PALERMO – Cinquanta milioni di euro che, da sei anni, restano chiusi nei cassetti del comune di Palermo, mentre il Palazzo di Città deve fare i conti con le infiltrazioni d’acqua e interi quartieri aspettano l’illuminazione. Ecco la paradossale vicenda dei fondi Fas, destinati dal Cipe al capoluogo siciliano nel 2009 e che ad oggi, fine 2015, risultano spesi solo per due terzi. Una storia di cattiva amministrazione dei soldi pubblici che si intreccia a doppio filo con l’elefantiaca mole di norme sugli appalti che rendono ogni bando una corsa a ostacoli.
Il Cipe nel 2009 ha destinato, in tutto, 150 milioni di euro a Palermo: di questi quasi 70 sono stati usati per la discarica di Bellolampo (mediante l’allora commissario regionale), mentre gli altri 80 sono rimasti a disposizione del Comune. Nel 2013 l’amministrazione Orlando ha deciso di rimodulare i fondi rimasti, dividendo le spese in modo diverso: 11 milioni per interventi nelle scuole, 21,6 per gli edifici comunali (dal canile al Palasport, fino ai Cantieri della Zisa e a Palazzo delle Aquile), 20 per autobus nuovi e cordoli e 15,4 per la pubblica illuminazione nei quartieri Oreto, Mondello, Arenella e Libertà. E, prevedendo anche le possibili economie, il Comune ha anche deciso come usare gli eventuali avanzi: recupero dell’ex convento San Francesco d’Assisi, Favorita, ex Fiera del Mediterraneo, semafori di nuove generazione e lavori nelle scuole.
Il problema è che sugli 80 milioni rimasti, al netto di Bellolampo, ne risultano spesi finora appena una trentina. Ogni intervento ha una storia a sé e, tranne alcuni, un po’ tutti hanno risentito di ritardi e complicazioni di varia natura. Per gli impianti di pubblicazione illuminazione del quadrilatero Sciuti (1,6 milioni) e Oreto (3,5), per esempio, si è ancora alla firma del contratto che dovrebbe avvenire a breve. Il restauro dei padiglioni 1 e 2 dei Cantieri culturali della Zisa (3,6 milioni) è invece a un punto morto: è stato sostituito il Rup ed emesso un provvedimento urgente per arrivare alla gara entro il prossimo 30 gennaio. I lavori alla scuola media Cesareo di via Paratore (4,6 milioni) non sono ancora partiti: il progetto presentava delle criticità e si sta andando verso la risoluzione del contratto per poter giungere in futuro al progetto esecutivo. Per le scuole Impastato (1,2 milioni) e Da Vinci (4 milioni) i cantieri saranno consegnati nel 2016.
Quasi 2 milioni sono destinati al rifacimento del canile di via Tiro a Segno, ma bisogna prima spostare altrove gli animali: gli uffici assicurano che nell’arco di qualche mese il problema sarà risolto. Sono in corso i lavori alla scuola Pestalozzi (427mila euro), mentre si è alla vigilia dell’aggiudicazione per quelli della Setti Carraro (600mila euro circa); per le fogne in via Atanasio e Mango (2 milioni) manca il decreto di cofinanziamento della Regione. Per le fogne in via Messina Marine, dell’importo di ben 14,5 milioni, si sta ancora scegliendo tramite bando il verificatore del progetto, mentre per il rifacimento del ponte Oreto (3,8 milioni) si stanno appaltando gli esami preventivi. Gli impianti di illuminazione di Mondello e Addaura risultano ancora all’Urega, mentre per la pulizia dei canali di maltempo si ricorrerà alla Reset.
Capitolo a parte va fatto per Palazzo delle Aquile, sede ufficiale del Comune in pieno percorso Unesco, che viene visitato da migliaia di turisti ogni anno e giornalmente ospita scolaresche e manifestazioni, malgrado piova dentro (tanto da spingere lo scorso agosto alla chiusura temporanea dell’intera struttura). Il progetto di rifacimento da 12,5 milioni di euro dovrebbe essere pronto per la fine dell’anno e andare a gara all’inizio del 2016, anche se non è detto che l’importo non venga rimodulato al ribasso. Risultano già spesi solo i 20 milioni per autobus e cordoli e i 9,4 milioni per l’acquisto dei mezzi di Palermo Differenzia 2 (anche questi ultimi gestiti dalla Regione).
Gli uffici comunali stanno provando a correre ai ripari con riunioni serrate e accelerazioni degli iter, ma uno dei problemi principali, spiega l’amministrazione, è che ci sono troppe norme sugli appalti pubblici che rendono ogni gara una specie di Odissea. Un esempio? Ogni intervento prevede più bandi: non solo quello per l’affidamento dell’opera da realizzare ma anche quelli che sono necessari per scegliere il verificatore, se l’importo è superiore ai 5 milioni di euro, o per le indagini preliminari. Il codice dei contratti conta di 257 articoli e 22 allegati, poi c’è un regolamento di attuazione di 359 articoli e un’altra ventina di allegati. A questi si aggiungono le norme di recepimento in Sicilia (ulteriori 35 articoli). Va peggio se si è in presenza di qualche vincolo o di qualche esproprio, perché in quel caso entrano in gioco altre norme ad hoc. Infine, una volta avuto un quadro chiaro e definito, il rischio è che le norme vengano continuamente modificate dalla Finanziaria di turno. Praticamente una giungla.
La speranza degli addetti ai lavori è che il governo, forte di una delega, recepisca le normative comunitarie che snellirebbero alcuni passaggi ma intanto, al netto delle querelle burocratiche, 50 milioni restano fermi mentre la città attende gli interventi. “Ne emerge un quadro di ritardo generale, un mosaico in cui è difficile individuare le responsabilità ma tutto l’apparato normativo certamente non aiuta – dice il vicesindaco Emilio Arcuri – da mesi denunciamo che così non si può lavorare. Prendiamo il caso paradossale del collettore sud orientale: abbiamo fatto tre conferenze di servizi e ancora l’iter non si è concluso. Ma c’è anche il problema dell’erogazione delle risorse con fondi extracomunali: la Regione deve fare ogni volta un decreto che va registrato dalla Corte dei Conti. Insomma, per la sola verifica del progetto, bene che vada, servono dai 3 agli 8 mesi; ci sono inoltre le conferenze di servizi, le osservazioni, l’approvazione definitiva, l’erogazione delle somme e infine la gara. Se va bene, quasi tre anni. Siamo di fronte a un sistema non compatibile con un governo responsabile del territorio, nessuno può gestire il rapporto con i bisogni della collettività con questi strumenti normativi. E’ una grande fatica. Nonostante tutto, non ci sono alternative e quindi cercheremo di tagliare i tempi morti”.