Non esistono più i grandi elettori | È la Sicilia dei potenti senza voti - Live Sicilia

Non esistono più i grandi elettori | È la Sicilia dei potenti senza voti

Crollati i feudi storici guidati dai "ras". Chi oggi comanda nell'Isola non gode più di consenso.

PALERMO – C’era una volta la Sicilia dei feudi e dei fortini. Dei re e dei ras. Un’Isola di potenti che spostavano il consenso, lo indirizzavano decidendo elezioni e carriere. C’erano una volta, insomma, i grandi elettori, da Agrigento a Messina, spazzati via, oggi, dalla malapolitica, dall’antipolitica e dalla tempesta grillina che sembra oggi ancora all’inizio. Da Alfano a Crisafulli, da Firrarello a Genovese, quei fortini, per motivi e storie diverse, sono crollati. E hanno lasciato, a mo’ di ruderi, potenti senza voti, senza un consenso che sia stato certificato da recenti elezioni. Dallo stesso primo ministro Alfano al “governatore-ombra” Lumia. Decidono le sorti della Nazione e della Regione. Ma nulla fa pensare che questo potere poggi su un consenso elettorale.

Era convinto di vincere anche “col sorteggio”. Ma alle ultime elezioni amministrative, il “re” di Enna Mirello Crisafulli ha abdicato. Addio alla poltrona di sindaco, dopo lo smacco di essere considerato un “impresentabile” per lo stesso Partito democratico che in quei giorni, però, lo confermava segretario provinciale, fino al commissariamento. Una sconfitta storica, e il segnale dei tempi che mutano. Così come è avvenuto, più o meno negli stessi giorni, altrove. A Bronte, ad esempio, il candidato appoggiato da Pino firrarello, non è riuscito a battere al ballottaggio il candidato del centrosinistra, il neo sindaco Graziano Calanna. Una sconfitta in casa bruciante per chi è considerato da anni un signore incontrastato della città del pistacchio. Un “potere” che avrebbe dovuto persino rafforzarsi, vista la prestigiosa posizione occupata dal genero Giuseppe Castiglione, oggi sottosegretario nel governo Renzi. E invece, forse proprio la scelta di allearsi col centrosinistra ha polverizzato lo storico “zoccolo” degli elettori dell’ex big del Pdl, oggi in Ncd. Lo stesso Firrarello pare l’abbia anche confessato ad alcuni amici: “Finché saremo con Renzi, non ci seguirà il 70 per cento del nostro storico elettorato”.

Ma anche a Palermo non sono stati tempi facili per quelli che una volta erano i “grandi elettori”. Le divisioni del centrodestra siciliano, con le liti furiose tra berlusconiani e alfaniani, ad esempio, hanno depotenziato certamente la macchina da voti che era Francesco Cascio. Capace, ovviamente, anche in questa tornata di raggiungere Sala d’Ercole, ma con un consenso assai ridotto rispetto ai fasti delle precedenti legislature. Se infatti nel 2008, l’ex presidente dell’Ars portò a casa oltre 21 mila preferenze, alle ultime elezioni ha dovuto “accontentarsi” di poco più di 12 mila. Quasi metà dei voti è scomparsa. E non è solo colpa dell’astensione. Del resto, il capoluogo ha visto sparire dalla scena politica altri grandi elettori. È il caso di Francesco Musotto, ex presidente della Provincia e capogruppo dell’Mpa di Lombardo: nella scorsa legislatura fu eletto con oltre 18 mila voti. Oggi non ne vuole più sapere, anche in seguito alla vicenda sulle “spese pazze” dalle quali è uscito prosciolto, ma amareggiato. Da “testare”, invece, le potenzialità di consenso di Francesco Scoma, che ha lasciato Sala d’Ercole per Montecitorio, sparendo un po’ dai radar della politica siciliana.

Eppure, a guardar bene la Sicilia è terra di potenti, potentissimi. Il cui consenso, però, è ormai ridotto a dogma di fede. Per restare attorno al capoluogo, ad esempio, basti pensare alla capacità di influenza sul governo regionale esercitata da Giuseppe Lumia. Il senatore “della porta accanto”, come lo definì Pietrangelo Buttafuoco, si nuove per i saloni di Palazzo d’Orleans col piglio del padrone di casa. Riceve, incontra, dà le carte, partecipa, indica e suggerisce. Insomma, comanda, facendosi anche un po’ gli affari del governo, così come vuole il governatore. Eppure, su quanti voti può contare oggi Giuseppe Lumia. Quanti siciliani, insomma, lo eleggerebbero, se potessero? Una risposta non c’è perché da anni, Lumia naviga nel mare della politica siculo-nazionale grazie a nomine in questa o quella lista politica. Ultima, quella costruita “ad hoc” del Megafono. Un Movimento, del resto, già sgonfio. E il dubbio oggi è che a Lumia, di elettori veri ne siano rimasti meno del numero dei comunicati stampa a forte matrice antimafiosa, snocciolati in un anno solare.

