CALTANISSETTA – Sul finire dell’udienza le difese si giocano una carta a sorpresa. Quando si attende che il Tribunale dichiari chiuso il lungo esame di Silvana Saguto, l’avvocato Sergio Monaco, difensore di Gaetano Cappellano Seminara, pure lui imputato, chiede di depositare un documento.
Si tratta del piano industriale degli alberghi Ponte, un tempo in amministrazione giudiziaria. Sarebbe la relazione che Cappellano Seminara consegnò a Saguto la sera del 30 giugno 2015. Secondo la Procura, l’amministratore giudiziario era andato a casa dall’ex presidente delle Misure di prevenzione per portarle una mazzetta da ventimila euro dentro un trolley. È uno degli episodi, non il solo per la verità (si parla anche di altre dazioni di denaro in contanti), per cui è scattata l’imputazione per corruzione.
L’incontro avvenne il 30 giugno e il documento depositato in Tribunale porta la data del primo luglio. Saguto lo riconosce, ma non ricorda i dettagli. A spiegarli interviene Cappellano Seminara che chiede di fare dichiarazioni spontanee.
Nel documento c’è un’altra data, 6 agosto 2015, corrispondente al giorno in cui il piano industriale fu vistato dalla Procura della Repubblica. Manca la data di consegna alla sezione delle Misure di prevenzione. Saranno i pubblici ministeri a fare gli accertamenti per verificare l’iter giudiziario.
“Parlavamo di documenti”, si era difesa poche ore prima Saguto di fronte alle contestazioni dei pm Claudia Pasciuti e Maurizio Bonaccorso, secondo cui il linguaggio criptico serviva a nascondere il passaggio di denaro. Circostanza quest’ultima che, ritiene l’accusa, emerge con chiarezza dalle intercettazioni. “Che motivo aveva di parlare anche con suo figlio Elio di questi documenti?”, aveva chiesto ancora il pm: “Parlavamo di tante cose. Saltavo di pala in frasca. Mi chiedeva informazioni su tutto”.
Il confronto si era fatto serrato. Perché diceva al figlio “non c’è li darà”?.“Al telefono si sbaglia”, aveva tagliato corto Saguto. Chi doveva dare qualcosa? Secondo l’accusa, in quei giorni di giugno del 2015, Saguto avrebbe ottenuto del denaro da Cappellano in concomitanza con un momento di difficoltà economica del giudice. Ed infatti con il marito Saguto definiva “un miracolo” il fatto che pur essendo in rosso il conto corrente era passato l’addebito mensile della carta di credito. Poi, aggiungeva: “… quello non ho bisogno di andarlo a cercare oggi”. Chi è “quello”? “Mio padre, non c’era bisogno di chiedere aiuto perché la banca aveva fatto passare la carta. Io chiedevo aiuto a mio padre o a mio suocero” . “Scusi, ma lei a suo padre lo chiama quello”, aveva incalzato il pm. Risposta: “Può anche darsi, lo dico anche per mio marito, i miei figli. Non è molto grazioso ma capita”. Il pm le aveva letto l’intercettazione in cui il marito della giudice l’avvertiva delle sollecitazioni di Banca Nuova per coprire il debito. “Ora sto chiamando”, rispose allora. Ed invece telefonò a Cappellano Seminara per parlare dei documenti. Per Saguto, così ha detto, le questioni più importanti erano quelle di lavoro. Anche perché “avrei potuto benissimo parlare con i vertici di Banca Nuova. Mi avevano pregato di andare a pranzo con loro, erano arrivati da Roma, volevano collaborare con la sezione Misure di prevenzione per la gestione dei crediti”.
La conclusione è sempre la stessa: “Parlavamo di documenti. C’era una scadenza. Infatti mi diceva che eventualmente potevo con Aulo Gigante. Se non erano documenti che motivo c’era di parlare con Gigante”. Il suo legale, l’avvocato Ninni Reina, ha sempre sostenuto, intercettazioni alla mano, che davvero si parlasse di una relazione a cui aveva lavorato Gigante.
Alla fine dell’udienza spunta il documento sulla base del quale, dicono i difensori, emergerebbe che in quella sera di giugno Cappellano Seminara andò a casa di Saguto per consegnare il piano industriale degli alberghi Ponte.