcitoria. Noi, in verità, – dicono ancora – non siamo d’accordo neanche su questo, ma lo spiegheremo ai giudici quando sarà il momento. Di certo come avvocati – continua Ferrarotto – non amiamo assolutamente commentare le sentenze pubblicamente, tuttavia riteniamo che i vari commenti rilasciati in questi giorni ai giornali da Pignataro e dall’Università contengano delle gravi inesattezze. Ecco perché crediamo sia necessario fare delle precisazioni”.
Secondo i legali di Maggio, dunque, le motivazioni della sentenza non entrerebbero nel merito della buona condotta o meno dell’ateneo. “Probabilmente il Rettore – affonda – e i legali dell’università, avranno letto un’altra ordinanza. Riteniamo ci siano parecchi punti contraddittori. Gli stessi legali dell’Università nelle loro difese sostenevano che non esiste alcun rapporto di subordinazione del direttore generale nei confronti degli altri organi dell’ateneo. Maggio, per esempio, – aggiunge – non ha mai sottoscritto promozioni a dirigenti di prima fascia, le ultime avvenute risalgono al 2009. All’epoca non ricopriva neanche il ruolo di direttore generale. Federico Portoghese era allora direttore amministrativo. E quelle promozioni furono decise con delibera del Consiglio di Amministrazione, consiglio a cui sedeva lo stesso Pignataro, che votò a favore. Abbiamo piena conoscenza – ribadisce il legale – di questi fatti, perché li abbiamo utilizzati nella nostra difesa”.
Ma c’è un altro punto dell’ordinanza che allo stesso Maggio, preme spiegare. “Nell’ordinanza – dice Maggio – si gettano ombre sulla mia nomina di dirigente. Si ritiene sia stata illegittima perché non scaturì da un regolare concorso pubblico. E’ vero, io ebbi la nomina senza partecipare ad alcun bando, ma per quale motivo allora Portoghese fu nominato direttore generale con lo stesso meccanismo? Cioè senza concorso. Molto probabilmente sarà nominato nuovo direttore generale. Per quale motivo mi chiedo – conclude Maggio – si hanno due pesi e due misure?”.