PALERMO – “Questo è un processo politico costituito da depistaggi e voluto dallo Stato, siate sereni nell’opporvi a queste ricostruzioni e confermate l’assoluzione di primo grado perché non c’e’ un solo elemento sul quale costruire l’accusa”.
Ad affermarlo oggi è stato l’avvocato Luca Cianferoni, difensore del boss Totò Riina, unico imputato del sequestro e dell’omicidio del giornalista de “L’Ora” Mauro De Mauro. L’assoluzione è stata chiesta nel corso del processo davanti alla Corte di Assise d’Appello di Palermo, presieduta da Biagio Insacco: Riina era collegato in videoconferenza, ma non ha preso parola.
Secondo l’avvocato del boss di Corleone, “Riina non è un depistatore. E neanche Cosa nostra, perché il delitto De Mauro – ha proseguito il legale – fu messo in piedi in fretta e furia, organizzato ed eseguito da Stefano Bontade, uomo d’onore in contatto con la Cia. Riina di quell’omicidio non sapeva nulla”.
Quanto affermato dall’avvocato arriva a distanza di quasi due mesi dal 19 settembre, giorno in cui il pg Luigi Patronaggio aveva chiesto per Riina la condanna all’ergastolo e l’isolamento diurno per tre anni. In primo grado il boss corleonese era stato assolto. Secondo l’avvocato toscano era un periodo storico ben preciso e “De Mauro, senza volerlo, si era infilato in un ginepraio, scoprendo che la Cia era presente in Sicilia e proprio in Bontade aveva un suo sicuro contatto.
Il suo omicidio viene chiesto e voluto dalla Cia. Riina è praticamente dicentato – ha aggiunto l’avvocato – il parafulmine di tutte le stragi possibili ma certamente prove penalmente rilevanti su una sua responsabilità decisionale, di pianificazione e di esecuzione materiale dell’omicidio, non ce ne sono”. La prossima udienza è stata fissata per il 20 gennaio, quando toccherà a Giovanni Anania, altro difensore di Riina. Poi la Corte si ritirerà in camera di consiglio.