"Non voglio fare| il governatore" - Live Sicilia

“Non voglio fare| il governatore”

Il partito è insorto contro di lui, indicandolo come il responsabile (o uno dei responsabili) della debacle palermitana e della scelta di un candidato sindaco, Massimo Costa, che non ha nemmeno raggiunto il ballottaggio. Ma Francesco Cascio non accetta di recitare il ruolo di agnello sacrificale. E contrattacca

Cascio: "Pdl? Se non fosse per Alfano lascerei"
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Il partito è insorto contro di lui, indicandolo come il responsabile (o uno dei responsabili) della debacle palermitana e della scelta di un candidato sindaco, Massimo Costa, che non ha nemmeno raggiunto il ballottaggio. Ma Francesco Cascio non accetta di recitare il ruolo di agnello sacrificale, e oggi contrattacca: “Qualcuno forse ha vissuto troppo tempo nella polvere e oggi vuole prendersi qualche rivincita”.

Immagino si riferisca a quanti, nel suo partito, oggi la considerano “colpevole” della decisione di non candidarsi a sindaco e anche della scelta di Massimo Costa.
“Certamente. Mi rendo conto che in tanti oggi vogliano pulirsi il coltello su di me. Ma è una cosa che mi sorprende fino a un certo punto”.

In che senso?
“So bene che in politica i veri nemici li hai dentro il partito”.

Ma lei non crede di aver commesso qualche errore? Ad esempio, la scelta di non accettare l’invito a candidarsi a sindaco?
“Guardi, io ero pronto e disponibile. E lo sono stato fino all’ultimo. Si figuri che avevo anche prenotato la sala della Camera di Commercio per annunciare la mia candidatura…”.

Poi cos’è successo?
“Io ho proposto al segretario nazionale Alfano due opzioni: la prima era la mia candidatura in solitario. Che, tra l’altro, sembrava godere di un certo consenso tra la gente”.

E la seconda, ovviamente, era quella di Massimo Costa.
“L’appoggio a Costa rispondeva alla necessità di coinvolgere altri partiti come Grande Sud e Udc, anche in vista di una riproposizione di questa coalizione alle elezioni regionali”.

Alla fine, Alfano ha scelto la seconda opzione.
“Non solo Alfano. Di tutte le scelte, ad esempio, è stato costantemente informato il presidente del Senato Renato Schifani, che ha seguito la vicenda passo dopo passo”.

Fatto sta che la scelta non ha funzionato. Costa non ha raggiunto nemmeno il ballottaggio, e il Pdl ha perso dieci punti rispetto al 2007.
“Il calo del partito credo vada rivisto alla luce dei dati registrati nel resto d’Italia, dove le grosse forze politiche hanno perso tutte tra il 20 e il 60 per cento del proprio consenso. Tranne l’Udc, che ha tenuto, e il movimento di Grillo che è cresciuto notevolmente”.

Quindi solo “motivazioni generali” alla base della debacle palermitana?
“No, assolutamente. Non voglio eludere la questione. A Palermo è ovvio che il Pdl ha segnato un passo indietro notevole. E soprattutto, ha perso la città. Anche se quest’ultima eventualità era abbastanza preventivabile. Ma questa è la democrazia: una volta si vince, una volta si perde. Adesso dobbiamo solo rimboccarci le maniche”.

In un partito che, però, sembra dilaniato ormai dalle polemiche e dalle tensioni.
“Io ho poco da rimproverarmi. In queste elezioni ho messo tutto il mio impegno. I candidati che ho appoggiato personalmente hanno ottenuto oltre cinquemila voti. Non so se gli altri hanno fatto lo stesso…”.

A chi si riferisce?
“Penso, ad esempio, che se le liste fossero state composte in maniera migliore, non avremmo avuto tanti candidati da venti voti ciascuno. Se, ad esempio, il coordinatore provinciale (Francesco Scoma, ndr), punta solo su Tantillo e non lavora a un gruppo di persone in grado di portare un buon numero di preferenze, non credo che faccia un buon servizio al partito”.

Scoma però è proprio uno dei suoi colleghi che la indicano come il responsabile di questa sconfitta.
“Io credo di pagare all’interno del mio partito, anche lo scotto di una certa visibilità dovuta al ruolo di presidente dell’Assemblea regionale siciliana”.

In che senso “paga lo scotto”?
“Nel senso che certamente mi sono attirato diverse inimicizie tra i miei colleghi del Pdl. Anche perché, nel mio ruolo di presidente dell’Ars ho operato tagli ai costi della politica che certamente non sono stati digeriti bene all’interno dei gruppi parlamentari. Anche del mio”.

Non pensa, invece, che un’ampia fetta del suo partito abbia voluto anche smorzare la sua aspirazione a ricoprire il ruolo di presidente della Regione?
“Certo che lo penso. È così. Ma, vede, io a differenza di altri nel mio partito, una volta finita questa legislatura, ho qualcosa da fare: sono un medico. Posso tornare a fare la mia professione. Non sono certo come i bambini che piangono perché vogliono il giocattolo a tutti i costi. Anche perché il giocattolo non è dei più semplici da maneggiare”.

In che senso?
“Chi verrà eletto presidente della Regione, dovrà confrontarsi con le macerie e i disastri lasciati da Raffaele Lombardo. Servirà quindi un candidato che possa godere di un appoggio ampio, una condivisione larga, in modo da poter risollevare le sorti di una regione in ginocchio”.

E lei pensa di non poter ottenere quest’ampia condivisione, questo consenso...
“Guardi, lo dico oggi, così ci togliamo il pensiero: io il presidente della Regione non lo voglio fare. Non mi interessa più. Qualcuno si metta il cuore in pace”.

Come si riparte, da domani, nel Pdl? Com’è il clima, oggi, all’interno del suo partito?
“Come vuole che sia, non è certamente dei migliori. Dopo una sconfitta, si cerca sempre un agnello sacrificale. Ma quelli che parlano, sono piccoli uomini. E i piccoli uomini di Palermo, sono i più piccoli di tutti”.

A cosa porterà, secondo lei, questo stato di tensione interna al partito?
“In generale non saprei. A livello personale, posso solo augurarmi che finisca prima possibile. Comunque sia, al momento opportuno farò le mie valutazioni”.

Sta pensando di lasciare il Pdl?
“Io sono troppo amico di Angelino Alfano. Gli voglio bene. E oggi lui sta vivendo un momento di difficoltà per certi versi analogo al mio. E gli amici, in un momento di difficoltà non si abbandonano mai”.

Quindi la sua permanenza nel partito è legata solo al suo rapporto col segretario nazionale?
“Le dico di più: se oggi Alfano fosse più forte, non esisterei a lasciare il Pdl”.


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