Nicastri: "Pagavamo tangenti"| Arata: "Sei un bugiardo" - Live Sicilia

Nicastri: “Pagavamo tangenti”| Arata: “Sei un bugiardo”

Vito Nicastri e Paolo Arata

Incidente probatorio a Palermo. Il "re vento" conferma le accuse al prof genovese vicino alla Lega

PALERMO – “Bugiardo”, dice Paolo Arata mentre ascolta le parole di Vito Nicastri. Il “re del vento” in affari con la mafia conferma le accuse nei confronti del professore genovese e consulente della Lega per i temi energetici. Ribadisce di avere pagato tangenti ai burocrati regionali. Arata, suo socio in affari, ne era al corrente e in un’occasione gli diede i soldi per la mazzetta.

Nicastri, che da alcune settimane ha deciso di collaborare con la magistratura, viene sentito nel corso di un incidente probatorio davanti al giudice per le indagini preliminari Guglielmo NIcastro. A chiedere di cristallizzare le prove raccolte dalla Direzione investigativa antimafia sono stati il procuratore aggiunto Paolo Guido e il sostituto Gianluca De Leo che coordinano l’inchiesta sul giro di tangenti. Stessa cosa era avvenuto a Roma nel procedimento che vede indagato l’ex sottosegretario Armando Siri, indagato perché avrebbe ricevuto la promessa di una mazzetta da 30 mila euro. Sarebbe stato questo il prezzo della corruzione affinché il leghista Siri spingesse per l’approvazione, non avvenuta, di un emendamento favorevole alla coppia Arata-Nicastri.

Vito Nicastri a Palermo non fa alcun passo indietro rispetto al verbale reso a metà giugno. Ricostruisce il ruolo di trait d’union per le tangenti di Giacono Causarano, funzionario dell’assessorato regionale all’Energia, con Alberto Tinnisello, dirigente responsabile dell’ufficio III dell’assessorato, colui il quale avrebbe dovuto firmare l’autorizzazione per gli impianti di Francofonte e Calatafimi per la produzione di energie alternative del duo Arata-Nicastri.

Nicastri conferma di aver consegnato a Causarano, che doveva girarli a Tinnirello centomila euro. Era solo una parte di una mazzetta ben più cospicua: 500 mila euro. In ballo c’erano tre autorizzazione che, una volta rilasciate dalla Regione e rivendute, avrebbero fruttato tra i 10 e i 15 milioni di euro. La forza di Nicastri è sempre stata questa: creare società con poche migliaia di euro e rivenderle a peso d’oro. Per farlo sarebbe stato necessario ottenere una corsia preferenziale negli uffici regionali. Dei pagamenti, dice NIcastri, Paolo Arata veniva informato dal figlio Francesco.

“Bugiardo”, dice Arata senior in aula. “Posso replicare?’”, risponde Nicastri chiedendo il permesso al gip. Permesso non accordato. L’incidente probatorio si chiude qui. Al fascicolo dell’inchiesta viene acquisito  il verbale del figlio di Nicastri, Manlio. Nella prima parte ci sono una serie di “escludo” con cui l’indagato all’inizio si è difeso dalle accuse. Alla fine, però, il registro è cambiato. Anche Manlio Nicastri avrebbe ammesso di avere pagato tangenti.


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