A Termini Imerese, dopo le continue dichiarazioni di Marchionne, si respira un clima di profonda preoccupazione per il futuro. Purtroppo è passata, tra gli operai, l’idea secondo cui “questa volta si chiude davvero”. Ma non sarà domani. E la possibilità di posticipare con la mente l’immagine dei cancelli chiusi della Fiat di Termini rende meno diretto lo scontro sociale, a differenza del 2002. Sette anni fa, infatti, le lotte sono state dure, per ben due mesi siamo rimasti a protestare davanti i cancelli dello stabilimento. Oggi bisogna tenere conto di una serie di fattori: intanto bisogna considerare la crisi economica globale e poi, rispetto alla situazione del 2002, oggi la Fiat non attraversa il profondo disagio economico in cui versava allora. Infine, i dipendenti eravamo il doppio, circa 4000, eravamo più giovani, sentivamo di rischiare di più. Oggi i più “anziani” sanno che saranno accompagnati dagli ammortizzatori sociali nel percorso pensionistico e quindi temono meno la chiusura. Ma i rischi restano tanti anche per loro. Per questo credo che il clima di scontro sia in realtà destinato a salire nei prossimi mesi, con l’avvicinarsi della chiusura.
Guardando a quel che è cambiato negli ultimi 7 anni, non ci si può esimere, inoltre, da alcune valutazioni politiche. Quando nel 2002 si rischiò la chiusura, alla fine con le nostre lotte riuscimmo ad invertire quella tendenza grazie alle soluzioni trovate di concerto con in vertici aziendali, il governo nazionale (allora guidato da Silvio Berlusconi, anche se il piano di rilancio fu poi concretizzato tra il 2006 e il 2007 dal governo Prodi) e il governo regionale (capitanato da Salvatore Cuffaro): Termini Imerese sarebbe diventato un polo d’eccellenza industriale. Ad oggi possiamo dire che non è stato fatto assolutamente niente. E siamo di nuovo qua. Si torna a parlare di chiusura, e questa volta sembra che si faccia sul serio. Le tante promesse del governatore Cuffaro sono rimaste soltanto parole, niente di quello che si sarebbe dovuto fare è stato fatto, conti alla mano. Era il 9 aprile 2008 quando si decise che sarebbero stati investiti 550 milioni di euro (che, in parte, vennero davvero spesi) e si sarebbero fatte 250 nuove assunzioni per produrre in Sicilia le nuove Lancia Y. Il governo nazionale stanziò circa 46 milioni di euro, partì il progetto, si fece la formazione professionale del personale. Poi nulla. Nel 2009, il 18 giugno, arrivò la prima doccia fredda: da Torino annunciarono la chiusura dello stabilimento e parlarono di un’ipotetica riconversione industriale. Fino all’involuzione del 22 dicembre, quando si è smesso di parlare di riconversione e si è ufficializzata la chiusura per la fine del 2011.
Il rischio che questa volta i cancelli di Termini non saranno più aperti c’è, è forte, lo avvertiamo tutti. Ma c’è ancora da lottare, il governo Lombardo ha manifestato la volontà politica di salvare l’azienda. Noi staremo a vedere. Chissà. Magari questa volta le parole diventeranno fatti.
(testo raccolto da Miriam Di Peri)