Palermo, colpi di pistola tra la gente: Sperone, il film dell'omicidio

Palermo, colpi di pistola tra la gente: il “film” dell’omicidio allo Sperone

Il luogo dell'omicidio
La sequenza choc inizia alle 17:54

PALERMO – Sono le 17:54 di ieri, lunedì 26 febbraio. Due uomini si affrontano pistole in pugno. Non lo fanno in una via isolata, ma nell’affollato corso dei Mille. Scene simili non si vedevano da tempo in una Palermo dove la mafia continua a uccidere seppure in maniera chirurgica.

Stavolta è diverso perché ci sono due uomini l’un contro l’altro armati in mezzo ad altra gente. Secondo la Procura di Palermo, dietro la sparatoria c’è il business delle scommesse clandestine e la percentuale che spetta alla mafia. La vittima, Giancarlo Romano, 37 anni, e il ferito, Alessio Caruso di 29, pretendevano 2.500 euro dell’incasso.

Agguato in agenzia

Le telecamere di video sorveglianza hanno filmato la scena. Ne viene fuori una sequenza choc. Sei minuti prima della 18 arriva una Jeep Compass al civico 1086 di corso dei Mille. Dalla macchina scendono Camillo e Antonio Mira, padre e figlio. Davanti all’ingresso dell’agenzia di scommesse “Full service point” c’è Alessio Caruso, pregiudicato per estorsione. È lui l’obiettivo. Camillo Mira, 55 anni, ha una pistola dietro la schiena. Non fa in tempo a sparare che Caruso lo anticipa. Escono fuori dall’inquadratura. Solo momentaneamente, perché poco dopo si vede Antonio Mira, 20 anni, tornare al volante della Jeep. Caruso, impugnando l’arma, scappa in direzione di piazzale Ignazio Calona inseguito da Camillo Mira che esplode una raffica di colpi.

Le immagini della tabaccheria

Alle 18:03 un’altra telecamera piazzata nei pressi della tabaccheria di Giancarlo Romano (considerato “l’astro nascente della mafia di Brancaccio”), al civico 508 di corso dei Mille, riprende l’arrivo di Caruso in sella ad uno scooter su cui sale lo stesso Romano. Si allontanano. Alle 18:20 Romano viene assassinato in via XVII Maggio, mentre Caruso resta gravemente ferito. A pochi metri di distanza dai corpi c’è la Jeep dei Mira. Le loro case vengono perquisite. Vivono nella stessa strada dell’omicidio. Nell’abitazione del padre i poliziotti della squadra mobile e della sezione investigative del Servizio centrale operativo trovano un borsello con le chiavi della macchina.

Un altro ferito

Camillo Mira rincasa intorno alle 21:30. Ha una ferita da arma da fuoco alla gamba sinistra. Qualcuno l’ha medicata. A casa di un altro figlio, dentro la lavatrice, ci sono gli abiti che indossava il padre prima. Nel frattempo un altro uomo si presenta all’ospedale Civico, è stato ferito di striscio in maniera accidentale. Si tratta di un pregiudicato che tiene la bocca chiusa, nulla spiega su cosa sia successo.

I poliziotti scopriranno poi che un terzo figlio di Camillo Mira è stato preso a pugni poco prima nel garage di via XXVII maggio dove hanno la centrale operativa della scommesse clandestine. È questo che ha scatenato la vendetta dei Mira, la caccia all’uomo davanti all’agenzia. Fallito l’agguato per la reazione di Caruso, quest’ultimo e Romano passano al contrattacco. Ed invece è Camillo Mira a sorprenderli. Fa fuoco, uccide Romano e ferisce gravemente Caruso. Alla fine confessa, anche se tenta di sminuire il ruolo del figlio Antonio, e consegna la pistola.


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