PALERMO – Vincenzo Bontà non si dava pace. Non riusciva a trovare giustificazione sui consumi idrici in bolletta. E avrebbe iniziato a sospettare dei vicini.
Un parente accenna la vicenda agli investigatori che si mettono al lavoro e scovano il possibile movente del duplice omicidio di via Falsomiele o almeno la scintilla che avrebbe scatenato la furia omicida.
Passano le ore e gli agenti della Squadra Mobile trovano riscontri. Il capo Rodolfo Ruperti ha chiesto l’intervento dei tecnici dell’Amap prima e delle ruspe poi. Bontà era sospettoso da tempo. Lui non consumava acqua eppure il contatore continuava a girare. E così aveva deciso di chiudere il rubinetto a monte. Niente, neppure il rimedio estremo avrebbe cambiato le cose. Sarebbe stata la conferma ai suoi sospetti. Anche perché, è questo lo avrebbero accertato gli investigatori, i consumi dei coniugi Gregoli restavano prossimi allo zero nonostante, a differenza di Bontà, con la stessa condotta idrica alimentassero la loro abitazione.
In ballo c’erano poche decine di euro. Pochi spiccioli possono da sole avere scatenato la reazione di Carlo Gregoli e della moglie Adele Velardo, scesi da casa armati e pronti a fare fuoco? Ecco perché si scava nella vita dei protagonisti della vicenda. Sia dei presunti killer che della vittima, legati da una parentela indiretta. Il secondo uomo ucciso, Giuseppe Vela, avrebbe pagato con la vita il fatto di essere stato invitato a presenziare da Bontà, lui che da giardiniere aveva dimestichezza con i consumi idrici, come esperto della situazione. Nulla finora è emerso su possibili vecchi rancori.
L’unica cosa saltata fuori è la storia dell’acqua. Ed in effetti Bontà e Vela hanno trovato la morte a pochi metri dai contatori dove probabilmente si erano dati appuntamento per verificare i consumi assieme a Gregoli e Velardo. Marito e moglie potrebbe avere fatto fuoco temendo la reazione di Bontà?
Gli operai dell’Amap, l’azienda che gestisce il servizio idrico nella città di Palermo, stanno cercando di scoprire come giungesse l’acqua in casa dei coniugi arrestati. La presenza di un pozzetto o di un allaccio abusivo potrebbero offrire un riscontro agli inquirenti coordinati dal procuratore aggiunto Leonardo Agueci.