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Next Generation Italia: le proposte di Azione per rilanciare il Paese

La formazione libdem capitanata da Calenda ha elaborato una serie di proposte da sottoporre all’esecutivo Draghi.
IL RILANCIO
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5 min di lettura

Next Generation Italia: le proposte di Azione per rilanciare il Paese. Un piano messo a punto dal movimento di Carlo Calenda per sfruttare le risorse europee attraverso progetti concreti in grado di incidere sulle vite delle tre categorie più penalizzate: donne, giovani e bambini.

Il documento

Il documento (che contiene i primi tre capitoli del piano) parte da un’analisi del tessuto socio-economico del Paese e sottolinea svariate criticità dalla scarsa produttività connessa al basso livello di istruzione e formazione al precario stato di salute del welfare state passando per la carenza di investimenti sia pubblici sia privati. A partire da queste consapevolezze, la formazione liberale capitanata da Calenda ha elaborato una serie di proposte da sottoporre all’esecutivo guidato da Mario Draghi. 

Palazzolo: “Un primo passo”

Gianni Palazzolo

Giangiacomo Palazzolo, sindaco di Cinisi e coordinatore regionale di Azione spiega la ratio che sta dietro all’elaborazione del primo di una serie di documenti programmatici approntati dal suo partito. “Il gap che abbiamo con gli altri paesi europei non è soltanto di natura economica ma sociale. Siamo quindi partiti con un primo capitolo del piano che riguarda donne, bambini e giovani poi proporremo altri progetti su altri temi come gli investimenti strutturali, e la transizione ecologica e digitale”, argomenta. E non solo. “Non si tratta semplicemente delle nostre proposte, noi vorremmo confrontarci con le parti sociali, con le istituzioni e le categorie: questa sarà il nostro modus operandi”, spiega Palazzolo.  

Infanzia e diseguaglianze

Ma andiamo al documento e al primo nodo da dirimere: come consentire ai bambini di avere le stesse possibilità. Le diseguaglianze segnano sin dall’infanzia la strada che i bambini imboccheranno da adulti. Da qui prende le mosse il documento dei calendiani orientato ad intervenire per abbattere le barriere che di fatto creano cittadini di serie a e cittadini di serie b. Serve allora “l’intervento dello Stato nelle politiche per la prima infanzia, a garanzia materiale di una partenza equa per tutti e per creare davvero quelle basi sulle quali poi si forma una nuova vita”, si legge nel testo. Le nostre proposte si incentrano su tre macro-obiettivi:  aumentare le strutture, migliorare la qualità dei servizi  e stimolare la domanda”. Aumentare il numero di asili nido attraverso una massiccia dose di finanziamenti pubblici da accompagnare anche a capitale privato è il primo punto programmatico per superare il quadro a tinte fosche che emerge da dati e classifiche. 

Servizi per la prima infanzia

“In Italia c’è grande bisogno di servizi per la prima infanzia: su 100 bambini italiani, gli asili nido offrono solo 25 posti rispetto ai 33 in media nei Paesi dell’Unione Europea e i 51 della Francia. Questi numeri nascondono anche profonde disuguaglianze territoriali. In Valle d’Aosta i posti sono 45. In Calabria 10”, si legge nel documento. Secondo i calendiani servirebbero almeno 5000 nuovi asili nido (un numero che aumenterebbe progressivamente)  da collocare soprattutto nelle regioni meridionali, passando  dall’attuale copertura di un bambino su quattro a un bambino su due in quattro anni.

E ancora rendere gli asili gratuiti per un’ampia fascia di popolazione (attraverso il potenziamento e la semplificazione dei bonus e soprattutto per chi vive in zone interne e svantaggiate) e incentivare con risorse a fondo perduto i privati che investono sul settore in termini di conversione o adeguamento delle strutture. E non solo. La formazione centrista vorrebbe imporre l’obbligo per le grandi aziende pubbliche e private di mettere in piedi asili per i loro dipendenti. Un altro punto è quello di aumentare la pletora di potenziali insegnanti non soltanto in termini inevitabilmente numerici, ma anche in termini di lauree abilitate all’insegnamento negli asili. 

Non è un paese per giovani

I Neet, giovani tra i 16 e i 29 anni che non lavorano e non studiano, rimangono la grande questione nazionale. Parliamo di circa due milioni di persone. Ma se i Neet piangono, i giovani occupati di certo non ridono. Il lavoro giovanile è nei fatti iperprecario o sottopagato. Che fare? “Far ripartire coloro che sono Neet già oggi attraverso un investimento straordinario nella loro autonomia economica e nella loro formazione, dando loro finalmente accesso a quelle opportunità che gli sono state sistematicamente tolte. Ciò comporta: la creazione di un nuovo sostegno al reddito, che consenta loro di emanciparsi, spostarsi, formarsi e quindi riacquisire quella fiducia nel futuro che gli è stata tolta; la creazione di nuovi percorsi di formazione breve e online che li aiutino ad acquisire le competenze mancanti; un supporto digitale per la ricerca del lavoro, integrato a livello nazionale e una revisione del contratto di tirocinio e sgravi per le assunzioni”, scrivono gli azionisti. Tra le proposte elaborate da Azione c’è il sostegno di duecento euro per contribuire all’autonomia educativa dei ragazzi tra i 19 e i 23 anni e di una somma analoga per sostenere gli studenti fuorisede. Senza dimenticare interventi migliorativi per un’istruzione di qualità e una lotta serrata alla dispersione scolastica.  

La disparità di genere

Last but not least: le donne. Le disparità tra I generi vanno combattute attraverso un mix di azioni culturali ed economiche. Vediamo quali. In primis educazione sessuale nelle scuole e corsi sugli stereotipi in contesti formativi e lavorativi. Ma anche il potenziamento dei centri antiviolenza, congedi di genitorialità che equiparino uomo e donna e mettano equilibrio in termini di ruoli familiari, trasparenza nelle retribuzioni salariali e fiscalità differenziata tra uomini e donne per incentivare il lavoro femminile favorire i percorsi formativi di tipo scientifico che rimangono quasi ad esclusivo appannaggio maschile.  

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