Ma per restare ancora nel mondo che lega Palermo e Roma, ecco la figura di Davide Faraone. Che punta ormai chiaramente a Palazzo d’Orleans. Crocetta ogni tanto lo punzecchia, sulla portata potenziale del consenso dell’attuale sottosegretario e “mandatario” del governo nazionale nell’Isola. E ha, in effetti, qualche elemento per farlo, visto che Faraone, alle ultime elezioni alle quali abbia partecipato, non è riuscito nemmeno a ottenere un seggio all’Ars. Hanno fatto meglio di lui, in termini di voti, da Cracolici a Lupo, passando per Ferrandelli. Eppure, in attesa di cimentarsi in una competizione nella quale dovrà chiedere ai siciliani quei voti che non riuscì a ottenere allora, condiziona e indirizza, di fatto, la politica economia, sanitaria ed energetica (compresa la querelle sui rifiuti) della Sicilia.

Ti sposti sull’altro versante e non cambia molto. Catania negli ultimi anni è oggetto di costanti scosse di assestamento che serviranno per riposizionare il consenso che fu di due grandissimi elettori come Lino Leanza, prematuramente scomparso, e Raffaele Lombardo travolto dall’inchiesta giudiziaria insieme al sul Movimento per le autonomie. Lì, si fanno strada anche i giovani rampanti come Luca Sammartino, ex Udc e ora neo renziano, insieme all’ex cuffariana Valeria Sudano. Senza dimenticare, ovviamente, i blocchi costituiti a sinistra da Enzo Bianco e a destra da Nello Musumeci che sembrano ancora godere di un consenso personale.

Ma i grandi elettori non esistono più per tanti motivi. A Messina, ad esempio, difficile pensare che le vicende giudiziarie che hanno riguardato Francantonio Genovese non finiscano per intaccare un bacino di voti enorme. Così ampio da consentire al cognato di Genovese, Franco Rinaldi, di giungere all’Ars in questa legislatura con la palma del deputato più votato tra i novanta. E insieme agli scossoni della giustizia, ecco anche quelli politici, con la rottura violenta col Pd e il passaggio in Forza Italia. Travasi che storicamente non riescono mai alla perfezione. Tante gocce di consenso si disperdono in mille rivoli. Lo stesso vale per l’ex sindaco Giuseppe Buzzanca, eletto nel 2008 con quasi 18.500 voti. Ma distratto negli ultimi anni da qualche vicenda giudiziaria.

Insomma, mancano i consueti punti di riferimento, un po’ dovunque. Ad Agrigento, ad esempio, dove ovviamente è “esploso” il mondo che era di Totò Cuffaro. Ma anche alcuni potenti “satellite” come fu l’ex assessore Luigi Gentile, oggi sembrano un po’ defilati. E soprattutto è stato lanciato un annuncio per cercare i voti di Angelino Alfano. Sì, uno dei più potenti ministri del governo Renzi, leader di un partito che non è stato in grado di presentare, da Favara a Porta Empedocle, il proprio simbolo. E che lì, in quello che dovrebbe essere un suo feudo, storicamente a trazione democristiana, ha subito pesanti scoppole dal Movimento cinque stelle. E del resto, sono in tanti ormai a ironizzare sul fatto che Ncd possa contare oggi su più poltrone che voti. Nemmeno la fusione a freddo con l’Udc (di Casini, ma non di Cesa, pare) sembra abbia riportato i centristi sopra la soglia del tre per cento. Mentre dal partito fuggono a gambe levate, in polemica con Alfano, big e fondatori, compreso l’ex presidente del Senato Schifani. Eppure, Angelino, in mezzo alle polemiche legate alla brillante e fulminea carriera del fratello in Poste italiane, tiene dritto il timone, convinto di pilotare un transatlantico. Ma i voti sono scappati. E le poltrone, anche quelle, iniziano a traballare

La provincia di Trapani invece negli ultimi anni sembra un po’ orfana di Nino Papania, che fino a qualche anno fa “regnava” in una zona dove Giulia Adamo, negli anni scorsi ha rivestito il ruolo di presidente della Provincia e capogruppo all’Ars dell’Udc. Oggi, il Trapanese sembra già terra grillina.

Così come il Nisseno. Prima di cacciare il neo-sindaco dal Movimento cinque stelle, i grillini avevano conquistato Gela. La città-feudo del governatore Crocetta, che si è impegnato in prima persona a sostegno del sindaco Angelo Fasulo, sconfitto da Domenico Messinese. Il presidente eletto dai siciliani, ma scaricato in tre anni dalla gran parte di quelli che furono suoi compagni di viaggio anche in seguito a un governo che sta solo producendo macerie, non ha vinto nemmeno a casa sua. E’ la Sicilia dei potenti senza consenso.

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